Lo sviluppo della Sicilia non può prescindere dal Ponte sullo Stretto
Se per l’Italia il mare è una scelta, per la Sicilia il mare è una necessità. La logistica e lo sviluppo del turismo crocieristico ci dicono che stiamo facendo tanto per trasformare il bisogno in opportunità. Ma non basta. Il mare insomma è il grandangolo dello sviluppo economico della Sicilia, ma è soprattutto la distanza che ci separa dal resto del mondo. In termini economici l’insularità costa ai siciliani circa 6 miliardi. Ecco perché l’economia del mare per noi è legata al Ponte sullo Stretto.
Sono passati 65 anni, sono stati spesi 960milioni di euro, coinvolti circa 300 progettisti, 100 tra società, enti, atenei. Ma ancora da Messina a Villa San Giovanni ci vuole il traghetto. Non si può parlare di futuro e non si può parlare di Italia senza ponte. Non c'è tempo né spazio per battaglie ideologiche. Sicilia e Calabria sono distanti tre miglia. Un trasportatore può impiegare da una a tre ore per attraversare lo Stretto. Eppure, ci vorrebbero in tutto sei anni per costruirlo; 200 anni sarebbe la vita utile. In termini di tempo di percorrenza, ogni treno da e per la Sicilia avrebbe un risparmio di 2 ore; di un’ora per tutto il traffico su gomma. Questo significa che il ponte sarebbe la chiave di volta del green deal siciliano. Infine, i costi dell’investimento sarebbero ammortizzati dai ricavi dei pedaggi e del canone di concessione di transito della rete ferroviaria, oltre che dall’aumento delle entrate fiscali. Dalla stima della redditività è risultato un tasso di rendimento economico intorno al 9%. L’Italia temporeggia, e la Sicilia si allontana.