Unione bancaria europea, sfuma ancora l’intesa: piano da riconsiderare
Non c’è accordo su garanzia comune ed esposizione al debito sovrano
Nuova battuta d’arresto per il progetto di Unione bancaria europea, rilanciato nel dicembre 2021 e sul quale, nelle ultime settimane, il presidente dell’Eurogruppo, Pascal Donohoe, aveva provato un’accelerazione in vista della riunione dell’Eurogruppo della prossima settimana. Secondo fonti comunitarie, « nell’attuale contesto economico e geopolitico è emerso con chiarezza che non è possibile, al momento, arrivare a un compromesso tra le diverse posizioni degli Stati » dell’Eurozona sulla road map messa a punto da Donohoe. Resta la contrapposizione NordSud e il nodo è sempre lo stesso: il difficile equilibrio tra garanzia comune dei depositi ed esposizione delle banche al debito sovrano.
Si profila una nuova battuta d’arresto per l’Unione bancaria. Paschal Donohoe, ministro delle finanze irlandese e da luglio 2020 presidente dell'Eurogruppo, ha dato il tutto per tutto e puntava sulla riunione dell’Eurogruppo di giovedì 16 giugno per riuscire mettere d’accordo tutti, almeno su una road map per sbloccare il cammino di uno strumento considerato fondamentale per la stabilità della zona euro. Solo così la Commissione Ue rimetterebbe mano alla proposta di un testo normativo da presentare nei prossimi mesi.
Nonostante la “minaccia” di Donohoe di chiudere i ministri in una stanza e riaprirla solo ad accordo raggiunto, le posizioni restano ancora troppo distanti per lasciare spazio all’ottimismo. Lo confermano più fonti, in Italia e a Bruxelles. E gli ultimi sviluppi di politica monetaria e di mercato hanno reso ancora più complicato il confronto. Si registrano convergenze solo sulla gestione delle crisi, una delle quattro aree di lavoro individuate nella bozza uscita dall’ultima riunione dell’Eurogruppo. Le altre aree sono garanzia dei depositi, limiti alla concentrazione dei titoli sovrani e mercato unico dei servizi bancari.
Il nodo è sempre la stesso: il complicato equilibrio tra riduzione e condivisione dei rischi. Gli schieramenti sono chiari e vedono ancora una volta la contrapposizione Nord- Sud. Germania, Olanda e in parte la Finlandia chiedono che la garanzia comune dei depositi bancari sia accompagnata dalla riduzione del rischio sul debito sovrano che significa contingentare i titoli di Stato nei portafogli delle banche di ciascun Paese, attraverso nuovi requisiti di capitale. Il motivo è evidente: evitare che i depositi in banche troppo esposte sul debito pubblico possano godere di una garanzia comune europea, fino all’azzardo di uno Stato membro che aumenti il proprio indebitamento facendo leva proprio sugli acquisti da parte dei propri istituti bancari. A Sud, soprattutto dall’Italia, con il sostegno interessato della Francia, la replica è perentoria: proprio ora che la Bce sta ridimensionando gli acquisti di titoli pubblici non possiamo permetterci un limite all’intervento delle banche nazionali, è un rischio troppo grosso. Se questo è il prezzo da pagare, non se ne fa nulla, è la posizione intransigente italiana. Il nodo è delicatissimo, una linea rossa comune per due schieramenti opposti, spiegano fonti vicine al dossier.
Alla Francia, più che l’esposizione bancaria sui titoli sovrani, interessa un altro capitolo del dossier , legato alle garanzie sui depositi delle controllate estere ( home- host, in gergo), un principio che può creare difficoltà agli istituti francesi che hanno una forte proiezione oltreconfine.
Del dossier perciò hanno discusso anche Emmanuel Macron e Mario Draghi, martedì sera a Parigi. E a Bruxelles si sperava in un intervento che ammorbidisse le posizioni in vista dell’Eurogruppo. La speranza a Roma e Parigi era probabilmente che anche il cancelliere tedesco Scholz agisse sul suo ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner. Ma evidentemente così non è stato.
La cosa più probabile, dunque, è che la riunione si chiuda con un accordo su un testo « con forti elementi di ambiguità » , spiega una fonte qualificata, in modo da poter dire che il lavoro va avanti e non dover riconoscere una sconfitta. Ma anche per non dare un messaggio negativo ai mercati finanziari che già, per altre ragioni, hanno messo sotto pressione i titoli bancari.
Altra ipotesi è che si decida di rinviare tutto a dopo l'estate e di collegare la partita dell'Unione bancaria a quella della revisione del Patto di stabilità a cui è comunque intrinsecamente legata per le implicazioni sul debito sovrano e i percorsi nazionali di riduzione del rischio.
‘ La riunione del 16 giugno potrebbe concludersi con l’accordo su un testo ambiguo oppure con un rinvio a dopo l’estate