Orban tiene in ostaggio le sanzioni sul petrolio
I rapporti con Mosca. Salta la telefonata con von der Leyen. Il premier magiaro non toglie il veto e ferma l’embargo Ue sul greggio russo
L’Ungheria di Viktor Orban non cede e continua a bloccare le sanzioni sul petrolio contro la Russia. Nemmeno la visita lampo di Ursula von der Leyen a Budapest, lunedì sera, seguita ieri dalla telefonata di Emmanuel Macron, sono riuscite a convincere il premier magiaro, legato a Vladimir Putin anche da una vicinanza personale e ideologica, mai rinnegata, nemmeno dopo l’aggressione russa all’Ucraina. Nell’Unione europea è stato quasi raggiunto, con molta fatica, l’accordo sulle nuove misure ( siamo alla sesta tornata) per colpire il regime di Putin. Ma non c’è l’unanimità: manca ancora l’assenso di Orban e quindi non si può procedere, almeno per ora.
« Ci sono contatti a tutti i livelli per garantire un accordo globale su questo sesto pacchetto » , hanno fatto sapere dall’Eliseo dopo il colloquio tra il presidente francese Macron e il leader ungherese. Niente di fatto dunque ma il ministro francese per gli Affari europei, Clement Beaune, ha mostrato fiducia: « Penso che potremmo concludere già questa settimana, ci lavoriamo senza sosta, è senza dubbio una questione di giorni » , ha detto Beaune, confermando le speranze espresse da Josep Borrell, l’Alto rappresentante Ue per Affari esteri e Sicurezza. Le perplessità avanzate anche da Slovacchia e Repubblica Ceca sembrano ormai superate. Non quelle di Orban.
Tra Bruxelles e Budapest si continua a negoziare, anche se è saltata ( e non è certo un buon segno) la videochiamata che, ieri, avrebbe dovuto portare all’embargo al petrolio russo, mettendo la presidente della Commissione, von der Leyen, di fronte a Orban e agli altri leader dell’Europa centro- orientale, la regione più dipendente dai combustibili fossili di Mosca: « La videoconferenza avrà luogo quando saranno conclusi i progressi tecnici sul dossier » , ha spiegato il portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer, soffermandosi sul faccia a faccia di lunedì: « La presidente von der Leyen - ha detto Mamer - è stata invitata dal premier Orban per discutere del dossier energetico nel contesto delle nuove sanzioni. Ha ascoltato e ha cercato di trovare assieme a Orban soluzioni per risolvere le legittime preoccupazioni ungheresi. È stata una discussione molto costruttiva, che ha identificato alcuni punti su cui lavorare » .
C’è un certo fastidio a Bruxelles - riferiscono fonti vicine alla commissione - per l’ennesimo scontro con Budapest. Ancora una volta Orban sta cercando di massimizzare l’interesse nazionale: per sbloccare il piano di ripresa post Covid da 7,2 miliardi di euro, che la Commissione tiene sotto esame in attesa di azioni contro la corruzione nel Paese; per fermare la procedura avviata dalla Commissione che potrebbe portare a congelare i fondi europei all’Ungheria per violazione dello Stato di diritto. « Quello che il governo di Orban sta cercando sono soldi extra, una marcia lenta sul meccanismo di condizionalità, o entrambi » , affermano gli esperti del think tank Eurointelligence.
La Commissione Ue tuttavia « riconosce che l’Ungheria e altri Paesi che non hanno sbocchi sul mare e che hanno una significativa dipendenza dal petrolio russo si trovano in una situazione molto specifica, che richiede soluzioni specifiche » , ha detto ancora il portavoce Mamer. « È a rischio la nostra sicurezza energetica » , ha ribadito ieri il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto. « L’ 85% del gas e il 65% del petrolio di cui ha bisogno l'Ungheria arrivano dalla Russia, finché la Commissione Ue - ha affermato Szijjarto - non offre soluzioni alternative, non possiamo, ovviamente, approvare queste sanzioni: sarebbero una bomba atomica sganciata sull’economia ungherese » .
Per Daniel Gros, direttore del Ceps, think tank con sede a Bruxelles, le difficoltà tecniche e logistiche di approvvigionamento per l’Ungheria reggono fino a un certo punto. « Abbiamo una rete di oleodotti in tutta Europa, per cui anche i Paesi che non hanno uno sbocco diretto al mare - spiega - possono rifornirsi attraverso altri che ne hanno. Con alcune innovazioni si può effettuare un’inversione del flusso, tra Ungheria e Croazia per esempio. Si è già fatto per il gas » . Per Gros in definitiva: « Orban sta tenendo in ostaggio il nuovo pacchetto di sanzioni, sta mercanteggiando con la Commissione Ue » .
La guerra in Ucraina intanto, potrebbe per la prima volta bloccare i flussi di gas russo diretti in Europa. Non per decisione di Vladimir Putin che ha interrotto da settimane le forniture a Polonia e Bulgaria ma perché le forze russe stanno interferendo nei processi tecnici degli impianti, mettendo in pericolo « la stabilità e la sicurezza dell’intero sistema di trasporto del gas ucraino » , ha detto l’operatore ucraino Gtsou. A partire da oggi, verrà dunque sospeso il flusso di gas che entra nel Paese da Sokhranivka e arriva alla stazione di compressione di Novopskov, nella provincia ucraina del Luhansk. Si tratta di una via dalla quale passano ogni giorno circa 32,6 milioni di metri cubi di gas, un terzo del gas russo che viene convogliato in Europa attraverso l’Ucraina, ha spiegato Gtsou, proponendo di spostare il flusso verso il punto di interconnessione di Sudzha, nel territorio controllato dalle forze ucraine. Gazprom ha però rifiutato questo trasferimento perché « tecnologicamente impossibile » e affermando di avere rispettato pienamente tutti i suoi obblighi contrattuali nei confronti dell’Europa, ha detto di non vedere alcun ostacolo al normale proseguimento delle forniture.
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