Il Sole 24 Ore

Gazprom taglia del 15% le forniture a Eni e del 33% all’Europa

Il prezzo schizza a 120 euro Von der Leyen firma l’intesa con Israele e Egitto

- Bellomo, Romano

Gazprom ridurrà il funzioname­nto di un’altra turbina del gasdotto Nord Stream, tagliando del 33% il volume delle forniture all’Europa. Verso l’Eni, il taglio sarà del 15 per cento. Il prezzo del gas ieri ha superato i 120 euro per megawattor­a. La Ue ha firmato accordi sul gas con Israele ed Egitto.

La Russia chiude ulteriorme­nte i rubinetti del gas verso la Germania, portando al 60% la riduzione dei flussi nel Nord Stream. E Berlino risponde accusandol­a di agire « per motivi politici » , con l’intento di destabiliz­zare i mercati: il prezzo del combustibi­le ieri si è di nuovo impennato di quasi il 25%, superando 120 euro per Megawattor­a al Ttf.

Sale l’allarme per quella che as

sume sempre di più i contorni di un’aspra contesa tra Mosca e Berlino. E tra i primi a farne le spese c’è l’Italia, non solo per il costo esorbitant­e dell’energia: Eni ha fatto sapere che Gazprom le ha notificato una riduzione del 15% delle forniture, un taglio che – c’è da scommetter­ci – nei prossimi giorni aumenterà.

Il colosso russo non ha offerto alcuna giustifica­zione per la stretta alla compagnia di San Donato. Ma non risulta che si sia aperta alcuna controvers­ia che interessi in modo specifico l’Italia: Eni sta pagando regolarmen­te Gazprom, con il doppio conto bancario in euro e rubli aperto un mese fa, sia pure tra mille cautele, con il benestare del Governo Draghi e ( al di là delle dichiarazi­oni pubbliche) anche della Commission­e europea.

Se dalla Russia ci arriva meno gas quasi certamente è perché Gazprom non riesce più ad esportare come prima: Mosca ha perso ( in gran parte volontaria­mente) capacità di trasporto su quasi tutti i gasdotti verso l’Europa, da ultimo il Nord Stream – collegamen­to diretto con la Germania, attraverso il Mar Baltico – in cui fino alla settimana scorsa passava oltre la metà delle forniture a continente.

Martedì Gazprom aveva comunicato che avrebbe dovuto ridurre del 40% i flussi nel gasdotto: colpa di un ritardo nelle riparazion­i alla stazione di compressio­ne di Portovaya, in territorio russo, provocato a sua volta dalle sanzioni occidental­i, che impediscon­o alla tedesca Siemens Energy di far rientrare una turbina dal Canada. Ieri il taglio « necessario » è salito al 60%: con la fermata di una terza turbina la portata verrà limitata a 67 milioni di metri cubi al giorno, 100 milioni in meno rispetto alla capacità massima ( che è stata spesso utilizzata negli ultimi mesi).

Il ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, ha reagito male, accusando Mosca di sfruttare i problemi tecnici come un pretesto: « È ovviamente una strategia per destabiliz­zare e far salire i prezzi del gas » . Il viceminist­ro Oliver Krischer si è spinto oltre, ipotizzand­o una sorta di vendetta legata alle vicende di Gazprom Germania: « Non è da escludere un collegamen­to tra di due problemi, uno potrebbe essere la reazione all’altro » . La divisione tedesca di Gazprom è stata di fatto espropriat­a da Berlino, che ne ha affidato a lungo termine la gestione al Bundesnetz­agentur, l’autorità federale dell’energia. Per Mosca è un danno grave, perché la società attraverso una fitta reta di partecipaz­ioni controlla una serie di asset preziosi. Tra questi ci sono enormi depositi di stoccaggio del gas in territorio tedesco, che ora i russi non possono più utilizzare per i propri scopi. E c’è anche una serie di gasdotti che si riconnetto­no proprio a Nord Stream: a Wiga ( joint venture tra Gazprom Germania e Wintershal­l DEA) fanno capo – in parte attraverso Gascade, uno dei gestori delle reti tedesche – quote importanti nelle pipeline Eugal, Opal e Nel, che ricevono il gas russo e lo redistribu­iscono in Germania per inoltrarlo poi al resto d’Europa. Mosca peraltro, complicand­o ulteriorme­nte la situazione, l’ 11 maggio ha deciso di colpire con sanzioni Gazprom Germania ed EuRoPol Gaz, altra jv ( con la polacca PGNiG), che gestiva il gasdotto Jamal- Europe, che ora Gazprom ha smesso di usare. Per la Russia oggi sono questi i veri “problemi tecnici”, ben più seri di una turbina bloccata in Canada.

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