Tra Warner e Bmg sfida da 500 milioni sui diritti dei Pink Floyd
« Money, it’s a gas! » Tradotto: i soldi, che figata! Nessuna band nella storia del rock ha analizzato il rapporto tra essere umano e denaro con la profondità dei Pink Floyd. Curioso che, proprio intorno al loro catalogo, si stia per consumare la più grande cessione di diritti musicali della storia: Bmg e Warner hanno intrapreso un braccio di ferro per accaparrarsi sia i diritti d’autore sul songbook che i master della band di Cambridge. Un dossier del valore complessivo di oltre 500 milioni di dollari.
A livello di rumors la notizia già circolava da qualche giorno negli ambienti dell’alta finanza di Londra, ripresa da Bloomberg e Financial Times con ancora maggiori dettagli. Bmg, sostenuta dal gruppo di private equity Kkr, e Warner Music, major quotata al Nasdaq e controllata dal miliardario ucraino Len Blavatnik che al momento ha in portafoglio la discografia della band che fu di Emi prima che quest'ultima fallisse, si contendono il prezioso asset che, nel deal finale, potrebbe superare i 550 milioni con cui Bruce Springsteen ha ceduto songbook e master a Sony Music. Con i tassi di interesse ai minimi storici degli ultimi anni e il rilancio dell’industria musicale grazie allo streaming, i gruppi di private equity e gli investitori istituzionali si sono riversati nel mercato dei diritti d’autore. Blackstone, Kkr e Apollo lo scorso anno hanno impegnato più di 3 miliardi di dollari per l'acquisto di diritti d'autore. Sarebbe interessante capire le dinamiche interne a ciò che resta della band, considerando che due dei tre membri superstiti - Roger Waters e David Gilmour che continua a essere titolare del marchio - sono stati in causa per gran parte degli anni Ottanta, si sono riavvicinati nel 2005 per il Live 8, ma ancora oggi si dimostrano spesso disallineati ( vedi le reciproche posizioni espresse sulla guerra in Ucraina, per esempio).
I Pink Floyd potrebbero insomma molto presto entrare nel club che, oltre a Springsteen, annovera Neil Young, Paul Simon, Stevie Nicks, Tina Turner, e David Bowie, i cui eredi hanno chiuso sempre con Warner Music un accordo riguardante sia la parte editoriale che quella discografica. Perché lo fanno? C'è un tema industriale, uno fiscale e uno “dinastico”. Cedere i diritti ( e in alcuni casi i master) del proprio songbook significa tanto per cominciare mettersi al riparo dalle imponderabili dinamiche di un mercato discografico che non era mai stato volatile come lo è nell'era dello streaming. Negli Stati Uniti, poi, in questo particolare momento storico anche a livello fiscale è meglio avere una grossa cifra da re- investire che un asseti cui margini saranno tutti da verificare nel medio lungo termine, quando la palla passerà agli eredi. E il punto forse è proprio quest'ultimo: tra i cespiti di un testamento, i soldi sono molto più facili da dividere. Mica è casuale che tutti i grandi del rock che si avventurano su queste strade sono a fine corsa.