LE CRISI SPECULARI DEI LEADER GIALLO- VERDI
Difficile che l’esito delle amministrative avrà un impatto sul Governo. E la ragione è che nessun partito della maggioranza ha voglia di andare al voto e accollarsi la responsabilità di fare una legge di bilancio tutt’altro che semplice. C’è però un dato che interroga i leader al di là di chi vincerà nei ballottaggi tra due settimane. E cioè che forma prenderà il bipolarismo. A guardare i risultati - ancora parziali - delle liste di partito, ci sono almeno due novità. La prima è che dopo quasi 10 anni, il peso dei 5 Stelle - che ha agito nel mercato elettorale italiano da terzo polo – non riesce a incidere. È eclatante il caso di Palermo, dove Conte si è speso tanto, ma anche negli altri Comuni, il Movimento non fa la differenza. C’è quindi un primo punto interrogativo sulla logica degli schieramenti perché il campo largo di Letta ne esce ammaccato. Tra l’altro, nei Comuni dove la lista “Azione” ha presentato un suo candidato, ha avuto una buona affermazione e questo confonde ancora di più il progetto del leader Pd. Si aggiunga che non è nemmeno chiaro se Calenda punti a disarticolare lo schema bipolare presentandosi da solo nel 2023.
È prematuro parlare ora di cosa accadrà nei 5 Stelle o di quale sarà la strategia di Conte, però alcuni elementi possono già essere messi sul tavolo. E il primo è che il reddito di cittadinanza, una delle bandiere del Movimento soprattutto al Sud, non agisce più come un “booster” che spinge il partito ma viene dato ormai per acquisito. Serve dunque progettare una nuova agenda sociale ed è difficile che possa accostarsi a quella del Pd. Il gioco degli spazi politici diventerà fatalmente competitivo e, quindi, un fattore di destabilizzazione
Improbabile una crisi per Draghi, nessun leader vuole trovarsi a fare una legge di bilancio difficile
della coalizione. L'impressione è che se anche resterà la stessa legge elettorale, il comportamento dei leader assomiglierà più a una gara proporzionale.
Lo stesso effetto si produrrà a destra dove ieri l’unico dato a cui tutti guardavano era il sorpasso della Meloni. « La coalizione vince solo se unita » , ha detto Salvini ma il punto è un altro. Lui ci sta a fare il secondo? E il suo partito può accettare la supremazia di FdI soprattutto al Nord dove
Meloni cresce? Questa è la seconda novità del voto ed è un altro elemento che potrebbe rendere più precaria la struttura maggioritaria da qui al 2023. È vero che siamo davanti a una fotografia locale e non abbastanza vasta ma conferma quello che emergeva dai sondaggi, ossia una crisi dell’asse che ha vinto nel 2018. Una crisi della leadership di Salvini, battuto pure sui referendum, a cui si affianca quella dei 5 Stelle. Come se la nuova realtà fatta di guerra e inflazione, non avesse trovato nei due partiti degli interpreti adeguati.