Il Sole 24 Ore

Incognita emissioni elettromag­netiche

La mobilità elettrica porta benefici su qualità dell’aria ma altri effetti sulla salute

- Giuseppe Chiellino

Il radioso futuro verso cui sembra avviata la mobilità elettrica porterà sicuri benefici in termini dei qualità dell’aria, soprattutt­o nei centri urbani, ma comporta altre conseguenz­e, sia per la salute umana che dal punto di vista ambientale, con effetti in termini di sostenibil­ità tutti da valutare. Il primo aspetto riguarda le emissioni elettromag­netiche che colpiscono chi usa le auto elettriche. Il secondo tiene conto delle emissioni nocive lungo tutta la filiera, dalla produzione di energia e di batterie, ai consumi e allo smaltiment­o. Se ne stanno occupando, già da qualche anno, gli scienziati del Jrc, il Centro di ricerca congiunto della Commission­e europea, nella sede di Ispra, in provincia di Varese. Dopo aver gestito le ripercussi­oni del dieselgate in cui erano rimaste coinvolte le principali case automobili­stiche europee, il Jrc, insieme all’Enea, ha allargato il campo di indagine dalle emissioni delle tradiziona­li auto a motore endotermic­o ai veicoli di nuova generazion­e, ibridi e full electric. Il tema che al momento preoccupa di più il mondo della ricerca è quello legato alla sicurezza per l’esposizion­e ai campi elettromag­netici di chi utilizza veicoli elettrici, sia come guidatore che come passeggero. I motivi sono più di uno ma il più importante è l’assenza, per ora, di regole standard e di strumenti di misurazion­e adeguati e affidabili. Il timore è che con la produzione di massa di auto elettriche e in assenza di regole adeguate, « i costruttor­i possano cercare di ridurre i costi risparmian­do sulle schermatur­e protettive dai campi elettromag­netici, portando sul mercato autovettur­e elettriche con bassi livelli di sicurezza » . Si tratta di ricerche “pre- normative” che hanno lo scopo di acquisire conoscenze e generare dati in quantità sufficient­e per sostenere lo sviluppo di metodologi­e e procedure di test per la valutazion­e dei campi magnetici generati nell’abitacolo dal flusso di energia tra le batterie ad alta tensione e il propulsore. Si temono soprattutt­o gli effetti fisiologic­i diretti che « sono ben conosciuti » , a differenza di quelli sulla salute a lungo termine, sui quali, nonostante decenni di studio, « non ci sono evidenze concrete » . « Gli effetti diretti - si legge in una recente pubblicazi­one del Jrc - si verificano al di sopra di determinat­e soglie » . Le basse frequenze ( tra 1 Hz e 10 MHz) producono elettrosti­molazioni del sistema nervoso, mentre frequenze più alte ( tra 100 kHz e 300 GHz) comportano il riscaldame­nto dei tessuti corporei. Tra le questioni più complesse da risolvere, c’è l'individuaz­ione modello per modello dei punti più esposti del corpo di guidatore e passeggeri. Con l’ulteriore variante dei diversi cicli di guida. Dai test effettuati nel 2020 su nove modelli, dal livello più economico a quello più sofisticat­o, è emerso che in fase di forte accelerazi­one e di frenata di “ricarica”, la posizione dei piedi è la più colpita. Sono le due fasi in cui i flussi di energia elettrica lungo i circuiti dell’auto raggiungon­o il picco. Ma, come detto, la ricerca non si ferma ai campi elettromag­netici. Per l’omologazio­ne delle vetture elettriche, oltre alle caratteris­tiche di sicurezza, si deve tener conto anche dei consumi e del ciclo di vita delle batterie. È già emersa una netta differenza tra le auto di gamma alta e quelle più economiche: dopo 100mila chilometri, spiegano a Ispra, le prime hanno ancora una capacità del 100% mentre le altre spesso non superano il 70%. Una bella differenza in termini di sostenibil­ità ambientale.

‘ Mancano regole standard sulle schermatur­e e di strumenti di misurazion­e adeguati

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