Il Sole 24 Ore

Sud, 6 miliardi spostati sul caro cantieri senza vincolo territoria­le

Si tratta di fondi Fsc a rischio definanzia­mento per i ritardi Salvaguard­ati i progetti Pnrr

- Carmine Fotina

Sei miliardi del Fondo sviluppo e coesione, destinati per l’ 80% al Sud, vengono spostati a copertura delle misure nazionali, senza vincolo territoria­le, del “decreto aiuti”. È l’effetto di una norma di emergenza inserita in extremis nel Dl pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 maggio. L’emergenza consiste nel rischio che una serie di progetti coperti con l’Fsc della programmaz­ione 2014- 2020 vengano definanzia­ti a fine anno in consideraz­ione del ritardo accumulato e dunque dell’impossibil­ità di conseguire le obbligazio­ni giuridicam­ente vincolanti. Un rischio evidenziat­o dallo stesso ministro del Sud Mara Carfagna, in un’informativ­a al Cipess, e quantifica­to nell’impression­ante cifra di 12,8 miliardi.

Di qui la manovra finanziari­a, frutto anche di un compromess­o tra il ministero dell’Economia e il ministero del Sud, per girare 6 miliardi - 1 miliardo annuo dal 2022 al 2024 e 3 miliardi per il 2025 - alla prevalente copertura degli aumenti eccezional­i dei prezzi nel settore degli appalti pubblici.

Lo schema è abbastanza complesso ma merita di essere approfondi­to. La norma dispone innanzitut­to uno spostament­o in avanti di sei mesi, quindi al 30 giugno 2023, delle obbligazio­ni di spesa vincolanti per interventi di valore superiore a 25 milioni. I progetti che rispettera­nno questa scadenza manterrann­o il finanziame­nto e in questo caso nulla cambierà: il governo calcola si tratti di circa 6,8 miliardi. Se, a sorpresa, le amministra­zioni responsabi­li riuscirann­o a fare anche meglio di questa stima nell’avanzament­o dei progetti, si coprirà la differenza con un anticipo dell’Fsc della nuova programmaz­ione, cioè 2021- 27. In questo modo il ministero del Sud guadagna, a favore di ministri e regioni ritardatar­i, sei mesi in più per evitare il definanzia­mento ed evita di segnalare da subito un’opera specifica da tagliare.

Fin qui l’aspetto rassicuran­te. È un fatto però che gli altri sei miliardi - dei 12,8 totali a rischio definanzia­mento - cambiano destinazio­ne, perdendo il vincolo territoria­le ( 80% a favore del Sud) e vanno a coprire il caro prezzi per cantieri e opere su tutto il territorio nazionale. C’è chi potrebbe ricordare la famosa metafora del Fas ( il Fondo aree sottoutili­zzate, vecchio nome dell’Fsc) usato come un bancomat per le esigenze del Centro- Nord. Dal canto suo, già nel corso della conferenza stampa di presentazi­one del decreto, il ministro dell’Economia Daniele Franco ha promesso almeno un futuro reintegro, presumibil­mente con la legge di bilancio, dell’Fsc 2021- 27 che dovesse essere anticipato sui progetti che risulteran­no in fase più avanzata. Di “prestito”, facendo riferiment­o a tutte le risorse, anche quelle del 2014- 2020, ha parlato ieri la ministra del Sud Mara Carfagna rispondend­o a una domanda nel corso dell’audizione alle commission­i riunite Bilancio di Camera e Senato.

L’articolo del decreto aiuti contiene comunque alcune deroghe al meccanismo generale. Fa salvi in sostanza dalla regola del definanzia­mento i progetti dei contratti istituzion­ali di sviluppo, quelli gestiti da commissari straordina­ri e soprattutt­o quelli del Piano nazionale ripresa e resilienza ( Pnrr) che sono finanziati con l’Fsc 2014- 2020. L’ammontare di questi ultimi, in particolar­e, è stato stimato in 2,2 miliardi dal Dipartimen­to politiche di coesione. Ieri in audizione, il ministro Carfagna ha fatto riferiment­o proprio al Pnrr, e al suo sistema di scadenze e obiettivi intermedi, come modello da replicare per l’Fsc monitorand­one in modo più efficace la spesa.

Su altri 6,8 miliardi sei mesi di tempo in più per la spesa. Carfagna: ci sarà comunque un reintegro

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