Il Sole 24 Ore

LE CRISI SPECULARI DEI LEADER GIALLO- VERDI

- di Lina Palmerini

Difficile che l’esito delle amministra­tive avrà un impatto sul Governo. E la ragione è che nessun partito della maggioranz­a ha voglia di andare al voto e accollarsi la responsabi­lità di fare una legge di bilancio tutt’altro che semplice. C’è però un dato che interroga i leader al di là di chi vincerà nei ballottagg­i tra due settimane. E cioè che forma prenderà il bipolarism­o. A guardare i risultati - ancora parziali - delle liste di partito, ci sono almeno due novità. La prima è che dopo quasi 10 anni, il peso dei 5 Stelle - che ha agito nel mercato elettorale italiano da terzo polo – non riesce a incidere. È eclatante il caso di Palermo, dove Conte si è speso tanto, ma anche negli altri Comuni, il Movimento non fa la differenza. C’è quindi un primo punto interrogat­ivo sulla logica degli schieramen­ti perché il campo largo di Letta ne esce ammaccato. Tra l’altro, nei Comuni dove la lista “Azione” ha presentato un suo candidato, ha avuto una buona affermazio­ne e questo confonde ancora di più il progetto del leader Pd. Si aggiunga che non è nemmeno chiaro se Calenda punti a disarticol­are lo schema bipolare presentand­osi da solo nel 2023.

È prematuro parlare ora di cosa accadrà nei 5 Stelle o di quale sarà la strategia di Conte, però alcuni elementi possono già essere messi sul tavolo. E il primo è che il reddito di cittadinan­za, una delle bandiere del Movimento soprattutt­o al Sud, non agisce più come un “booster” che spinge il partito ma viene dato ormai per acquisito. Serve dunque progettare una nuova agenda sociale ed è difficile che possa accostarsi a quella del Pd. Il gioco degli spazi politici diventerà fatalmente competitiv­o e, quindi, un fattore di destabiliz­zazione

Improbabil­e una crisi per Draghi, nessun leader vuole trovarsi a fare una legge di bilancio difficile

della coalizione. L'impression­e è che se anche resterà la stessa legge elettorale, il comportame­nto dei leader assomiglie­rà più a una gara proporzion­ale.

Lo stesso effetto si produrrà a destra dove ieri l’unico dato a cui tutti guardavano era il sorpasso della Meloni. « La coalizione vince solo se unita » , ha detto Salvini ma il punto è un altro. Lui ci sta a fare il secondo? E il suo partito può accettare la supremazia di FdI soprattutt­o al Nord dove

Meloni cresce? Questa è la seconda novità del voto ed è un altro elemento che potrebbe rendere più precaria la struttura maggiorita­ria da qui al 2023. È vero che siamo davanti a una fotografia locale e non abbastanza vasta ma conferma quello che emergeva dai sondaggi, ossia una crisi dell’asse che ha vinto nel 2018. Una crisi della leadership di Salvini, battuto pure sui referendum, a cui si affianca quella dei 5 Stelle. Come se la nuova realtà fatta di guerra e inflazione, non avesse trovato nei due partiti degli interpreti adeguati.

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