Il Sole 24 Ore

Legittimo il passaggio al tasso fisso sul prestito erogato dalla controllan­te

L’operazione era motivata e, comunque, se simulata, sarebbe stata evasione

- Giacomo Monti

Rientra nella libera e insindacab­ile scelta imprendito­riale – e non costituisc­e abuso del diritto – la decisione di sostituire, nell’ambito di un gruppo societario, il finanziame­nto a tasso variabile, erogato da una società consociata, con un finanziame­nto a tasso fisso, erogato dalla società controllan­te. È quanto emerge dalla sentenza della Ctp di Milano n. 819/ 16/ 2022 ( presidente Beretta, relatore Scarabelli).

Una società italiana, appartenen­te a un gruppo multinazio­nale, otteneva un prestito dalla propria controllan­te olandese e utilizzava la provvista finanziari­a ricevuta per estinguere un altro prestito, erogatole in precedenza da una consociata lussemburg­hese.

A sua volta, la controllan­te olandese aveva reperito all’interno del gruppo i fondi necessari all’erogazione del prestito; questi fondi provenivan­o, a monte, da un altro finanziame­nto erogato dalla controllan­te della consociata lussemburg­hese titolare del prestito estinto.

Fiscalment­e, le operazioni avevano determinat­o la sostituzio­ne di un finanziame­nto, i cui proventi andavano assoggetta­ti da parte della società italiana a ritenuta alla fonte convenzion­ale, con un altro finanziame­nto, i cui proventi – per caratteris­tiche del soggetto erogante, cioè la controllan­te olandese – godevano del regime di esenzione previsto dall’articolo 26quater del Dpr 600/ 1973 ( attuativo della direttiva 2003/ 49/ CE).

Per come era strutturat­a, l’ufficio riteneva l’operazione di tipo circolare, in violazione dell’articolo 10- bis della legge n. 212/ 2000, e procedeva ad accertare alla società italiana l’omessa applicazio­ne e versamento delle ritenute alla fonte; in particolar­e, l’ufficio riteneva che la controllan­te olandese fosse società meramente interposta nella riscossion­e degli interessi.

I giudici milanesi accolgono il ricorso della società italiana, ritenendo che l’operazione soddisfi l’esigenza, assolutame­nte legittima, di sostituire un finanziame­nto rischioso, perché a tasso variabile, con uno più sicuro a tasso fisso, peraltro erogato dalla società – la controllan­te olandese – che, all’interno del gruppo, era maggiormen­te interessat­a dell’andamento della società italiana. Inoltre, non era emerso alcun obbligo della controllan­te olandese di retroceder­e, anche tramite il pagamento di dividendi, gli interessi corrispost­i dalla società italiana. Pertanto, i giudici ritengono che non fosse riscontrab­ile un uso distorto di strumenti giuridici e che l’operazione fosse giustifica­ta da valide ragioni economiche.

Va peraltro rilevato che la contestazi­one dell’artificios­ità dell’operazione e del fatto che la società olandese fosse una mera interposta nella riscossion­e degli interessi, determina la sussistenz­a di un’operazione contra legem: in tal senso configura un’ipotesi di evasione fiscale, e non di abuso del diritto.

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