Meloni punta a sfondare in Nord Italia Salvini rischia il primato nella Lega
Salvini, Tajani e Meloni all’attacco sulla Bce: c’è chi specula e vuole svenderci
L’attesa per l’esito del voto di domenica è molto alta. Ma non tanto per i sindaci. Nel centrodestra l’attenzione è rivolta soprattutto ai voti di lista. La posta in gioco è anzitutto il Nord, a partire dalla Lombardia, da anni territorio leghista pressoché inattaccabile ma ora insidiato dagli alleati Fratelli d’Italia. In ballo c’è la leadership di Matteo Salvini, che ha raccolto la Lega al 4%, ma che dopo il 34% delle europee e l’ubriacatura del Papeete ha subito continui rovesci. Ora siamo giunti a un passaggio decisivo.
Se Meloni dovesse sopravanzare il Carroccio anche in aree storicamente legate all’Alberto da Giussano, il redde rationem interno non sarebbe evitabile: Salvini resterà segretario ma non sarà più un monarca assoluto. Anche perché tra meno di un anno si tornerà a votare e c’è da decidere chi mandare in Parlamento. La riforma che ha tagliato deputati e senatori sta alimentando le tensioni un po’ in tutti partiti ma in particolare in quelli che i sondaggi descrivono in discesa. La Lega finora è stata tra questi. E la forte presa di posizione pacifista e “neutralista” sulla guerra in Ucraina non sembra avere aiutato Salvini a rimontare nei sondaggi, anzi. Anche per questo ieri, nel giorno di chiusura della campagna elettorale, il leader leghista ha preso la palla al balzo dell’aumento dei tassi deciso dalla Bce per rispolverare il vecchio cavallo di battaglia dell’antieuropeismo. Subito seguito, per altro, dal coordinatore azzurro Antonio Tajani ( « la signora Lagarde poteva aspettare qualche mese » ). « Da Bce, Commissione e Parlamento Ue è partito un attacco contro l’Italia, c’è chi specula e vuole svenderci come la Grecia » , è stato l’attacco di Salvini. Anche perché già Meloni si era scagliata contro « l’iniziativa intempestiva della Bce » .
Cambiare argomenti servirà a risalire nei sondaggi? Resta che a oggi Salvini non potrebbe garantire il posto agli attuali parlamentari. La battaglia sarà anzitutto tra “vecchi” e “nuovi”, tra chi è legato tradizionalmente al Carroccio e chi invece è entrato dal portone principale grazie al successo ottenuto nel 2018 dalla lista dalla quale venne cancellata dal logo la parola Nord sostituendola con “Salvini premier”. Mai la Lega, neppure ai tempi di Umberto Bossi, è stata legata così tanto alla figura del leader. Questo ovviamente ha avuto effetti anche sulle scelte politiche. E quella che ha distinto
Salvini rispetto ai suoi predecessori ( Bossi prima e Maroni poi) è la nazionalizzazione della Lega, che però ha portato anche alla rimozione dei temi per così dire “nordisti” a partire da quello dell’autonomia. La scommessa era lo sfondamento al Sud, che però non c’è stato.
Non meno personale è FdI: difficile scindere il partito da Giorgia Meloni. Quel rivendicare la coerenza di non essersi mai accordata con altre forze politiche estranee al centrodestra e il suo restare da sola ad occupare l’opposizione sono scelte che la stanno ripagando. Così come la decisione di non accodarsi alla Lega e a Marine Le Pen in Europa e di coltivare un rapporto con i repubblicani statunitensi tenendosi alla larga da frequentazioni russofone. Una strategia preparata a tavolino che non lascia spazio all’improvvisazione e che spaventa gli alleati.
Per questo la possibilità che tra un anno Lega e FI possano presentarsi assieme alle politiche per superare FdI non è da escludere. Entrambi i leader lo smentiscono, ma soprattutto per non far esplodere i dissensi all’interno dei loro partiti. In particolare dentro Fi, dove l’ala cosiddetta governista è sempre più insofferente. Anche qui il tema centrale è la composizione delle liste. I parlamentari azzurri sono oggi 134: la metà di loro non rientrerà in Parlamento.
L’unica a non aver problemi è Meloni. Quattro anni fa FdI si fermò infatti al 4,3%. I parlamentari attuali sono 58, una cifra che allo stato attuale potrebbe già essere raddoppiata e forse anche per questo nella Padania leghista più di qualcuno si è fatto avanti.
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LE LISTE I parlamentari azzurri sono oggi 134: la metà di loro non rientrerà in Parlamento. L’unica a non aver problemi è la leader di FdI