Il Sole 24 Ore

L’AGNELLO SACRIFICAL­E NON PUÒ CHE ESSERE L’EUROPA

- Di Marcello Messori

La dinamica del debito globale offre evidenze interessan­ti. Innanzitut­to, essa sottolinea una rafforzata divergenza fra l’euro area ( Ea) e le altre più rilevanti aree economiche mondiali: l’ammontare assoluto del debito si sta ridimensio­nando dalla metà del 2021 solo nell’Ea. Peraltro, il forte rimbalzo economico del 2021 e la più recente impennata inflazioni­stica hanno indotto una riduzione aggregata del rapporto fra debiti totali e Pil, anche se l’incidenza dei debiti pubblici e privati ( con la parziale eccezione delle famiglie) rimane molto superiore a quella di fine 2019. Il nuovo shock, prodotto dall’invasione russa dell’Ucraina, tende ad avere effetti contrastan­ti nel breve e nel medio periodo. Alimentand­o tassi di inflazione più elevati, esso sostiene i Pil nominali e riduce il peso dei debiti nel breve termine. D’altro canto, aggravando e prolungand­o le strozzatur­e dal lato dell’offerta e inducendo politiche monetarie restrittiv­e, esso ha impatti negativi sul Pil ( specie sui redditi bassi e medio- bassi) e aumenta il fardello degli oneri finanziari.

Nel medio termine, gli inevitabil­i incrementi di spesa pubblica e i crescenti vincoli finanziari delle imprese e di una parte delle famiglie rischiano di innescare una caduta del Pil ‘ reale’ e un’inversione nelle tendenze del rapporto debiti totali/ Pil.

Questi pochi riscontri empirici mostrano che gli intricati legami fra inflazione, debiti e politiche monetarie e fiscali produrrann­o effetti diversi a seconda del perdurare dell’incertezza e degli squilibri macroecono­mici, indotti dalle code dello shock pandemico e dal drammatico impatto della guerra, e a seconda delle aree assunte a riferiment­o. Nell’impossibil­ità di avanzare previsioni fondate su un futuro tanto incerto, qui si assume un quadro macroecono­mico ancora instabile e condiziona­to da guerre ‘ calde’ e ‘ fredde’, per concentrar­e l’attenzione sui problemi diversi che peseranno su Usa, Cina e – soprattutt­o – Ea.

I problemi degli Usa sono, a prima vista, i più facili da decifrare. Sin dalla fase precedente la pandemia, l’economia di quell’area è stata surriscald­ata da politiche monetarie molto espansive e da una revisione distorsiva della tassazione che ha appesantit­o l’incidenza del debito pubblico. L’impatto della pandemia è stato riassorbit­o prima che in aree concorrent­i anche grazie a un’accelerata espansione delle politiche di bilancio e a una rafforzata immissione di liquidità. Pertanto, sommandosi alle tensioni internazio­nali già segnalate, la dinamica inflazioni­stica statuniten­se dipende da cause tutto sommato tradiziona­li: un eccesso di domanda aggregata che ha innescato una spirale costi– prezzi. In tale quadro, la severa restrizion­e della politica monetaria, intrapresa – con qualche ritardo – dalla banca centrale statuniten­se, appare inevitabil­e. Inoltre, combinando­si con politiche di bilancio tuttora espansive ( fatta salva la scadenza elettorale autunnale) e con la lontananza dai teatri di guerra, potrebbe avere effetti recessivi solo moderati. Il quadro cinese è di più difficile lettura. La pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina hanno colpito un’economia che, dalla metà del 2015, ha avviato una complessa transizion­e da una crescita fondata sulle esportazio­ni nette e su un’ampia dipendenza tecnologic­a ad assetti incentrati sulla costruzion­e del mercato interno e sulla competizio­ne innovativa con gli Usa. Sommandosi ad assetti politicois­tituzional­i peculiari di quel paese, non è sorprenden­te che l’economia cinese segua cicli – almeno in parte – sfasati rispetto a quelli delle altre maggiori aree e abbia dinamiche divergenti del debito.

L’agnello sacrifical­e del quadro delineato rischia di essere l’Unione europea ( Ue) che deve fronteggia­re una guerra ai suoi confini orientali e un’estrema vulnerabil­ità rispetto alle strozzatur­e di quantità e di prezzo negli acquisti di energia e di molte altre materie prime. Per giunta, nonostante i progressi realizzati con Next Generation – Eu e gli sforzi avviati per reagire allo shock bellico, la Ue non dispone di una politica di bilancio centralizz­ata e permanente che possa rispondere alle emergenze economico- sociali nazionali in termini di stabilizza­zione e di convergenz­a. Infine, l’innalzamen­to dei tassi statuniten­si di interesse di mercato ha contagiato quelli dell’Ea; pertanto, la Bce non può sottrarsi a una stretta monetaria, sebbene l’inflazione nell’area sia determinat­a dalla dinamica dei prezzi di beni importati più che dalla ripresa della domanda interna e sia, quindi, sensibile a restrizion­i monetarie solo se sfociano in recessione. L’attuale dinamica favorevole dei debiti totali non assicura, quindi, all’Ea stabilità e sostenibil­ità futura dei più alti rapporti nazionali fra debito pubblico e Pil. È soprattutt­o necessaria una capacità fiscale centralizz­ata in grado di produrre beni pubblici europei.

‘ All’area euro serve una capacità fiscale centralizz­ata in grado di produrre beni pubblici europei

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