Nato e armi, il chiarimento è tra Conte e Di Maio
Non si possono leggere le parole di Conte senza aver aspettato quelle di Luigi Di Maio dopo qualche ora. In un paio di brevi dichiarazioni, il ministro degli Esteri chiarisce due questioni scottanti per il suo partito e per gli equilibri del Governo: la prima, sull’invio di armi; la seconda sull’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. E su quelle stesse questioni si aspettavano le risposte di Conte che nel suo braccio di ferro con Draghi aveva posto degli aut aut dicendo perfino che il premier non ha più « mandato politico » per decidere. Dunque l’attesa era per verificare il grado di separazione o vicinanza tra il capo politico e il suo ministro degli Esteri. Il bersaglio delle battaglie di Conte, infatti, non è solo Palazzo Chigi ma pure il “suo” ministro degli Esteri.
Forse per evitare di far deflagrare una crisi interna al Movimento, ieri le dichiarazioni di Conte si sono dovute necessariamente affiancare a quelle di Di Maio, più che di Draghi. Insomma, esigenze più interne al partito che di linea in politica estera. In effetti ieri il capo dei 5 Stelle ha ammorbidito i toni dicendo che il premier da Biden si è avvicinato alla sua linea e poi ha subito dato il via libera all’ingresso dei due nuovi
Paesi nell’Alleanza atlantica. Certo, resta il tema delle armi ma anche qui i toni sono sembrati più sfumati: resta la spinta alla « soluzione diplomatica » ma ha escluso la crisi di Governo. Il fatto è che Conte parlava alla stampa estera e poco dopo Di Maio parlava a margine del G7 dei ministri degli Esteri. Due luoghi dove non c’è tanto spazio per giocare con le parole se si è nel mezzo di una guerra.
E Di Maio ieri ha tenuto perfettamente la linea atlantica di Draghi, parlando di un « pieno » sostegno all’ingresso Nato di Finlandia e Svezia e non concedendo alcun appoggio alla battaglia innescata dal Movimento sull’invio di armi a Kiev.
« Come ho detto anche al ministro degli Esteri ucraino Kuleba, il nostro principio – ha risposto Di Maio - è sempre lo stesso: la legittima difesa di un popolo e di uno Stato come l'Ucraina » . Insomma non si è sentita neppure l’eco dell’offensiva contro Draghi ma anzi, il passo in più fatto ieri da Conte per uscire da quell'area di rischio per il Governo, ha consentito a di Di Maio una maggiore chiarezza che in sedi, come un G7 di ministri, è altamente richiesta. Questo per dire che quando si cammina in un terreno diverso da quello delle guerriglie interne, ma si tratta di politica estera durante una guerra, alla fine si deve arrivare a scegliere dove stare. In particolare, se il partito di maggioranza relativa esprime il ministro degli Esteri.