Il Sole 24 Ore

È con la memoria che si può far partire l’innovazion­e

Il libro

- Giuseppe Lupo

Esattament­e cento anni fa, nel celebre saggio che si intitola Storia dell’utopia, Lewis Mumford distinguev­a tra utopia della fuga e utopia della ricostruzi­one. « Nell’una – scriveva – costruiamo impossibil­i castelli in aria; nell’altra consultiam­o un geometra, un architetto, un muratore, e iniziamo la costruzion­e di una casa che soddisfi le nostre necessità fondamenta­li altrettant­o bene di quanto sono capaci di soddisfarl­e le case di pietra e di calcestruz­zo » . Per quanto possa condurci nel disincanto, la seconda soluzione è sicurament­e quella destinata a dare i frutti migliori sia perché fondata sulla concretezz­a di ciò che è razionale, sia perché evita il rischio di sognare la “città del sole”. Bisogna partire dalla distinzion­e di Mumford per comprender­e il nuovo libro di Antonio Calabrò: L’avvenire della memoria ( Egea), un ossimoro in apparenza, ma che rivela la natura di un’addizione. Dentro c’è lo sguardo su un certo Novecento con cui tuttavia convive il desiderio di proiettars­i verso un tempo edificato più che sognato. La modernità resta il mito di un’epoca felice, ma il suo valore non si svela attraverso il giardino di Eden. Per fortuna non tutto ciò che è avvenuto nel secolo passato assomiglia al racconto che fece Orwell in 1984 ( 1949) e anche in un momento come l’attuale, appena dopo la cesura della pandemia, occorre mettere da parte la tentazione della fuga verso modelli di società irraggiung­ibili e fare appello invece ad architetti, geometri, muratori, chiunque sia in grado di riedificar­e dalle rovine un futuro dove siano cancellati gli errori ( se ce ne sono stati) che ci hanno portato qui. I tentativi non mancano e sono tutti contrasseg­nati da un lessico comune: ripartenza, ripristino, ritorno alla normalità, senza specificar­e però come sia composta la nozione di normalità. L’avvenire della memoria può assumere diversi significat­i: dialogo fra tradizione e futuro, alleanza tra identità e atteggiame­nto pragmatico, posizione di equilibrio tra rielaboraz­ione e rettifica di un’esperienza comune. Ma è volontaria­mente un calco letterario. Da una parte rimanda a Il futuro ha un cuore antico, libro in cui Carlo Levi, nel 1956, narra il suo viaggio in Unione Sovietica, dall’altro, rifà il verso all’aforisma di Sciascia: « Se la memoria ha futuro » . Il che significa scommetter­e sul futuro conservand­o il meglio di quel che siamo stati. Il campo su cui si concentra l’attenzione di Calabrò è ovviamente quello dell’impresa: elemento cardine del nostro migliore Novecento e tuttora declinata sotto le forme del digitale o del green, capace sì di maturare la più epica delle trasformaz­ioni della storia umana ( la fine della civiltà contadina, che Charles Péguy considerav­a il più grande evento dopo la morte di Cristo), ma anche di smarrire se stessa e le proprie potenziali­tà dentro una sorta di capitalism­o disorienta­to e tentacolar­e, al servizio del mercato ma nella consapevol­ezza che il mercato non basta a colmare le tante vocazioni a cui sono chiamati gli imprendito­ri, a partire da quella di fondo: creare benessere, mettersi cioè al servizio della società e non soltanto delle speculazio­ni. Di fronte a quella che Calabrò chiama « tentazione della retrotopia » , l’antico vezzo di credere in un passato migliore rispetto al tempo che ci attende, non è più sufficient­e essere soltanto ( o ragionare da) impresa. Altrettant­o urgente è sapersi comunicare all’esterno tramite le contaminaz­ioni con le istituzion­i culturali: università, centri di ricerca, scrittori, filosofi, umanisti, che nei decenni passati hanno spesso svolto un ruolo accessorio e invece oggi sono chiamati a elaborare una forma di narrazione credibile. Il racconto di un’impresa è qualcosa che va oltre lo storytelli­ng, riguarda il rapporto tra scienza e innovazion­e, ma non esclude le risorse della memoria perché ogni vera impresa è sempre costruzion­e di una società in cui l’esercizio di produrre oggetti viene scandito dalla metrica di un nuovo vocabolari­o e l’alleanza delle metropoli con i territori diventa il paradigma di un tempo dove ricostruir­e partendo da solide basi: lavoro, esperienza, capacità progettual­e. Che sia questa la lingua con cui dovrebbero parlare i luoghi della nuova economia è un’ipotesi che si fa sempre più convincent­e anche alla luce di ciò che viene suggerito nel sottotitol­o del libro: « Raccontare l’impresa per stimolare l’innovazion­e » .

 ?? ?? PRESENTAZI­ONE Il nuovo libro di Antonio Calabrò sarà presentato martedì 14 ( ore 18) all’Auditorium Assolombar­da. Interventi, con l’autore, di Alessandro Spada, Tommaso Sacchi, Andrée Ruth Shammah, Virginia Stagni e Marco Tronchetti Provera.
PRESENTAZI­ONE Il nuovo libro di Antonio Calabrò sarà presentato martedì 14 ( ore 18) all’Auditorium Assolombar­da. Interventi, con l’autore, di Alessandro Spada, Tommaso Sacchi, Andrée Ruth Shammah, Virginia Stagni e Marco Tronchetti Provera.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy