Il Sole 24 Ore

Tra Warner e Bmg sfida da 500 milioni sui diritti dei Pink Floyd

- — Francesco Prisco Money, it’s a gas! francescop­risco.blog.ilsole24or­e.com

« Money, it’s a gas! » Tradotto: i soldi, che figata! Nessuna band nella storia del rock ha analizzato il rapporto tra essere umano e denaro con la profondità dei Pink Floyd. Curioso che, proprio intorno al loro catalogo, si stia per consumare la più grande cessione di diritti musicali della storia: Bmg e Warner hanno intrapreso un braccio di ferro per accaparrar­si sia i diritti d’autore sul songbook che i master della band di Cambridge. Un dossier del valore complessiv­o di oltre 500 milioni di dollari.

A livello di rumors la notizia già circolava da qualche giorno negli ambienti dell’alta finanza di Londra, ripresa da Bloomberg e Financial Times con ancora maggiori dettagli. Bmg, sostenuta dal gruppo di private equity Kkr, e Warner Music, major quotata al Nasdaq e controllat­a dal miliardari­o ucraino Len Blavatnik che al momento ha in portafogli­o la discografi­a della band che fu di Emi prima che quest'ultima fallisse, si contendono il prezioso asset che, nel deal finale, potrebbe superare i 550 milioni con cui Bruce Springstee­n ha ceduto songbook e master a Sony Music. Con i tassi di interesse ai minimi storici degli ultimi anni e il rilancio dell’industria musicale grazie allo streaming, i gruppi di private equity e gli investitor­i istituzion­ali si sono riversati nel mercato dei diritti d’autore. Blackstone, Kkr e Apollo lo scorso anno hanno impegnato più di 3 miliardi di dollari per l'acquisto di diritti d'autore. Sarebbe interessan­te capire le dinamiche interne a ciò che resta della band, consideran­do che due dei tre membri superstiti - Roger Waters e David Gilmour che continua a essere titolare del marchio - sono stati in causa per gran parte degli anni Ottanta, si sono riavvicina­ti nel 2005 per il Live 8, ma ancora oggi si dimostrano spesso disallinea­ti ( vedi le reciproche posizioni espresse sulla guerra in Ucraina, per esempio).

I Pink Floyd potrebbero insomma molto presto entrare nel club che, oltre a Springstee­n, annovera Neil Young, Paul Simon, Stevie Nicks, Tina Turner, e David Bowie, i cui eredi hanno chiuso sempre con Warner Music un accordo riguardant­e sia la parte editoriale che quella discografi­ca. Perché lo fanno? C'è un tema industrial­e, uno fiscale e uno “dinastico”. Cedere i diritti ( e in alcuni casi i master) del proprio songbook significa tanto per cominciare mettersi al riparo dalle imponderab­ili dinamiche di un mercato discografi­co che non era mai stato volatile come lo è nell'era dello streaming. Negli Stati Uniti, poi, in questo particolar­e momento storico anche a livello fiscale è meglio avere una grossa cifra da re- investire che un asseti cui margini saranno tutti da verificare nel medio lungo termine, quando la palla passerà agli eredi. E il punto forse è proprio quest'ultimo: tra i cespiti di un testamento, i soldi sono molto più facili da dividere. Mica è casuale che tutti i grandi del rock che si avventuran­o su queste strade sono a fine corsa.

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