Incubo Covid in Corea, Kim saluta Biden con un missile
Pronto un test missilistico in coincidenza della visita a Seul del presidente Usa Il Paese non ha i mezzi per contrastare la pandemia a lungo negata
Kim Jong Un si prepara a salutare l’arrivo a Seul del presidente Usa Joe Biden con un nuovo test missilistico. Il dittatore non si sottrae al rito delle provocazioni nemmeno con il Paese minacciato da un’emergenza che rischia di travolgerlo e che in buona parte è frutto delle scelte autolesionistiche del regime: a lungo negato, il Covid- 19 si sta diffondendo in una nazione di fatto priva dei mezzi per contrastarlo.
Ieri, le autorità di Pyongyang hanno segnalato oltre 262mila casi sospetti in più. Il totale dei probabili contagiati sfiora i due milioni, su una popolazione di meno di 26 milioni di abitanti. Sono persone che presentano sintomi influenzali, ma solo per pochi di loro è stata completata una diagnosi. Oltre 740mila persone sono in quarantena.
I numeri ufficiali rischiano peraltro di essere molto più bassi di quelli reali. Il Paese, che all’inizio della pandemia si è sigillato in una bolla e ha rifiutato perfino i vaccini offerti dal programma Onu Covax, non dispone di test antivirus e delle altre risorse necessarie a contrastare il virus, come le terapie intensive. Le autorità potrebbero sottostimare il numero dei decessi per non offuscare l’immagine del dittatore di Pyongyang, e per non incorrere nella sua ira. Ieri, è stato accertato un solo decesso e le morti complessive sarebbero appena 63 in tutto, secondo le stime ufficiali. Un numero molto basso rispetto alle infezioni.
Dopo essersi vantato di aver tenuto il virus fuori dal Paese per due anni e mezzo, il regime ha riconosciuto le prime infezioni da Covid il 12 maggio. Kim si è affrettato ad addossare le responsabilità su autorità sanitarie e funzionari di Governo.
Per combattere l’epidemia, in Corea del Nord sono stati adottati sistemi di tracciamento poco tecnologici e molto in stile Stasi: è stato chiesto ai lavoratori di individuare e segnalare le persone che presentano sintomi e che finiscono così in quarantena. Il regime sta incrementando la produzione di farmaci e dispositivi medici, di cui è a corto, ma continua a incoraggiare il ricorso alla medicina tradizionale: gargarismi con acqua salata e infusi. I media di Stato hanno diffuso le immagini degli operatori sanitari in tuta protettiva a guardia delle strade chiuse di Pyongyang, impegnati a disinfettare edifici e vie e a consegnare cibo e altri beni di prima necessità ai condomini.
Il lockdown è stato dichiarato, ma non è totale. La Corea del Nord non può permettersi il blocco delle attività produttive, con la sua economia in ginocchio per la cattiva gestione, chiusura dei confini e sanzioni Usa. Secondo i media di Stato, i lavoratori continuano a radunarsi nelle fabbriche, centrali elettriche, cantieri e impianti minerari.
La Corea del Nord non ha mai fatto partire una campagna vaccinale e, secondo l’intelligence di Seul, sarebbe « improbabile » che lo stesso Kim sia stato immunizzato. Le cose potrebbero cambiare: il quotidiano di Stato Rodong Sinmun avrebbe infatti pubblicato un report sull’efficacia della vaccinazione.
Pechino, grande alleato di Pyongyang, a sua volta alle prese con focolai e misure di contenimento draconiane, ha offerto assistenza e starebbe fornendo attrezzature mediche. Kim Tae- hyo, vice consigliere per la sicurezza nazionale di Seul, ha riferito che Pyongyang avrebbe invece ignorato le offerte di aiuto arrivate da Corea del Sud e Stati Uniti.
Nel pieno dell’emergenza Covid, Kim non rinuncia alle minacce e alle provocazioni. Secondo l’intelligence della Corea del Sud, Pyongyang sarebbe pronta a condurre un test nucleare: sarebbe il settimo in assoluto e il primo dal 2017. Il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, ha detto che i servizi statunitensi ritengono « possibile » un altro test balistico o nucleare ( meno probabile) nei giorni della visita di Biden in Corea del Sud e Giappone, visita che comincia oggi.
A marzo, la Corea del Nord ha eseguito il suo primo test di un missile intercontinentale in quasi cinque anni. Da allora ha eseguito altri tre test missilistici, con il solito obiettivo di spingere gli Stati Uniti a fare concessioni economiche, nell’ambito di una trattativa sul proprio programma nucleare, condotta, si immagina, da posizioni di forza.