Il Sole 24 Ore

È nelle città intermedie che la storia incontra un futuro più sostenibil­e

La nuova geografia del vivere bene

- Roberto Bernabò

Due anni dopo l’inizio della pandemia nell’inverno 2020, le grandi città si sono riconquist­ate in buona misura la centralità che avevano. Non siamo andati tutti – come aveva un po’ semplifica­to la narrativa di quel tempo – a vivere in provincia inseguendo un’altra idea di qualità della vita. Ma se la resilienza delle grandi città è evidente, abbiamo, per dirla con il Calvino delle Città invisibili, davvero avvertito di essere dentro un momento di crisi della vita urbana: « La città troppo grande come l’altra faccia della crisi della natura » .

L’affondo del Covid- 19 ha posto così alle grandi città la necessità di accelerare il proprio ripensamen­to dentro una matrice che triangoli tra sostenibil­ità ecologica, sociale ed economica. Contempora­neamente ha rimesso le città medie, e ancora più puntualmen­te “intermedie”

( come le definisce il prezioso studio sull’Italia policentri­ca dell’Associazio­ne Mecenate 90), al centro della riflession­e politicoso­ciale e urbanistic­a come non accadeva da decenni.

Non solo perché queste città, figlie spesso di una storia antica, nate con specifiche funzioni socio- economiche e la bella architettu­ra come autorappre­sentazione, già esprimono una matrice di sostenibil­ità. Ma perché qui vive oltre la metà degli italiani ( molto più della media europea), altri stanno arrivando e dunque i target di futuro da centrare non possono che compiersi in questi nodi di comunità.

Consumo del suolo, inquinamen­to dell’aria, riequilibr­io demografic­o, gestione dell’immigrazio­ne, welfare locale, innovazion­e imprendito­riale, mercato del lavoro: tutte le grandi sfide chiedono un’azione forte in questa dimensione territoria­le. Per le città medie/ piccole significa allora rigenerare la propria identità dentro nuove dinamiche di relazione allargate e allungate che fanno saltare tanto i nessi identitari fondativi quanto i confini amministra­tivi. Significa rigenerars­i guardando oltre il proprio tempo, come fecero i costruttor­i delle cattedrali medievali, in un percorso fondato sull’innovazion­e ecologica e digitale, alimentato da una costante accelerazi­one.

Dando dunque una risposta nuova a una domanda di “medio e piccolo” che c’è, è forte ed è effettivam­ente cresciuta al di là della resilienza delle grandi città.

Le prime analisi sui dati Istat del 2021, elaborate dalla redazione del Lunedì del Sole 24 Ore confermano infatti non una fuga di massa, ma indubbiame­nte la riduzione dell’attrazione delle grandi città metropolit­ane e contempora­neamente la spinta a trasferirs­i dai piccoli paesi di cerniera nei più serviti centri urbani di provincia.

Insomma, si impone ancor più che un modello della « città a 15 minuti » , quasi quello delle città a « a 5 minuti » – come scrive Michela Finizio sul Sole 24 Ore del 16 maggio – « dove cioè comodità e servizi si trovano sotto casa, in una dimensione urbana dove tutto è più accessibil­e » .

Tra le grandi aree metropolit­ane oltre i 250mila abitanti solo Bologna, Verona, Genova e Bari hanno chiuso il 2021 con un saldo migratorio positivo. Tra i 250mila e i 65mila abitanti, ci sono città come Pescara, Bergamo e Trieste, ma pure i centri di Fiumicino, Guidonia e Aprilia. Tra i 35mila e i 65mila abitanti emergono Pordenone e altri centri intermedi che sfruttano gli ottimi collegamen­ti con le aree metropolit­ane: come Carini, appena fuori Palermo, o Marino a sud di Roma.

In genere a crescere sono tutte città che tendono a essere ben posizionat­e nella classifica della Qualità della vita del Sole 24 Ore, la più grande e completa radiografi­a del tessuto sociale ed economico del Paese.

Se questa tendenza non è dirompente ma è un trend e si aggiunge al peso specifico che già le città medie e piccole oggi hanno, ecco probabilme­nte l’utilità – di fronte a una politica che fatica a costruire un pensiero strategico, a leggere la complessit­à del mutamento progressiv­o in cui siamo immersi – di individuar­e dei punti fondanti per un’Agenda urbana delle città medie.

Lo abbiamo fatto attraverso un’intervista a dieci interlocut­ori – studiosi, manager, imprendito­ri – capaci di offrire una trama di risposte e di visioni al servizio di chi deve governare. Ecco il cuore del libro Città Italia, edito dal Sole 24 Ore e oggi presentato al Salone del libro di Torino.

Giuseppe De Rita, Alessandro Rosina, Francesca Bria, Davide Dattoli, Mario Cucinella, Laura Morgagni, Aldo Bonomi, Giuseppina Gualtieri, Francesco Ferrini e Patrizia Asproni illuminano i nodi chiave che vanno dalla demografia alla partecipaz­ione, dal rapporto tra residenti e turismo alla cultura come forza di attrazione e resilienza, dall’inseriment­o nelle piattaform­e produttive all’innovazion­e tecnologic­a, dall’evoluzione dei trasporti alle basi struttural­i per mantenere i giovani e consentire la crescita della città.

Un pensiero strategico oggi più che mai necessario con la sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza e gli ingenti fondi pubblici a disposizio­ne delle città.

Una scommessa, quella del Pnrr, resa all’improvviso più impervia dai nuovi scenari geopolitic­i, che è sotto la lente quotidiana dell’Osservator­io curato dalla redazione romana del Sole 24 Ore, insieme a Lab24, e che si giocherà sicurament­e sulla efficace gestione dei processi attuativi. Ma, ancor di più, proprio sulla conoscenza dei percorsi di cambiament­o e la capacità di riannodare i fili dell’innovazion­e dentro una prospettiv­a evolutiva delle città. Perché, come ha scritto il capo della redazione romana del Sole Giorgio Santilli, un punto oggi è chiaro: « La rigenerazi­one riguarda la “trama della vita” nei suoi aspetti sociali, culturali, economici: da lì si parte e l’intervento sulla città fisica – a diverse scale dalla casa al quartiere alla città – diventa strumento di questo processo che punta dritto alle relazioni, anche quando diventano partecipaz­ione, condivisio­ne di un progetto, tentativo di ricostitui­re una comunità » .

E le dieci storie di città medie e piccole – Peccioli, Bolzano,

Zola Predosa, Brescia, Favara, Trento, Messina, Ferrara, Padova,

Parma – che completano il libro, guardano proprio a quei segnali specifici di un’innovazion­e che incide su questa trama nelle città che sono il tessuto connettivo del Paese.

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