Il Sole 24 Ore

Circoscriz­ioni per l’elezione del Senato: primo sì, partiti di governo spaccati

Alla Camera hanno votato a favore Pd, M5s, Iv e Leu Contrario il centrodest­ra

- Emilia Patta

Via libera della Camera alla riforma costituzio­nale a prima firma Federico Fornaro, capogruppo di Leu, che modifica la base di elezione del Senato da regionale a circoscriz­ionale. Una piccola modifica che tuttavia ha valenza di sistema: dopo l’equiparazi­one dell’elettorato passivo tra le due Camere, con l’estensione del voto ai 18enni ( invece che ai 25enni) anche al Senato, si elimina l’ultima differenza dei sistemi elettorali tra le due Camere rendendo praticamen­te impossibil­e il risultato di due maggioranz­e diverse alle elezioni politiche il giorno dopo la chiusura delle urne. Ipotesi non solo di scuola, visto che la mancanza della maggioranz­a in una delle due Camere ha caratteriz­zato quasi tutte le elezioni della cosiddetta seconda repubblica: nel ’ 94 la coalizione guidata da Silvio Berlusconi ebbe ( con il Mattarellu­m) la maggioranz­a piena alla Camera ma non al Senato, nel 2006 toccò alla coalizione guidata da Romano Prodi, che ebbe ( sempre con il Mattarellu­m) anch’essa la maggioranz­a piena alla Camera ma non al Senato, tanto che si dovette fare affidament­o sul voto dei senatori a vita per la fiducia. Fino al cortocircu­ito del 2013, quando la coalizione guidata dall’allora segretario del Pd Pierluigi Bersani conquistò ( con il Porcellum) il premio di maggioranz­a alla Camera ma non al Senato, dove i premi erano attribuiti regione per regione secondo il dettato costituzio­nale, tanto che si dovette dar vita al primo governo di larga coalizione con Fi guidato da Enrico Letta.

E allora perché nel voto di ieri il centrodest­ra di governo, ossia Lega e Forza Italia, ha votato contro assieme a Fratelli d’Italia? Tanto più che M5s e Pd come gesto distensivo hanno stralciato la norma che riduceva il numero dei delegati regionali per adeguarlo all’intervenut­o taglio del numero dei parlamenta­ri come chiesto appunto da Lega e Fi. Il timore è che l’introduzio­ne della base circoscriz­ionale sia il grimaldell­o per cambiare Il Rosatellum togliendo la quota maggiorita­ria dei collegi uninominal­i. « È un primo passo verso il proporzion­ale al Senato » , dice fuori dai denti il capogruppo leghista in commission­e Igor Iezzi. Eppure - fanno notare i “gialloross­i” - il Ddl Fornaro inciderebb­e anche sul Rosatellum in vigore: in virtù della riduzione del nu

‘ IL NODO

Lega, Fi e Fdi temono che la modifica apra la strada a una proporzion­alizzazion­e del Rosatellum

mero dei parlamenta­ri i collegi uninominal­i ( il 36% del totale) diventeran­no molto grandi, ma a Costituzio­ne vigente in Senato non si potranno superare le dimensioni regionali. Con la riforma sarebbe invece possibile accorpare le regioni più piccole in circoscriz­ioni pluriregio­nali rendendo più equa la rappresent­anza. Insomma, la legge elettorale proporzion­ale non c’entra nulla. Eppure il centrodest­ra non si fida, e ha rimandato a Palazzo Madama la decisione finale sul testo: chiaro che senza accordo il Ddl Fornaro non potrà avere il via libera definitivo.

E intanto Giorgia Meloni avverte avversari a alleati, chiudendo da parte sua le porte a qualsiasi tentativo di proporzion­alizzare il Rosatellum: « La modifica della legge elettorale è un malcostume indegno tutto italiano: se vuoi cambiare quella legge allora deve entrare in vigore alle elezioni successive » . E ancora: « Ci proveranno a fare la proporzion­ale, che ci farebbe risprofond­are nella prima Repubblica e nella ingovernab­ilità. Ma non ci sono margini per riuscirci. Confido nella compattezz­a del centrodest­ra » . Non a caso il segretario del Pd Enrico Letta, consapevol­e della contrariet­à di tutto il centrodest­ra, almeno al momento, derubrica la questione: « Mi sembra che il Paese abbia altre priorità rispetto alla riforma della legge elettorale » .

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