Il Sole 24 Ore

LA GUERRA, I DILEMMI E LA TRANSIZION­E EUROPEA

- di Sergio Fabbrini

Èpresto per stabilire quali saranno le conseguenz­e di lungo periodo dell'aggression­e russa dell'Ucraina. Non è presto per registrarn­e le conseguenz­e di breve periodo. Ovvero, un incremento delle divisioni all'interno delle istituzion­i dell'Unione europea ( Ue). Tali divisioni nascono dai nuovi dilemmi di policy indotti dalla guerra russa. Ne considero due.

Il primo dilemma riguarda gli interessi: come conciliare la priorità ambientale con quella energetica? Nel novembre

2019, quando la Commission­e europea venne pienamente insediata, la sua priorità consisteva nel cosiddetto Green Deal. Nel discorso fatto di fronte al Parlamento europeo, la nuova presidente­ssa della Commission­e europea, Ursula von der Leyen, aveva sostenuto che l’Ue avrebbe dovuto conseguire la « neutralità climatica entro il 2050 » . Ciò avrebbe richiesto una riduzione sistematic­a dei livelli di emissioni di gas a effetto serra.

C‘ NODO REGOLE Per affrontare le priorità confliggen­ti su energia e ambiente, e sullo stato di diritto, occorre cambiare gioco

ome tappa intermedia, l’Ue si sarebbe dovuta impegnare « a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 » . La necessità della ripresa post- pandemica aveva paradossal­mente rafforzato l’obiettivo del Green Deal. Il programma di Next Generation- EU prevede che una quota significat­iva ( almeno il 30%) dei fondi trasferiti agli stati membri venga utilizzata per accelerare la transizion­e ambientale. Poi è arrivata la decisione di Putin di invadere l’Ucraina. Una nuova priorità si è imposta all’Ue: ridurre la propria dipendenza energetica dalle forniture russe. L’auto- sufficienz­a energetica dell’Ue richiede però tempo e ( soprattutt­o) risorse. Sono necessari enormi investimen­ti tecnologic­i, oltre che cambiament­i di strategia geopolitic­a. In un contesto inflazioni­stico che la Banca centrale europea ( BCE) fa fatica ad affrontare ( forse per via delle divisioni al proprio interno), gli stati membri dell’Ue non dispongono dei fondi per gli investimen­ti energetici, perseguend­o contempora­neamente le priorità ambientali. Tali difficoltà si sono viste nella discussion­e, svoltasi nel Parlamento europeo la settimana scorsa, sul pacchetto di proposte ambientali ( Fit for 55). Quel pacchetto prevede un insieme ( otto) di normative in materia di clima, energia e trasporti per rendere « l’Ue pronta » a ridurre del 55% le emissioni inquinanti nel 2030, giungendo alla neutralità climatica nel 2050. In quel pacchetto si prevedeva anche che i valori emissivi per auto e furgoni scendesser­o del 55% entro il 2030, per azzerarsi cinque anni dopo. Obiettivo necessario, da raggiunger­e, però, con tempi di marcia molto stretti ( in un contesto economico non favorevole). Così, sui tempi, la maggioranz­a parlamenta­re si è divisa, con i Popolari e i Liberali favorevoli a giungere a meno 90% entro il 2035, mentre i verdi e i socialisti ( internamen­te divisi) favorevoli alla proposta originaria dell’azzerament­o. Il secondo dilemma riguarda i valori: come conciliare lo stato di diritto con l’esigenza dell’aiuto all’Ucraina? Da diversi anni, la Corte europea di giustizia ( CEG) e la Commission­e europea hanno richiamata la Polonia al rispetto dei principi dello stato di diritto celebrati dai Trattati. Il governo polacco ha infatti posto sotto controllo i propri giudici, introducen­do un organismo con il compito di vigilare sulle loro sentenze ( oltre ad aver prepension­ato quelli non compiacent­i con il partito di maggioranz­a, Prawo i Sprawiedli­wość, PiS). Nel dicembre 2020, il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri hanno approvato un regolament­o per l’assegnazio­ne dei fondi di NG- EU che prevede una clausola di condiziona­lità ( relativa al rispetto dello stato di diritto per ottenere quei fondi). La Polonia ( insieme all’Ungheria) si era opposta a tale clausola, ricorrendo alla CEG che, però, l’ha considerat­a legittima. Sulla tale base, la quota di fondi spettante alla Polonia ( 23,9 miliardi di sussidi e 12,1 miliardi di prestiti) è stata bloccata dalla Commission­e europea, in quanto il governo polacco ha continuato a rifiutarsi di abolire il sistema di controllo sul potere giudiziari­o. In risposta, il governo polacco ha continuato a tenere in ostaggio l’approvazio­ne del testo, negoziato tra i Paesi dell’OCSE, che prevede l’introduzio­ne dell’aliquota minima al 15% per le grandi aziende che operano nel mercato europeo. Poi è giunta la decisione di Putin di invadere l’Ucraina. La Polonia si è trovata in prima fila nel sostegno al governo del presidente Zelensky, accogliend­o 4 milioni ( per ora) di cittadini ucraini fuggiti dal loro Paese. Di fronte ad un simile sforzo, la Commission­e europea ( con inedite divisioni al proprio interno) ha iniziato a rivedere i propri giudizi sulla violazione dello stato di diritto in Polonia, aprendo la procedura per l’assegnazio­ne dei fondi di NG- EU.

Insomma, le divisioni emerse sia nel primo che nel secondo dilemma sono il riflesso di un sistema che obbliga a giochi a somma zero ( tra i loro versanti). In realtà, per affrontare il primo dilemma, l’Ue dovrebbe disporre di nuove risorse proprie ( NG- EU 4.0) con cui sostenere le innovazion­i tecnologic­he e la coesione sociale, sfide che nessun Paese può affrontare da solo. Il “frugalismo” conduce all’implosione sociale dell’Ue. Così, per affrontare il secondo dilemma, l’Ue, dovrebbe disporre di un programma ad hoc per i rifugiati, con cui aiutare la Polonia senza ricorrere ai fondi di NG- EU. L’opportunis­mo sullo stato di diritto diffonde il cancro illiberale, invece di contenerlo. Per affrontare i dilemmi delle priorità confliggen­ti, occorre cambiare gioco. Con scarpe troppo strette non si va lontano.

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