Cassese: « L’autonomia delle Casse va riaffermata »
L’ex giudice costituzionale ha sottolineato la natura privata degli enti Serve una norma di interpretazione autentica e un controllore unico
Le Casse di previdenza dei professionisti non hanno difeso con la giusta determinazione la loro autonomia.
La “tirata di orecchie” al mondo della previdenza privata arriva dal professore, ex ministro ed ex giudice della Corte costituzionale, Sabino Cassese durante il seminario organizzato dall’Adepp « Autonomia delle Casse di previdenza al servizio delle professioni per il Paese » .
Cassese conosce bene la natura delle Casse; è stato, infatti, in quanto ministro per la Funzione pubblica del Governo Ciampi, tra gli estensori della norma originaria che ha posto le basi per la privatizzazione degli istituti di previdenza dei professionisti ( legge 537 del 1993). Secondo il professore nel corso degli anni il perimetro dell’autonomia delle Casse si è assottigliato a causa di una serie di norme, che hanno sovrapposto impropriamente il diritto privato, a cui dovrebbero essere sottoposte le Casse, al diritto amministrativo. Una prassi che secondo Cassese ha portate le Casse indietro di trent’anni.
Il processo di “ripubblicizzazione” delle Casse secondo Cassese si è svolto in molte tappe, ma tre sono quelle fondamentali: l’attrazione delle Casse nella sfera pubblica ( avvenuta tra il 2009 e il 2016, si pensi ad esempio alla spending review), la definizione delle Casse come organismi di diritto pubblico, e l’intervento delle autorità di controllo sulle decisioni di investimento deciso nel 2011 ma ancora in attesa di un decreto attuativo. Un decreto “pericoloso” secondo Cassese perché non potendo tenere conto delle singole realtà di ogni Cassa, che si differenziano per dimensione, flussi contributivi, tipologia di iscritti, porrà dei paletti che limiteranno l’efficienza gestionale.
Cassese si sofferma poi su alcune forzature che hanno ridotto l’autonomia delle Casse: il conteggiare i loro patrimoni nel saldo di finanza pubblica e l’averle assoggetate al Codice degli appalti. Il conteggiare il patrimonio degli enti di previdenza privati, che quest’anno ha superato i 100 miliardi, nei saldi di finanza pubblica è, sostiene Cassese, un gioco di maquillage ma si tratta di soldi privati gestiti da enti privati, con un patrimonio veicolato nella sua destinazione. Così come l’applicazione alle Casse del Codice degli appalti in quanto enti di diritto pubblico - avallata dall’Anac - non trova un riscontro nelle norme. L’Unione europea ( poi ripresa dall’articolo 3 del Dlgs 50/ 2016) stabilisce per essere considerati enti di diritto pubblico bisogna essere finanziati in modo maggioritario dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, cosa che per le Casse non avviene.
Cassese suggerisce come recuperare l’autonomia perduta. Le Casse devono uscire dall’equivoco in cui si trovano adesso attraverso una norma interpretativa generale che ripristini lo lostatus status quo ante, che stabilisca che è implicito nel regime di autonomia delle Casse l’essere enti privati e quindi non possono essere considerate organismi di diritto pubblico, non sono assimilabili alla Pa, non possono avere dei vincoli sugli investimenti. Cassese suggerisce anche di rivoluzionare il sistema dei controlli, che al momento, sottolinea il presidente dell’Adepp Alberto Oliveti, « sono molteplici e non troppo coordinati » . Poiché le Casse svolgono un’attività assimilabile a quella delle banche, il professore propone come controllore unico la Banca d’Italia.