COSÌ LA CROAZIA SFRUTTA IL GAS DELL’ALTO ADRIATICO
. Piano dei croati per estrarre 36,8 miliardi di metri cubi di metano dai pozzi in Alto Adriatico La normativa italiana ha bloccato le esplorazioni impedendo l’accesso alle risorse nel golfo di Venezia
Nell’Alto Adriatico è vietato fare trivellazioni per estrarre gas. Ma a pochi chilometri di distanza la Croazia aumenta il numero dei pozzi. Il piano croato prevede di estrarre 36,8 miliardi di metri cubi di metano, mentre la normativa italiana blocca le esplorazioni impedendo l’accesso alle ricche risorse nel golfo di Venezia.
La geologia non rispetta la linea immaginaria di confine disegnata in mezzo al golfo di Venezia dagli uomini. E così i giacimenti di metano nascosti a migliaia di metri di profondità sotto il fondale dell’Alto Adriatico sono stati distribuiti dalla casualità geologica con uguale generosità a cavallo fra le acque italiane, di qua dalla linea, e croate, di là.
C’è un problema.
Gli italiani hanno stabilito dal 2002 che di qua — fra i 30 e i 40 miliardi di metri cubi di metano, ma ci sono stime anche più elevate — non si può piantare nemmeno un palo.
I croati invece stanno perforando a tutta manetta a un metro di là dalla linea immaginaria. Contano di estrarvi 36,8 miliardi di metri cubi di gas, da usare — ora che i gasdotti dalla Russia minacciano raffreddore — per i prossimi vent’anni prima che il metano sia rigettato come un fossile del passato remoto. La compagnia petrolifera croata Ina investirà di 266 milioni e poserà una grandinata di piattaforme; il direttore dell’upstream, Nikola Mišetić, ha annunciato una campagna potente di perforazioni da settembre.
E l’Italia? Zero. Tutto vietato.
Il bicchiere di granita
Geologi, geofisici e ingegneri minerari inorridiranno al paragone, ma i giacimenti sono come i bicchieri di granita.
La cannuccia che arriva prima sul fondo del bicchiere sugge tutto lo sciroppo; la seconda dovrà accontentarsi di ghiaccio sciolto.
Così accade nel sottosuolo con i giacimenti sotto il confine. In casi simili — avviene in mezzo all’Adriatico tra Ravenna e Pola, e più a sud fra Ancona e Zara — italiani e croati avevano perforato insieme e oggi condividono lo stesso gas, metà va di qua e metà di là.
Nell’Alto Adriatico non si condivide perché l’Italia non estrae, e lascia piattaforma libera a Zagabria.
In fondo al mar
Negli anni ’ 80 l’Eni condusse una campagna di ecografie e di perforazioni dal lato italiano e individuò un grappolo di una decina di giacimenti in alto mare, lontanissimi dalla costa. Secondo le analisi di allora, per potervi estrarre i 40 miliardi di metri cubi di gas sarebbe servita una decina di piattaforme per un investimento che, attualizzato dalle lire di 30- 40 anni fa all’euro di oggi, potrebbe assommarsi sui 2 miliardi. Furono ottenute 7 concessioni, poi congelate e rimaste inattive. Al largo di fronte al Veneto venne posata la piccola piattaforma Ada, un traliccio sul quale oggi lavorano solo gli strumenti di controllo e di misura.
Se il metano venisse estratto, lo sfruttamento di quelle riserve potrebbe durare 25 anni, con una punta massima di produzione attorno i 3 miliardi di metri cubi di gas l’anno, pari all’attuale estrazione da tutti gli altri giacimenti italiani.
Per altre aree, più vicine alla costa verso Chioggia, non ci sono concessioni ma solamente alcuni permessi inattivi di studio e ricerca; le indicazioni dei geologi fanno pensare a una decina di altri miliardi di metri cubi, senza però certezze sulle riserve disponibili.
Dal lato croato si stima una ventina di giacimenti, ma prima d’ora non erano state condotte ricerche accurate. Ora la compagnia petrolifera di Zagabria ha in corso due trivellazioni appena di là dal confine marino.
Il divieto italiano
Nel 2002 per legge l’Italia vietò ogni attività di ricerca ed estrazione a nord del parallelo della bocca del Po di Goro. Il motivo del divieto era la paura collettiva che estrarre metano in mezzo all’Adriatico potesse far sprofondare la laguna, Venezia, Chioggia e il delta del Po.
La legge di divieto totale è stata più volte confermata; nel 2014 il decreto Sbloccaitalia aveva ipotizzato un progetto sperimentale di studio 5 anni, progetto subito sfumato.
Tentativi in corso
Oggi Claudia Porchietto ( deputata di Forza Italia) e Stefano Collina ( senatore del Pd) hanno proposto ai decreti energetici in discussione due emendamenti simili nei quali chiedono di consentire il riutilizzo di quei giacimenti a prezzi convenzionati, tramite aste del Gse e sotto controllo geologico per allontanare la paura di abbassamento del suolo. Qualora queste ipotesi prendessero corpo, ma pare improbabile, potrebbero essere previsti accordi con quella Regione Veneto dove le fornaci vetrarie di Murano ( Venezia) chiudono per il costo insostenibile del metano.
‘ IN CROAZIA La compagnia petrolifera croata Ina avvia investimenti da 266 milioni e diverse piattaforme
‘ IN ITALIA Dal 2002 per legge nel Paese è vietata ogni attività di ricerca ed estrazione a nord del Po