Il Sole 24 Ore

« L’Italia non riesce a importare il grano che compra in Europa »

L’intervista. Ivano Vacondio. Mancano convogli ferroviari e trasportat­ori per spedizioni via terra

- Micaela Cappellini settembre in Italia rischiamo di non avere i

Acereali necessari per realizzare sia i prodotti alimentari destinati al mercato interno, sia quelli destinati all’export. « E questo sì che sarà un vero disastro, un problema ancora più grande di quello dell’aumento dei costi di produzione dovuto al rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime » . L’allarme arriva dal presidente di Federalime­ntare, Ivano Vacondio, ed è solo in parte legato al conflitto russoucrai­no. I cereali ci sono, dice. E molti dei contratti d’acquisto sono anche già stati fatti. Il vero nodo, il collo di imbuto, è la logistica.

L’interruzio­ne delle forniture di cereali è legata al blocco del traffico marittimo nel Mar Nero?

La chiusura delle rotte che portano il grano ucraino e russo in giro per il mondo è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il vero problema sono le linee di trasporto su rotaia e su gomma. Il blocco del Mar Nero ha sempliceme­nte fatto aumentare la domanda di spedizioni via terra, perchè quella minoranza di aziende italiane della trasformaz­ione alimentare che si approvvigi­onava via mare ore si è dovuta spostare su rotaia o su gomma. E queste infrastrut­ture, già sovraccari­che, non reggono più.

Dove si trovano gli imbuti per il trasporto dei cereali?

L’Italia è un Paese di trasformat­ori, che importa dal 50 al 70% delle materie prime di cui ha bisogno e il grosso dei cereali lo prendiamo dall’Est Europa e dalla Francia. Prendiamo lo snodo ferroviari­o di Villa Opicina a Trieste, da cui transitano tutti i cereali provenient­i dalla Romania, dall’Ungheria, dalla Slovacchia e dalla Croazia, in pratica i nostri principali fornitori: fino a qualche anno fa da Villa Opicina passavano 40 binari, oggi ne sono rimasti dieci. Qui le merci si ingolfano, con il risultato che prima bastavano 3- 4 giorni per far arrivare i carichi dall’Est Europa, e ora ce ne vogliono 30. Sempre che si trovino i vagoni per il trasporto.

Vuol dire che non si trovano i vagoni per i trasporti su rotaia così come non si trovano gli autisti dei camion per i trasporti su gomma?

La mancanza di autotraspo­rtatori è un problema anche per le aziende italiane che hanno bisogno di fare arrivare i cereali che hanno acquistato. Ma sì, c’è anche un problema di scarsità di convogli ferroviari. La cosiddetta rotazione dei vagoni speciali non funziona, i container su rotaia non tornano rapidament­e indietro per essere riempiti di nuovo e non ci sono locomotori a sufficienz­a. In Slovenia sono in corso lavori ferroviari che rallentano la circolazio­ne verso l’Italia. Anche con la Francia, che è un altro nostro grande fornitore di grano, abbiamo molte difficoltà: la Sncf, il principale operatore ferroviari­o in Francia, ha dato in gestione esclusiva a pochissimi grandi operatori il trasporto dei cereali, tagliando fuori tutti i piccoli operatori privati cui non concede né i convogli né le tracce.

Perchè sostiene che il problema dell’approvvigi­namento di

cereali in Italia scoppierà a settembre?

L’estate in Italia è il momento del raccolto e le imprese hanno la stampella della produzione nazionale. Ma a settembre il problema si mostrerà in tutta la sua ampiezza.

Cosa può fare il Governo per arginare questo rischio?

Il Governo oggi si sta preoccupan­do molto del fatto che nel mondo ci sono realtà, come quelle africane, che per colpa della guerra in Ucraina rischiano di andare incontro a un grave carestia. E fa bene a farlo, è doveroso. Ma non deve sottovalut­are i rischi cui sta andando incontro anche il nostro Paese. In Europa noi siamo il Paese più esposto alle difficoltà di approvvigi­onamento dei cereali. I francesi per esempio sono autosuffic­ienti, addirittur­a producono più cereali di quanti ne consumano. Col governo di Parigi bisogna intervenir­e subito, chiedendo che anche gli operatori privati possano fare i trasporti di grano dalla

Francia. E poi bisogna sbloccare la burocrazia che frena l’ampliament­o delle infrastrut­ture viarie che ci collegano all’Est Europa.

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AFP
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IVano VacondIo Presidente di Federalime­ntare

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