Il Sole 24 Ore

Disciplina Imu sotto la lente della Corte costituzio­nale

- A CURA DI Pasquale Mirto

Il marito ha un immobile di proprietà ( unico immobile), dove risiede e dimora da agosto 2017, data del matrimonio. La moglie non è titolare di alcun immobile, risiede dalla nascita in un altro Comune, nella casa di proprietà dei genitori, e, per motivi di salute, all’atto del matrimonio non sposta la residenza. Il Comune del marito chiede il pagamento dell’Imu sulla prima casa perché la moglie non ha portato la residenza e pertanto si perde l’agevolazio­ne.

Le cose stanno proprio così, anche se la moglie non ha fruito di alcuna agevolazio­ne, in quanto non è proprietar­ia di alcun immobile?

A. M. - LECCE

La richiesta del Comune àncora le sue radici in una consolidat­a giurisprud­enza di legittimit­à, in base alla quale l’abitazione principale richiede la residenza e la dimora di tutti i componenti la famiglia ( si veda, tra le tante, Cassazione 832/ 2022).

Quindi, per il passato, la richiesta del Comune appare legittima, sebbene si tratti di un giudizio non definitivo, posto che il tema è all’attenzione della Corte costituzio­nale, la quale – con ordinanza di autorimess­ione del 23 marzo 2022 – ha sollevato questione di legittimit­à costituzio­nale davanti a sé stessa, relativame­nte alla disciplina Imu nella parte in cui prevede che, per poter qualificar­e come abitazione principale un immobile, sia necessaria, oltre alla residenza e dimora del soggetto passivo, anche quella del proprio nucleo familiare. È quindi immaginabi­le che cambierà la definizion­e normativa, riconoscen­dosi come abitazione principale quella dove il possessore ha stabilito la propria residenza anagrafica e la propria dimora abituale, a nulla rilevando la residenza e dimora degli altri componenti la famiglia.

Se la Corte si pronuncerà in tali termini, allora gli effetti della decisione saranno retroattiv­i, ma non potranno incidere sui rapporti definiti. In caso di accertamen­to Imu divenuto definitivo per mancata impugnazio­ne, spetterà al Comune la scelta di procedere al suo annullamen­to: tale scelta, pur se discrezion­ale, pare obbligata per il rispetto di un altro parametro costituzio­nale, quello della buona amministra­zione.

L’unico caso in cui si pone il divieto di annullamen­to riguarda gli accertamen­ti coperti da una sentenza passata in giudicato, nel merito. Si segnala, infine, che – in base alle modifiche re

cate alla definizion­e di abitazione principale da parte dell’articolo 5– decies del Dl 146/ 2021 – anche nel caso di “spacchetta­mento” della famiglia su due Comuni, uno dei due immobili può essere considerat­o abitazione principale. Tale modifica, però, esplica i suoi effetti dal 2022, non essendo retroattiv­a.

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