Incognita emissioni elettromagnetiche
La mobilità elettrica porta benefici su qualità dell’aria ma altri effetti sulla salute
Il radioso futuro verso cui sembra avviata la mobilità elettrica porterà sicuri benefici in termini dei qualità dell’aria, soprattutto nei centri urbani, ma comporta altre conseguenze, sia per la salute umana che dal punto di vista ambientale, con effetti in termini di sostenibilità tutti da valutare. Il primo aspetto riguarda le emissioni elettromagnetiche che colpiscono chi usa le auto elettriche. Il secondo tiene conto delle emissioni nocive lungo tutta la filiera, dalla produzione di energia e di batterie, ai consumi e allo smaltimento. Se ne stanno occupando, già da qualche anno, gli scienziati del Jrc, il Centro di ricerca congiunto della Commissione europea, nella sede di Ispra, in provincia di Varese. Dopo aver gestito le ripercussioni del dieselgate in cui erano rimaste coinvolte le principali case automobilistiche europee, il Jrc, insieme all’Enea, ha allargato il campo di indagine dalle emissioni delle tradizionali auto a motore endotermico ai veicoli di nuova generazione, ibridi e full electric. Il tema che al momento preoccupa di più il mondo della ricerca è quello legato alla sicurezza per l’esposizione ai campi elettromagnetici di chi utilizza veicoli elettrici, sia come guidatore che come passeggero. I motivi sono più di uno ma il più importante è l’assenza, per ora, di regole standard e di strumenti di misurazione adeguati e affidabili. Il timore è che con la produzione di massa di auto elettriche e in assenza di regole adeguate, « i costruttori possano cercare di ridurre i costi risparmiando sulle schermature protettive dai campi elettromagnetici, portando sul mercato autovetture elettriche con bassi livelli di sicurezza » . Si tratta di ricerche “pre- normative” che hanno lo scopo di acquisire conoscenze e generare dati in quantità sufficiente per sostenere lo sviluppo di metodologie e procedure di test per la valutazione dei campi magnetici generati nell’abitacolo dal flusso di energia tra le batterie ad alta tensione e il propulsore. Si temono soprattutto gli effetti fisiologici diretti che « sono ben conosciuti » , a differenza di quelli sulla salute a lungo termine, sui quali, nonostante decenni di studio, « non ci sono evidenze concrete » . « Gli effetti diretti - si legge in una recente pubblicazione del Jrc - si verificano al di sopra di determinate soglie » . Le basse frequenze ( tra 1 Hz e 10 MHz) producono elettrostimolazioni del sistema nervoso, mentre frequenze più alte ( tra 100 kHz e 300 GHz) comportano il riscaldamento dei tessuti corporei. Tra le questioni più complesse da risolvere, c’è l'individuazione modello per modello dei punti più esposti del corpo di guidatore e passeggeri. Con l’ulteriore variante dei diversi cicli di guida. Dai test effettuati nel 2020 su nove modelli, dal livello più economico a quello più sofisticato, è emerso che in fase di forte accelerazione e di frenata di “ricarica”, la posizione dei piedi è la più colpita. Sono le due fasi in cui i flussi di energia elettrica lungo i circuiti dell’auto raggiungono il picco. Ma, come detto, la ricerca non si ferma ai campi elettromagnetici. Per l’omologazione delle vetture elettriche, oltre alle caratteristiche di sicurezza, si deve tener conto anche dei consumi e del ciclo di vita delle batterie. È già emersa una netta differenza tra le auto di gamma alta e quelle più economiche: dopo 100mila chilometri, spiegano a Ispra, le prime hanno ancora una capacità del 100% mentre le altre spesso non superano il 70%. Una bella differenza in termini di sostenibilità ambientale.
‘ Mancano regole standard sulle schermature e di strumenti di misurazione adeguati