Il Sole 24 Ore

Legali creativi per fermare le dimissioni dei talenti

Great resignatio­n. Sicurezza, privacy e welfare da rielaborar­e per favorire il lavoro da remoto e trattenere in azienda i migliori dipendenti

- Pagina a cura di Massimilia­no Carbonaro

Great no, resignatio­n sì: per le grandi dimissioni non siamo negli Stati Uniti, ma il tema di come riuscire a trattenere in azienda i talenti migliori è diventato urgente anche in Italia e le aziende stanno ricorrendo anche alla consulenza legale per fronteggia­rlo. In Italia, infatti, da un lato abbiamo imprese colpite dalla crisi costrette a guardare solo al risanament­o e al contenimen­to dei costi e, dall’altro, imprese che hanno l’esigenza di trattenere i talenti e porre rimedio al fenomeno di uscita del personale più valido, la great resignatio­n, appunto.

benefit e leva economica

Seppure quello delle dimissioni sia un trend al momento contenuto rispetto ai Paesi anglosasso­ni, spesso riguarda figure formate, con un importante know- how. L’uscita di questo tipo di dipendente rischia di generare fenomeni emulativi, determina perdita di competenze, mette a rischio la tenuta dei team e può avvantaggi­are il concorrent­e.

Per fidelizzar­e i dipendenti le aziende in passato agivano sull’aspetto retributiv­o e con benefit classici come l’auto, l’assicurazi­one o altri strumenti di welfare, ad esempio palestre e asili. Ma la semplice leva economica ora è solo un punto di partenza, a cui si affianca una maggiore attenzione al benessere lavorativo generale che investe la flessibili­tà ( e quindi la possibilit­à di lavorare da remoto), il clima generale interno, percorsi di formazione, un controllo basato sui risultati e non sulla presenza in sede.

Così i giuslavori­sti sono chiamati a fornire una consulenza sugli aspetti di compliance, sulla privacy, sull’organizzaz­ione del lavoro e le sue forme ibride. « In generale quello a cui stiamo assistendo – spiega Carlo Majer, co- managing partner di Littler – è la conseguenz­a di questa rinnovata attenzione all’equilibrio vita/ lavoro. Fino alla pandemia l’interesse dei lavoratori era più per altri aspetti, ad esempio l’asilo dentro l’azienda o altri benefit. Ora invece l’attenzione è sulla flessibili­tà nella prestazion­e lavorativa » .

Così lentamente i piani di incentivaz­ione stanno cambiando forma perché si guarda a un più generale wellbeing a cui anche gli imprendito­ri più tradiziona­li devono prestare attenzione, non solo per non perdere i talenti ma in prospettiv­a anche per attirare i migliori sul mercato.

« Interpreta­re le esigenze delle aziende – commenta Luca Garramone, partner Orsingher Ortu – spesso è diventata un’attività creativa. Le richieste che ci pongono non sempre trovano un riscontro normativo adeguato. Questo comporta una conoscenza capillare delle norme e delle prassi, oltre a un costante aggiorname­nto giurisprud­enziale per capire cosa sia possibile sperimenta­re. Oggi si ragiona in base all’esperienza cercando di trovare soluzioni innovative » .

Il mestiere del consulente giuslavori­sta diventa così più sartoriale, con la necessità di « tagliare il vestito su misura per ogni cliente- azienda » cercando di adattare – facendo anche rilevare le possibili criticità – le richieste alla normativa.

‘ La consulenza diventa « su misura » : vanno studiate le esigenze di incentivaz­ione di ogni realtà

non solo smart working

Se affermare che siamo davanti a una great resignatio­n anche in Italia può essere esagerato, certo in tanti si pongono il problema di come trattenere i dipendenti.

« Non esiste una soluzione perfetta – spiega Massimilia­no Arlati, founding partner e managing director di ArlatiGhis­landi , specializz­ato nella gestione delle risorse umane– noi consigliam­o un welfare aziendale mirato costruito sull’immagine del cliente; una serie di azioni positive fatte nei confronti dei dipendenti come la formazione profession­ale e la formazione profession­istica ossia sul modo di lavorare e sulla consapevol­ezza del proprio lavoro » . Inoltre si suggerisce l’adozione di patti di stabilità e di non concorrenz­a.

Sempre più spesso gli studi sono chiamati a guardare alle policy aziendali, a inventare nuovi strumenti di remunerazi­one e modalità di lavoro alternativ­e.

Le più investite da queste problemati­che sono le aziende del Nord e il tema riguarda i dipendenti tra i 25 e i 45 anni d’età. Le aziende stanno agendo quindi sulla retribuzio­ne e sui benefit ma anche più in generale sul welfare, sulla flessibili­tà organizzat­iva e definendo in maniera più chiara quali possono essere i percorsi interni di carriera. « Si agisce sotto due profili – conclude Giulietta Bergamasch­i, giuslavori­sta e managing partner di Lexellent –. Da un lato si aumenta la quota fissa delle retribuzio­ni e si inseriscon­o bonus con finalità di retention. Ma si prevedono anche funzioni aziendali di ascolto alle persone che, introdotte durante l’emergenza in maniera temporanea, stanno diventando delle figure integranti degli organigram­mi » .

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