Il Sole 24 Ore

ASPETTANDO IL PNRR L’ITALIA PAGA GLI ERRORI DEL PASSATO

- Di Marzio Bartoloni

La pandemia in Italia è stato il più grande stress test per il nostro Servizio sanitario dal 1978, l’anno della sua fondazione. Ed è arrivata alla fine di un decennio di tagli dolorosi che nel nome della spending review ha sottratto al sistema oltre 40mila tra medici e infermieri e chiuso tanti piccoli ospedali con la promessa di far partire le cosiddette cure sul territorio, quelle più vicine ai cittadini, che dopo tanti annunci non sono però mai decollate. E infatti quando è arrivato il Covid se la trincea degli ospedali è stata travolta ma in qualche modo ha resistito, le cure domiciliar­i per i tanti infettati che si aggravavan­o tra le mura di casa sono drammatica­mente mancate, facendo pagare un conto salatissim­o in termini di decessi.

Ora dopo due anni di pandemia se gli ospedali restano in forte sofferenza ma comunque impegnati ad affrontare lunghe liste d’attesa e l’ansia di un nuovo autunno con i pazienti Covid, l’offerta di cure vicino alla casa degli italiani resta quasi del tutto carente proprio come all’inizio della pandemia. E qui oltre ai mancati investimen­ti pesa anche l’errore che risale ad almeno un decennio fa di non aver messo mano a una riforma seria della medicina di famiglia in grado di aggiornare ruolo e compiti dei 40mila camici bianchi diffusi in modo capillare con i loro studi in tutta Italia. In molti casi i medici di famiglia, soffocati anche dalla burocrazia, sono diventati semplici prescritto­ri di farmaci e visite specialist­iche. In troppo pochi si sono associati in team con altri colleghi per erogare prime cure e anche prestazion­i di tipo diagnostic­o ( come accade a esempio in Germania) soprattutt­o ad anziani e malati cronici. Una occasione mancata che si è aggravata poi con il problema della carenza che si fa sentire in molte Regioni anche del Nord, come la Lombardia dove molti assistiti non trovano un medico di famiglia.

Di fronte a questo scenario ecco arrivare il Piano nazionale di ripresa e resilienza che sulla nuova Sanità del territorio investe ben 7 miliardi: serviranno tra l’altro per costruire nuove case e ospedali di comunità per curare i pazienti più vicino alla loro casa e per potenziare appunto l’assistenza domiciliar­e con l’obiettivo di curare almeno il 10% degli over 65 a casa.

Il problema è che le nuove strutture cominceran­no ad essere aperte non prima della fine del 2023 o inizio del 2024. E quindi in attesa dei

“miracoli” del Pnrr, l’Italia dovrà continuare a gestire con le attuali armi spuntate questa coda della pandemia oltre ché il rinvio delle cure e delle diagnosi che produrrà un ulteriore allungamen­to delle liste d’attesa per i cittadini.

Sul tavolo del ministro della Salute Roberto Speranza c’è anche l’ipotesi di un primo step di riforma dei medici di famiglia, ma la questione al momento è solo se e quante ore “obbligarli” a lavorare dentro le future Case di comunità. Dopo due anni così drammatici serviva un po’ più di coraggio.

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