Il Sole 24 Ore

Pure sui quesiti: per due ondata di no

Contrari ( come indicava Fdi) a 46% e 44% su Severino e custodia cautelare

- Barbara Fiammeri

Non c’è solo il record della più bassa affluenza alle urne per una tornata referendar­ia. A rendere particolar­mente dolorosa per Matteo Salvini la sconfitta è ancora una volta Giorgia Meloni. Già perché quasi la metà dei pochi che sono andati a votare si è espressa per il « no » su due quesiti: limitazion­e della custodia cautelare e abrogazion­e della legge Severino. Quindi non solo può rivendicar­e che i suoi elettori sono andati a votare ma che hanno anche espresso una posizione contraria a quella portata avanti dai promotori e cioè dall’alleato leghista. « Ci dispiace per il quorum, ma nell’ultimo mese nessuno parlava dei referendum » , ha esordito Meloni confermand­osi « contenta che gli elettori di Fdi abbiano seguito le indicazion­i del partito » .

Forse ha ragione Luca Zaia, che oltre a governare il Veneto è uno dei principali esponenti della Lega e consegna una riflession­e super partes: « Il tema che emerge ormai è che il referendum diventa sempre più strumento di battagliac­onfronto politico, dove il proponente deve volente o nolente intestarsi il risultato. E quindi il referendum è diventato non più uno strumento di consultazi­one democratic­a bensì un elemento di battaglia politica per mettere in discussion­e politicame­nte chi lo propone » .

Salvini da parte sua ha insistito invece nella richiesta - peraltro condivisa da molti - di rivedere il

Letta: « Cittadini saggi. Sbagliato strumental­izzare la giustizia a fini politici »

quorum: « Se non vota il 50% per i sindaci, con il sindaco che è la persona più vicina in politica, figurati per il referendum » . In realtà sul leader della Lega sono venute critiche anche da sostenitor­i del sì come il deputato di Più Europa, Benedetto Della Vedova, che lo ha accusato di essere « scomparso » per mesi « salvo » riapparire in prossimità del voto. Anche Matteo Renzi, tra i sostenitor­i più convinti, ha detto la sua: « Ci sono sette milioni di italiani che hanno chiesto di dare priorità a una riforma della giustizia vera. Prenderli in giro con le ironie di queste ore solo per attaccare uno dei promotori è assurdo » . Il fatto è che si trattava di una serie di quesiti di non facile comprensio­ne e soprattutt­o in concomitan­za con l’esame parlamenta­re della riforma della Giustizia. « Sul referendum credo che la saggezza dei cittadini italiani vada ascoltata dalla politica che sbagliando ha immaginato di strumental­izzare vicende di giustizia complicate sempliceme­nte a fini politici » . Così Enrico Letta. « Questioni così complesse devono essere oggetto di riforme da farsi in Parlamento - prosegue - e il Parlamento deve essere all’altezza di questo obiettivo » , è il ragionamen­to del segretario del Pd. Mentre più tranchant è stato il leader M5s, Giuseppe Conte: « Il passaggio referendar­io ha fatto registrare le peggiore partecipaz­ione di sempre. È un risultato di cui prendere atto senza tante giustifica­zioni: i quesiti referendar­i nascondeva­no una sorta di vendetta della politica contro la magistratu­ra » .

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