« Orientarsi alle nicchie e coinvolgere pubblici dispersi e insofferenti »
« Oggi cresce l’utilizzo del branded entertainment come leva strategica ed efficace di comunicazione. L’intrattenimento, inteso non solo come svago, ma anche come infotainment o edutainment, diventa la chiave per intercettare l’attenzione di un pubblico sempre più disperso e insofferente alle modalità e ai linguaggi dell’advertising più tradizionale. La chiave è orientarsi alle nicchie rispetto a logiche mass market e quindi al pubblico allargato, anche se queste nicchie sono diventate molto più grandi e spesso non ne abbiamo una reale percezione. Oggi in realtà la nicchia racconta un mondo molto più trasversale rispetto ai temi da affrontare » . Così afferma Laura Corbetta, presidente di OBE ( Osservatorio branded entertainment). Con un passato televisivo prima in Fininvest e poi in Mediaset, Corbetta oggi è ceo e founder di YAM112003. Da sempre si occupa di dati, prodotto, promozione, strategia. E registra come stiano cambiando i contesti di lavoro in una filiera in rapida trasformazione. « L’ibridazione tra comunicazione e intrattenimento richiede un’attitudine strategica, creativa e produttiva più ampia, anche se molto specifica. Ispirandosi ai modelli anglosassoni oggi la tendenza è quella di sviluppare modalità di lavoro verticali in cui brand e operatori possano condividere competenze nuove per creare progetti di successo. Ma la partita deve essere guidata dai brand perché sono loro che hanno bisogno di rendere effettiva la comunicazione dal punto di vista del business » , precisa Corbetta.
Per il 2022 avete stimato investimenti in crescita del + 9%. Cosa rappresenta questo dato?
È molto positivo, in considerazione delle incertezze di questo momento storico condizionato dalla scarsità delle materie prime, dall’incremento dei costi energetici, dalla difficoltà della logistica e dalle implicazioni legate alla guerra. Ma ricordiamoci che vendere branded entertainment non è facile: oggi si fatica ancora a farlo entrare in maniera stabile nelle strategie delle aziende. Deve diventare più sistemico. Verso quali soluzioni ci si orienta? Anche se TV e digitale assorbono più dell’ 80% degli investimenti, lo spettro di azione del branded entertainment risulta sempre più variegato e troviamo una grandissima ricchezza di formati: video e corti ad alto impatto emotivo o divertenti, web series, challenge sui social, tutorial, progetti di engagement. L’utilizzo di questa leva si estende a tutte le categorie merceologiche e non soltanto nella comunicazione B2C, ma anche in un ambito B2B, B2E e più istituzionale.
Come si misura il valore di questi progetti in una logica di marketing mix?
Intanto va detto che l’efficacia dei progetti prescinde dalla dimensione dell’investimento e dagli share televisivi, ma è piuttosto correlata alla corretta combinazione brand- programma e alla coerenza con gli obiettivi del singolo progetto.
La creatività sarà sempre più data driven, anche per via dell’evoluzione tecnologica. D’altronde stiamo vivendo una continua contaminazione della customer experience e una integrazione con e- commerce e social. Ci troviamo di fronte ad un continuo proliferare di piattaforme. Però in questi tempi così accelerati il rischio più grosso è che si perda il posizionamento valoriale del brand con il suo pensiero strategico.