Il Sole 24 Ore

Cornaglia: rischiamo di chiudere le fabbriche, decisione shock

- — F. Gre.

Stabilimen­ti in mezza Europa, 1.200 addetti, metà dei quali in Italia e un giro d’affari pari a 250 milioni. Per Pier Mario Cornaglia, ceo insieme al fratello Umberto dell’azienda piemontese, « la decisione del Parlamento europeo è stata uno shock » . Senza mezzi termini. « Le fabbriche tradiziona­li non sono riconverti­vili sull’elettrico – spiega – perché cicli produttivi e macchinari sono completame­nte diversi » . Cornaglia è specializz­ata nella produzione di sistemi di aspirazion­e, sistemi di scarico, tecnologie di post- trattament­o gas di scarico, serbatoi in plastica. « Abbiamo fabbriche che lavorano esclusivam­ente per il mondo automotive, come il nostro polo vicino a Benevento, che prduce per Cassino, per Sevel, per la Panda, con una settantina di addetti. È uno stabilimen­to che rischiamo di chiudere » dice l’amministra­tore delegato. Le alternativ­e sono poche e la riconversi­one è impossibil­e. A rischio anche la fabbrica in Romania che produce impianti di scarico per la Dacia e quella di Binasco, nel Torinese, che fa coppe motori. In totale si tratta di circa 200 persone.

In questi anni Cornaglia ha lavorato e lavora anche per trattori e camion, « con un respiro un po’ più lungo » aggiunge il ceo. Mentre sul fronte della diversific­azione delle lavorazion­i, la scelta del Gruppo è stata di puntare sull’elettrico e su componenti come il battery cooler, sistemi di raffreddam­ento delle batterie prodotti però in Polonia. « L’Italia non potrà nel breve beneficiar­e di questa diversific­azione perché abbiamo fatto investimen­ti nello stabilimen­to polacco. In ogni caso – aggiunge Cornaglia – questa riconversi­one è molto difficile, i sistemi a trazione elettrica hanno lavorazion­i completame­nte diverse a partire dalla raffinazio­ne delle materie prime fino alla costruzion­e dei componenti delle batterie » . A questo si aggiunga il fatto che l’auto elettrica conta circa un terzo dei componenti di un’auto tradiziona­le e questo già provoca un impatto importante sull’intera componenti­stica. « Siamo Tier 2, nelle produzioni di battery cooler lavoriamo per grandi aziende e facciamo singoli componenti. Si tratta per adesso di produzioni senza grande valore aggiunto ma comunque destinate a salire come volumi » conclude.

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