« Così insieme a Giovanni scrivemmo quel manuale »
« Quando ci hanno chiesto di scrivere insieme un saggio sulle strategie inquirenti antimafia, noi abbiamo prodotto quel manuale di tecniche investigative che partiva dai processi che ognuno di noi stava curando in quel periodo. Giovanni Falcone si occupava delle indagini patrimoniali del clan Spatola a Palermo, io di quelle su Luciano Liggio a Milano » .
Giuliano Turone, 81 anni, è l’ex giudice istruttore che con Gherardo Colombo nel 1981 scoprì la lista della P2 di Licio Gelli. Con Falcone, anche lui giudice istruttore, Turone scrisse l’anno dopo, nel 1982, un famoso manuale intitolato “Tecniche di indagine in materia di mafia”.
Perché avete deciso di scrivere quel manuale?
Quel saggio l’abbiamo scritto a quattro mani perché ciascuno dei due seguiva un procedimento che si prestava molto bene. Quando lo abbiamo scritto il nuovo articolo del Codice penale, il 416 bis sull’associazione di stampo mafioso, era appena entrato in vigore ma noi avevamo colto fin da prima il senso di questa esigenza di svolgere indagini patrimoniali.
Che peso ebbe nelle vostre indagini il nuovo 416 bis?
Far condannare i mafiosi utilizzando l’articolo 416 puro e semplice era un’impresa difficoltosa, perché non fotografava il modus operandi tipico della mafia. Il 416 bis fu reso possibile da un lavorio durato dieci anni da parte di quei magistrati che a poco a poco costruirono la definizione giuridica dell’associazione di tipo mafioso.
Quando cominciò la collaborazione con Falcone?
Negli Anni 70 lavoravo con i colleghi palermitani dell’epoca pre- Falcone e – ad eccezione di Cesare Terranova – non coglievo in loro degli approfondimenti particolari. Quando è arrivato Falcone, invece, le cose sono cambiate. Poi però alla fine degli anni 80 Falcone è stato emarginato dai nuovi dirigenti dell’Ufficio istruzione. Allora si è fatto trasferire alla Procura della Repubblica ma il nuovo procuratore non lo amava. E a un certo punto ha deciso di andare al ministero della Giustizia a Roma.
Chi ha raccolto, secondo lei, l’eredità di Falcone?
Questa eredità la riconosco nei magistrati della Procura generale di Bologna che hanno accolto la richiesta di andare avanti nelle indagini avanzata dai familiari delle vittime della strage del 1980.
Le indagini sulla mafia si scontrano ancora con i tentativi di depistaggio?
Ho motivo di ritenere che i depistaggi siano ancora coltivati da certi ambienti, diciamo così, epigoni di quelli di allora.