L’AGNELLO SACRIFICALE NON PUÒ CHE ESSERE L’EUROPA
La dinamica del debito globale offre evidenze interessanti. Innanzitutto, essa sottolinea una rafforzata divergenza fra l’euro area ( Ea) e le altre più rilevanti aree economiche mondiali: l’ammontare assoluto del debito si sta ridimensionando dalla metà del 2021 solo nell’Ea. Peraltro, il forte rimbalzo economico del 2021 e la più recente impennata inflazionistica hanno indotto una riduzione aggregata del rapporto fra debiti totali e Pil, anche se l’incidenza dei debiti pubblici e privati ( con la parziale eccezione delle famiglie) rimane molto superiore a quella di fine 2019. Il nuovo shock, prodotto dall’invasione russa dell’Ucraina, tende ad avere effetti contrastanti nel breve e nel medio periodo. Alimentando tassi di inflazione più elevati, esso sostiene i Pil nominali e riduce il peso dei debiti nel breve termine. D’altro canto, aggravando e prolungando le strozzature dal lato dell’offerta e inducendo politiche monetarie restrittive, esso ha impatti negativi sul Pil ( specie sui redditi bassi e medio- bassi) e aumenta il fardello degli oneri finanziari.
Nel medio termine, gli inevitabili incrementi di spesa pubblica e i crescenti vincoli finanziari delle imprese e di una parte delle famiglie rischiano di innescare una caduta del Pil ‘ reale’ e un’inversione nelle tendenze del rapporto debiti totali/ Pil.
Questi pochi riscontri empirici mostrano che gli intricati legami fra inflazione, debiti e politiche monetarie e fiscali produrranno effetti diversi a seconda del perdurare dell’incertezza e degli squilibri macroeconomici, indotti dalle code dello shock pandemico e dal drammatico impatto della guerra, e a seconda delle aree assunte a riferimento. Nell’impossibilità di avanzare previsioni fondate su un futuro tanto incerto, qui si assume un quadro macroeconomico ancora instabile e condizionato da guerre ‘ calde’ e ‘ fredde’, per concentrare l’attenzione sui problemi diversi che peseranno su Usa, Cina e – soprattutto – Ea.
I problemi degli Usa sono, a prima vista, i più facili da decifrare. Sin dalla fase precedente la pandemia, l’economia di quell’area è stata surriscaldata da politiche monetarie molto espansive e da una revisione distorsiva della tassazione che ha appesantito l’incidenza del debito pubblico. L’impatto della pandemia è stato riassorbito prima che in aree concorrenti anche grazie a un’accelerata espansione delle politiche di bilancio e a una rafforzata immissione di liquidità. Pertanto, sommandosi alle tensioni internazionali già segnalate, la dinamica inflazionistica statunitense dipende da cause tutto sommato tradizionali: un eccesso di domanda aggregata che ha innescato una spirale costi– prezzi. In tale quadro, la severa restrizione della politica monetaria, intrapresa – con qualche ritardo – dalla banca centrale statunitense, appare inevitabile. Inoltre, combinandosi con politiche di bilancio tuttora espansive ( fatta salva la scadenza elettorale autunnale) e con la lontananza dai teatri di guerra, potrebbe avere effetti recessivi solo moderati. Il quadro cinese è di più difficile lettura. La pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina hanno colpito un’economia che, dalla metà del 2015, ha avviato una complessa transizione da una crescita fondata sulle esportazioni nette e su un’ampia dipendenza tecnologica ad assetti incentrati sulla costruzione del mercato interno e sulla competizione innovativa con gli Usa. Sommandosi ad assetti politicoistituzionali peculiari di quel paese, non è sorprendente che l’economia cinese segua cicli – almeno in parte – sfasati rispetto a quelli delle altre maggiori aree e abbia dinamiche divergenti del debito.
L’agnello sacrificale del quadro delineato rischia di essere l’Unione europea ( Ue) che deve fronteggiare una guerra ai suoi confini orientali e un’estrema vulnerabilità rispetto alle strozzature di quantità e di prezzo negli acquisti di energia e di molte altre materie prime. Per giunta, nonostante i progressi realizzati con Next Generation – Eu e gli sforzi avviati per reagire allo shock bellico, la Ue non dispone di una politica di bilancio centralizzata e permanente che possa rispondere alle emergenze economico- sociali nazionali in termini di stabilizzazione e di convergenza. Infine, l’innalzamento dei tassi statunitensi di interesse di mercato ha contagiato quelli dell’Ea; pertanto, la Bce non può sottrarsi a una stretta monetaria, sebbene l’inflazione nell’area sia determinata dalla dinamica dei prezzi di beni importati più che dalla ripresa della domanda interna e sia, quindi, sensibile a restrizioni monetarie solo se sfociano in recessione. L’attuale dinamica favorevole dei debiti totali non assicura, quindi, all’Ea stabilità e sostenibilità futura dei più alti rapporti nazionali fra debito pubblico e Pil. È soprattutto necessaria una capacità fiscale centralizzata in grado di produrre beni pubblici europei.
‘ All’area euro serve una capacità fiscale centralizzata in grado di produrre beni pubblici europei