Procreazione assistita, i vincoli hanno cancellato 35mila nascite
La crisi demografica. Il modello dell’economista Connolly: solo il 27% delle coppie ammesso alla Pma contro l’infertilità, i bimbi nati in più avrebbero protato in dote 18,3 miliardi di entrate aggiuntive
Due bambini nati oggi sosterranno un pensionato nel 2060. Ma i conti potrebbero non tornare. L’Italia è in crisi demografica. Si è passati dai 576.659 nati del 2008 ai 399.400 del 2021: un crollo verticale, apparentemente inarrestabile, che porta il nostro Paese verso una prospettiva di crescente invecchiamento e spopolamento con effetti dirompenti sulla società stessa e non solo sul welfare. Eppure, c’è un desiderio irrealizzato di diventare genitori.
Secondo uno studio dell’economista Mark Connolly, dell’Università di Groningen ( Olanda), sviluppato con Merck e discusso con Bruno Lunenfeld, pioniere delle terapie per l’infertilità e Giulia Scaravelli dell’Istituto superiore di sanità, in Italia nel 2018 erano 288.760 le donne infertili disponibili a richiedere un supporto medico. Ma le coppie effettivamente trattate con tecniche di Procreazione medicalmente assistita ( Pma) in quell'anno sono state 77.509, il 27% del totale, con un’altissima percentuale di rinunce per mancanza di supporto, ostacoli burocratici e clinici, costi elevati.
Un’occasione persa. « L’infertilità – ricorda Lunenfeld, professore emerito di Scienze della vita alla Bar- Ilan University in Israele - colpisce più di 60- 80 milioni di coppie nel mondo ma ne viene curato solo il 35 per cento. Si tratta di una malattia che genera disabilità e che sarà al terzo posto per incidenza nella popolazione under 60 dopo cancro e malattie cardiovascolari. Oggi la combinazione di soluzioni digitali basate sull’Intelligenza Artificiale e su dispositivi per il monitoraggio a domicilio possono facilitare il paziente e offrire un approccio personalizzato » .
I governi, invece, utilizzano congedi parentali, assistenza all’infanzia sovvenzionata e bonus bebè per influenzare i tassi di natalità. « In aggiunta a queste misure – aggiunge Connolly – servirebbe un maggiore supporto alle tecniche di Pma: nei Paesi che finanziano adeguatamente i trattamenti per l’infertilità, il contributo alle nascite nazionali dalla Pma può arrivare fino al 4 - 6 % annuo » .
Così, il modello sviluppato da Connolly, ha calcolato che in Italia sarebbero potuti nascere 35.093 bambini in più rispetto ai 12.958 effettivamente nati da Pma nel 2018. « Una grande gioia per gli aspiranti genitori – ha detto l’economista - ma anche un grande valore per lo Stato: gli oltre 35mila bimbi in più nati da Pma avrebbero portato in dote 18,3 miliardi di euro di entrate fiscali lorde aggiuntive nel corso della loro vita » . Dopo aver dedotto i costi da sostenere nel corso della loro vita per sanità, istruzione e pensioni, queste nascite aggiuntive avrebbero fruttato al ministero dell’Economia e delle Finanze un tesoretto di 7,5 miliardi di euro.
In Italia l’accesso alla Pma è regolato dalla legge 40 del 2004 e, nonostante l’intervento della Corte Costituzionale ne abbia stemperato la rigidità, il provvedimento risulta ancora piuttosto obsoleto. Oggi sono le Regioni a stabilire i criteri fissando per lo più il limite di età per la donna a 43 anni e un massimo di 6 cicli di Pma omologa/ eterologa, al termine dei quali si può continuare a sottoporsi a cicli di trattamento con onere economico a proprio carico.
« L’età media delle madri al parto è in continua crescita – spiega Giulia Scaravelli dell’Istituto superiore di sanità che cura il Registro nazionale della procreazione medicalmente assistita - così come l’età media delle donne al primo ciclo di Pma, fattori che influenzano fortemente la probabilità di diventare genitori. È quindi molto importante lavorare su interventi di educazione sulla salute riproduttiva, perché le persone abbiano un approccio consapevole e informato al tema della ricerca della genitorialità e della preservazione della fertilità » .
In questa direzione il presidente e amministratore delegato, Healthcare, Merck Italia, Jan Kirsten propone di mettere a sistema conoscenze e competenze. « In Merck – conclude - abbiamo una storia pioneristica nel trattamento dell'infertilità, iniziata proprio qui in Italia alla fine degli anni ' 40, e le conoscenze per comprendere tutti i risvolti dell'infertilità. Proprio per il nostro ruolo in questo ambito, ci sentiamo responsabili nel favorire un dialogo virtuoso e proficuo tra i professionisti della salute, le istituzioni e l’industria, al fine di aiutare sempre più persone a realizzare il loro sogno di genitorialità e combattere il declino demografico e le sue conseguenze a livello socio- economico » .