Liti fiscali, l’ultimo giudice onorario uscirà solo nel 2053
Riforma delle liti fiscali. Per la Ragioneria il passaggio di consegne trentennale ai magistrati professionali esclude carenze di organico. Ma l’allarme resta alto
Ci vorranno trent’anni per completare l’avvicendamento dei nuovi giudici fiscali “professionali” e a tempo pieno con gli attuali giudici “onorari” impegnati part- time. Dovranno lavorare a braccetto fino al 2052. Il lungo lavoro congiunto vuole evitare che nella fase di transizione si creino carenze di giudici nelle Commissioni tributarie.
Ci vorranno trent’anni per completare l’avvicendamento dei nuovi giudici fiscali “professionali” e a tempo pieno con gli “onorari” impegnati part- time. Dovranno lavorare a braccetto fino al 2052, cioè fin quando l’ultimo di questa categoria, oggi quarantenne, avrà compiuto i 70 anni, parametro previsto dal Ddl di riforma per il pensionamento obbligatorio. Questo lungo lavoro congiunto, che ha l’evidente obiettivo di evitare che nella fase di transizione si creino carenze di giudici nelle Commissioni tributarie, si scontra però con le valutazioni che in queste ore sta facendo il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria ( Cpgt), l’organo che governa gli attuali giudici “onorari” e che domani dovrà sovrintendere al nuovo ordinamento. Ma andiamo con ordine.
Gli otto anni cruciali
I calcoli della Ragioneria dello Stato, allegati al testo della riforma MefGiustizia prossimo al passaggio parlamentare, potenzialmente sgombrano il campo da crisi di organico. Il pensionamento a 70 anni degli attuali 2.608 “onorari” spalmato in tre decenni per una spesa in compensi di 470,9 milioni di euro, potrebbe permettere di assicurare la funzione giudicante soprattutto nel momento più cruciale di questo riassetto ordinamentale: i prossimi otto anni. Si stima, infatti, che tra il 2023 e il 2030 sarà costituita la nuova classe di 576 magistrati “professionali”, 68 unità selezionate annualmente per concorso più 100 giudici provenienti da altre giurisdizioni ( civile, amministrativo, penale, contabile e militare) che avranno optato per passare al tributario. Di conseguenza la giurisdizione al termine degli otto anni di riferimento potrebbe contare su 576 magistrati “professionali”, con una ipotizzata forza di definizione delle sentenze quasi cinque volte superiore all’attuale, più un bacino di 1.196 “onorari” part- time non ancora andati in pensione: in totale 1.772 giudici da distribuire in tutte le sezioni delle Commissioni.
A leggere la relazione tecnica della Ragioneria, dunque, la riduzione degli attuali “onorari” non andrebbe a colpire l’efficienza, a maggior ragione se si considerano altri due fattori: l’istituzione del giudice monocratico che da solo smaltirà un potenziale 30% del contenzioso di primo grado, così togliendo carico di lavoro ai collegi delle Commissioni; il calo costante della litigiosità, tanto che nel report 2020 della direzione Tributaria del ministero dell’Economia è annotata la « necessità di avviare un processo di revisione del numero delle sezioni in ciascuna Commissione tributaria » , dunque anche di giudici, in quanto parametrati sui flussi del biennio 20062007. Per comprendere questo cambiamento dei flussi basta considerare che nel 2011 i ricorsi pervenuti erano 330.153, diminuiti costantemente ogni anno, fino ad arrivare ai 189.044 del 2019, 151.328 del 2020 e ai 120.511 del 2021. Di conseguenza i giudici attuali sarebbero in eccesso.
Tensioni nel Consiglio ( Cpgt)
Eppure, secondo il Cpgt c’è il pericolo che ci sia comunque una grave carenza di organico fin dagli albori di questa riforma, cioè già dal 1° gennaio 2023. Nell’organo di autogoverno, dove la presidenza di Antonio Leone scadrà a febbraio 2023, la tensione è alle stelle. Il problema principale sarebbe la nuova formulazione del pensionamento a 70 anni, al posto dei 75 previsti dall’attuale normativa del 1992. Sono numerose le istanze di una parte degli “onorari”, soprattutto quelli prossimi al collocamento a riposo, che vorrebbero fosse rivisto il parametro dei 70 anni per farlo tornare almeno a 72, come previsto nella prima formulazione del Ddl. Per l’organo di autogoverno, infatti, lo schema attuale della riforma rischierebbe di mandare a casa, già a gennaio 2023, 656 unità in un solo colpo portando l’organico non togato a 1.905 unità. Il timore è che « la giustizia tributaria italiana sia congelata » , dicono fonti del Cpgt, alludendo a questo repentino calo di giudici.
Tuttavia, c’è una discrepanza tra i dati del Consiglio di presidenza e quelli della Ragioneria: nel 2023, si legge, infatti, nella relazione tecnica di quest’ultima, su 2.608 “onorari” i pensionamenti sarebbero solo 118 lasciando in attivo 2.490 giudici, mentre solo nel 2024 si avrebbe il maggior numero di quiescenze con ulteriori 702 uscite e un organico di 1.788 in attività. Al di là di questa differenza numerica, comunque, l’alert è sul venir meno nel breve periodo di questa fetta di giudici onorari, la maggior parte dei quali con incarichi direttivi. Anche per questo si valuta un emendamento che proroghi a 72 anni solo le posizioni che a breve andranno in pensione, lasciando però come parametro generale i 70 anni.
Per il Mef il calo di ricorsi impone il taglio di sezioni e di giudici Per il Cpgt meglio alzare l’età di riposo a 72 anni