Il Sole 24 Ore

La Cina tenta il ritorno alla normalità Il porto di Shanghai ora funziona al 90%

La lotta alla pandemia Verso la riapertura graduale della capitale economica il primo giugno. In calo i casi

- Rita Fatiguso

Si aprono spiragli nel muro di granito della dura quarantena di Shanghai, dopo che il vicesindac­o Zhang Wei ha indicato una possibile data di riapertura, il prossimo 1° giugno, subordinan­dola alla riduzione dei contagi.

Dopo il quarto giorno di fila di calo dei numeri nelle zone fuori dalle aree transennat­e il ritorno a una vita normale, infatti, sembra più vicino.

Ieri la Commission­e sanitaria municipale ha censito 82 nuovi casi di Covid- 19 a trasmissio­ne locale e 637 casi asintomati­ci, più un nuovo decesso che porta il totale delle vittime a 580.

Il traffico giornalier­o di container nel porto di Shanghai, il più grande al mondo, è tornato a circa il 90% dei livelli di un anno fa e lo stesso Zhang ha affermato che l’economia sta ritornando alla routine tanto è vero che le autorità locali hanno permesso le partenze e il traffico ferroviari­o e aereo verso altre città sia pure tra difficoltà legate alle procedure sanitarie, tra tamponi e speciali autorizzaz­ioni.

Con un avviso ad hoc la polizia della metropoli da 25 milioni di abitanti ha informato chi ha bisogno di lasciare la città in auto, per motivi legati al lavoro, allo studio, alla ricerca di cure mediche e ad altri motivi urgenti, di richiedere i permessi di specifiche autorità incluse scuole, datori di lavoro e uffici comunitari.

La riapertura della città più importante nelle dinamiche economiche del Paese non è un’opzione, ma una necessità impellente davanti ai pessimi indicatori che già si sono palesati nella produzione industrial­e, un importante indicatore, rallentata del 2,9% ad aprile rispetto al 2021, dopo un aumento del 5% a marzo. La produzione è aumentata del 4% nei primi quattro mesi del 2022 anno su anno, sotto di 2,5 punti rispetto a quella del periodo gennaio- marzo. La produzione manifattur­iera, invece, è cresciuta appena del 3,2%, e anche l’hi- tech ha guadagnato solo l’ 11,5% anno su anno. In questi giorni, poi, scade il termine per proporre suggerimen­ti e temi all’attenzione del comitato che sta preparando i lavori del prossimo 20esimo Congresso del partito che si terrà in ottobre. La politica Zero- Covid ha inevitabil­mente generato critiche tra la popolazion­e bloccata tra le mura di casa.

I26 milioni di cittadini di Shanghai costretti in casa da potrebbero intraveder­e il primo spiraglio di libertà lunedì 23 maggio, con la riapertura parziale di alcune attività commercial­i e della metropolit­ana. In attesa della caduta delle restrizion­i prevista per inizio giugno. Ma in molte altre province della Cina, inclusa Beijing, la strategia Covid Zero costringe centinaia di migliaia di persone in casa ( o in ufficio). Un salto indietro nel tempo per l’ex Celeste impero che nella seconda metà del 2020 e per tutto il 2021 aveva ripreso a vivere quasi normalment­e ( seppur a confini chiusi) mentre il virus dilagava in Europa e Usa. Un colpo basso per l’economia cinese - sia il Fondo monetario sia S& Phanno rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil - ma anche per le aziende del lusso che in Cina hanno il proprio mercato d’elezione.

L’impatto delle chiusure

Secondo le stime di Bain & Co., infatti, la Repubblica Popolare oggi ha una quota di mercato pari al 21% dei 283 miliardi di euro di ricavi dei beni personali di lusso e si candida a diventare il primo mercato per i luxury goods entro il 2025, quando il valore dovrebbe toccare i 360- 380 miliardi di euro. Se lo scenario di crescita a lungo termine non dovrebbe registrare contraccol­pi particolar­i, le chiusure di questi mesi hanno comunque avuto un impatto importante: « L’intensità dei lockdown 2022, iniziati a metà febbraio e ancora in corso, unita al fatto che, diversamen­te da quanto accaduto nel 2020, le restrizio

Il lusso auspica un cambio di rotta da parte del governo cinese nell’approccio alla gestione della pandemia

La ripartenza dei consumi che saranno sempre più concentrat­i in patria, in zone come Hainan, l’isola duty free

ni abbiano comportato un blocco dei centri logistici - spiega Federica Levato, partner Bain & Co, Fashion and Luxury Goods practice- rende inevitabil­e che ci siano effetti sugli acquisti dei consumator­i di lusso in Cina: in media, tra gennaio e aprile, si è registrata una flessione del 30% delle vendite » . Si tratta, però, di una crisi temporanea: « I cinesi hanno voglia di tornare alla normalità, di uscire e acquistare in negozio oppure online La fiducia dei consumator­i non è affatto diminuita. È solo in stand by, a causa di questo evento esogeno » , chiosa Levato.

Il nodo della politica

È d’accordo Luca Solca, senior research analyst Global luxury goods presso Bernstein: « Le aziende stimano un impatto negativo di circa il 30% sul primo trimestre -, ma anche se i lockdown continuass­ero per tutto il Q2 ( che per molte aziende si chiude alla fine giugno, ndr) l’effetto non sarebbe drammatico: appena ripartirà la logistica lo faranno anche gli acquisti digitali e, appena possibile i cinesi torneranno a fare acquisti in negozio, tanto che quasi tutti i grandi brand hanno in programma aperture in loco » . Un fattore determinan­te, nel futuro della Cina e, di riflesso, delle aziende del lusso che fanno business nella Repubblica Popolare, saranno le scelte del governo centrale: « Ci si aspetta un cambiament­o nell’approccio alla gestione della pandemia: la politica “Covid zero” sta danneggian­do l’economia e scontentan­do la popolazion­e » . Uno scenario non proprio idilliaco con il XX congresso del Partito Comunista cinese alle porte ( si terrà in autunno) che potrebbe confermare o meno la nomina di Xi Jinping a segretario generale del partito per la terza volta.

Un cambio di passo nelle politiche cinesi è auspicato anche dalle aziende del lusso, che oltre a dover fare i conti con l’assenza dei turisti cinesi in Italia e in Europa ( pre Covid assorbivan­o un terzo degli acquisti tax free) a causa della chiusura dei confini, ora devono gestire gli effetti di queste chiusure molto rigide. « I lockdown in Cina sicurament­e rappresent­ano un elemento di dibattito e preoccupaz­ione - dice Matteo Lunelli, presidente di Altagamma -. Questa politica Covid zero porta effetti abbastanza drastici » .

Gli effetti sulle vendite online

I lockdown, questa volta, hanno avuto un impatto anche sulla logistica. Con conseguenz­e, oltre per i canali di vendita fisici, anche per quelli digitali che nel 2020 avevano accelerato la propria crescita esponenzia­lmente. Sempre secondo Bain & Co., nel 2021 le vendite online di beni personali di lusso sono salite del 56% raggiungen­do una penetrazio­ne del 26% ( incluso il duty free). Conseguenz­e che, anche in questo caso, non stanno minando la fiducia del consumator­e: « Il nostro business si è dimostrato particolar­mente resiliente rispetto a circostanz­e che abbiamo tutti imparato a conoscere bene. E la situazione nel suo complesso è abbastanza circoscrit­ta rispetto ai nostri volumi di affari in Cina - dice Giuseppe Giglio, presidente e ceo di Giglio. com, società che vende prodotti multimarca di lusso in tutto il mondo -. Dal punto di vista dei corrieri, si stanno verificand­o dei ritardi, ma lo stesso cliente cinese - che ha imparato a gestire l’acquisto online, nelle nuove modalità imposte dalla situazione attuale - non sembra scoraggiat­o per quanto riguarda l'acquisto sul nostro portale. In nessun caso, comunque, tutto ciò ha condiziona­to la grande crescita che stiamo registrand­o in Apac, mercato strategico per i nostri obiettivi del 2022 » . Nel dettaglio, nel primo trimestre dell’anno le vendite di Giglio. com sono cresciute del + 176 per cento.

Il competitor Hainan

La pandemia - unita alle politiche del governo di Pechino orientate al rimpatrio dei consumi - ha contribuit­o a cambiare le abitudini di acquisto dei consumator­i cinesi. E non solo quando si parla di acquisti online. Con i confini chiusi, i cittadini della Repubblica Popolare hanno dovuto dire addio ai viaggi shopping in Europa, Usa e Russia e hanno cercato alternativ­e di prossimità. In linea con l’intento del governo di un rimpatrio progressiv­o dei consumi.

Da qui il successo del “progetto” Hainan, isola famosa per le spiagge tropicali che è stata trasformat­a in una destinazio­ne per lo shopping, complici le politiche tax free. Ed è diventata un competitor anche per l’Italia. Infatti ha numeri da capogiro: nel 2021, secondo le autorità locali, oltre 81 milioni di cinesi hanno messo piede ad Hainan. Se il numero non si discosta da quello dei visitatori pre Covid, la spesa è invece salita del 31% rispetto al 2019 toccando quota 138,4 miliardi di yua n l’equivalent­e di poco meno di 20 miliardi di euro al cambio attuale. Un paradiso anche per i marchi internazio­nali che, sempre secondo le stime del governo provincial­e, sarebbero oltre 1.400 nei punti vendita duty free.

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Secondo stime ufficiali le vendite al dettaglio di beni di consumo ( in generale, non solo di lusso) in Cina ad aprile sono diminuite dell’ 11,1% rispetto a un anno fa, raggiungen­do 2.950 miliardi di yuan ( circa 436,9 miliardi di dollari). Il ministero del Commercio prevede una ripresa
Consumi in difficoltà. Secondo stime ufficiali le vendite al dettaglio di beni di consumo ( in generale, non solo di lusso) in Cina ad aprile sono diminuite dell’ 11,1% rispetto a un anno fa, raggiungen­do 2.950 miliardi di yuan ( circa 436,9 miliardi di dollari). Il ministero del Commercio prevede una ripresa

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