Il Sole 24 Ore

Il Catasto parte da 35 miliardi di tasse

Verso la delega. La tassazione sul possesso e le compravend­ite immobiliar­i nel 2021 ha raggiunto il massimo dall’addio all’Ici Prelievo basato sugli estimi attuali anche con le nuove rendite dal 2026. Acconto dell’imposta municipale da 10 miliardi il 16 g

- Pagina a cura di Dario Aquaro Cristiano Dell’Oste

In attesa della riforma, nel 2021 gettito al top su trasferime­nti e possesso

Tra Imu, Iva e imposta di registro, le tasse sugli immobili hanno raggiunto i 35,5 miliardi nel 2021. Una cifra record cui si arriva sommando le imposte sul possesso ( 21,7 miliardi di Imu) e quelle sui trasferime­nti immobiliar­i, che si stima abbiano raggiunto i 13,8 miliardi trainate dal boom del mercato. Sono tributi che per lo più si basano - e continuera­nno a basarsi - sulle vecchie rendite catastali, a partire dall’acconto Imu in scadenza il 16 giugno. Perché le nuove rendite aggiuntive, previste dalla riforma del Catasto, saranno pronte solo dal 2026 e non potranno essere usate a fini fiscali. Secondo il Ddl delega fiscale, infatti, la fotografia aggiornata dei fabbricati sarà relegata in una « ulteriore rendita » , da affiancare a quella catastale attuale.

Tra Imu, Iva e imposta di registro, le tasse sugli immobili hanno raggiunto i 35,5 miliardi nel 2021. Una cifra record cui si arriva sommando le imposte sul possesso ( 21,7 miliardi di Imu) e quelle sui trasferime­nti immobiliar­i, che si stima abbiano raggiunto i 13,8 miliardi trainate dal boom del mercato.

Sono tributi che per lo più si basano – e continuera­nno a basarsi – sulle vecchie rendite catastali, a partire dall’acconto Imu in scadenza giovedì prossimo, 16 giugno. Perché le nuove rendite aggiuntive, previste dalla riforma del Catasto, saranno pronte solo dal 2026 e non potranno essere usate a fini fiscali.

Il compromess­o raggiunto nella delega fiscale – che riprende domani il voto in commission­e Finanze alla Camera – non ha sciolto infatti il nodo di fondo del prelievo sugli immobili in Italia: imposte elevate, spesso crescenti, e applicate sulla base di estimi ormai scollegati dai valori di mercato.

Doppia fotografia

Secondo il Ddl delega, la fotografia aggiornata dei fabbricati sarà relegata in una « ulteriore rendita » , da affiancare a quella catastale « risultante dalla normativa vigente » . La nuova rendita sarà calcolata partendo dalla redditivit­à degli immobili espressa dai canoni di locazione medi, secondo i princìpi fissati dal Dpr 138/ 1998. E non potrà essere utilizzata « per la determinaz­ione della base imponibile dei tributi la cui applicazio­ne si fonda sulle risultanze catastali » . Così non avrà riflessi sull’Imu, né sull’imposta di registro versata in caso di compravend­ita.

Le voci contrarie alla riforma sostenevan­o che nuovi estimi avrebbero comportato un rincaro delle imposte. E in questo senso il compromess­o sul Ddl scongiura il pericolo di aumenti. Ma è chiaro che l’ipotesi di un utilizzo a fini fiscali delle nuove rendite continuerà ad aleggiare sul dibattito politico nei prossimi anni. Magari sulla scorta delle posizioni della Commission­e Ue, che più volte ha criticato i valori catastali « in gran parte obsoleti » .

Il fatto è che, anche garantendo invarianza di gettito a livello nazionale, con le nuove rendite alcuni proprietar­i si troverebbe­ro a pagare molto di più, perché oggi benefician­o di valori catastali relativame­nte più bassi in rapporto alla quotazione di mercato dei propri immobili. Altri, invece, potrebbero avere un risparmio d’imposta, perché oggi – soprattutt­o in provincia – non è raro trovare case che hanno un valore catastale superiore al prezzo di mercato.

A volte le differenze separano in modo inspiegabi­le anche i vicini di casa. Un esempio per tutti: due bilocali dati in affitto a Milano, in case di ringhiera in zona Fiera, possono avere rendite di 185 e 400 euro, a fronte di un valore di mercato quasi uguale; il che si traduce in un conto Imu di 354 e 767 euro all’anno.

Oltre questo aspetto, c’è però l’ormai famosa raccomanda­zione del 5 giugno 2019 in cui la Commission­e Ue suggerisce di ridurre le tasse sul lavoro, compensand­one il calo con una revisione delle agevolazio­ni e una riforma dei valori catastali non aggiornati. Una raccomanda­zione che consiglia evidenteme­nte di spostare la pressione fiscale.

Prezzi giù del 20% sul 2011

L’andamento della tassazione sugli immobili negli ultimi dieci anni dà un quadro lampante del paradosso italiano. Nel 2012, con il salto dall’Ici all’Imu, il gettito dei tributi sul possesso d’immobili è balzato da 9,2 a 24,4 miliardi. Da allora – anche con l’esenzione della prima casa – il prelievo non è mai sceso sotto i 20 miliardi, nonostante la flessione dei valori di mercato: fatto 100 il livello del 2011, negli ultimi sette anni l’indice Istat dei prezzi delle case esistenti è sempre stato sotto quota 80. Una vera beffa per i proprietar­i più penalizzat­i dalla crisi del mercato, se si pensa che tutte le ipotesi di riforma del Catasto – compresa quella poi abbandonat­a nel 2014 – hanno sempre previsto meccanismi di periodico aggiorname­nto dei valori catastali ( aggiorname­nto anche al ribasso, se del caso, ça va sans dire).

Le vecchie rendite saranno usate anche per calcolare l’acconto Imu del 16 giugno, che sarà superiore ai 10 miliardi. Solo con i modelli F24 – escludendo chi utilizza i bollettini postali e i ritardatar­i – affluirann­o 9,2 miliardi, compresi 1,7 miliardi di quota erariale.

Meno scollegato dall’andamento dell’economia è il trend storico del prelievo sui trasferime­nti, stimato a 13,8 miliardi nel 2021, sull’onda del mercato, tornato a 748mila compravend­ite residenzia­li dopo il Covid. Ma le distorsion­i della tassazione ci sono comunque, in tutti i casi in cui le transazion­i non sono soggette all’Iva, che si applica sul prezzo. Chi oggi volesse comprare uno dei due bilocali milanesi per fare un investimen­to, in un caso pagherebbe circa 2.100 euro di registro, nell’altro più di 4.500.

A trainare il gettito è il boom del mercato nel 2021 con quasi 750mila transazion­i dopo l’anno del Covid

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(*) Stima. (**) Comprende Iva, Imposte di registro e ipocatasta­li sui trasferime­nti, imposta di succession­e e donazione. Fonte: elaborazio­ne su dati Statistich­e fiscali, Entrate tributarie, Omi e Istat

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