La Polonia verso il sì, ma ora è l’Ungheria a bloccare la Ue
La Polonia sembra ormai vicina a ritirare il veto sulla direttiva Ue che introduce l’imposta globale minima sulle società, ma ieri è stata l’Ungheria a sollevare ulteriori dubbi sulla misura.
Manca ancora nella Ue l’unanimità e quindi il via libera all’accordo raggiunto all’Ocse, lo scorso ottobre, da 136 Paesi, su una nuova aliquota minima dell’imposta sulle società del 15% per le grandi imprese. E non sembra vicina nemmeno l’approvazione delle norme che obbligherebbero le multinazionali del digitale ( come Google di Alphabet, Amazon o Facebook di Meta) a dichiarare profitti e pagare più tasse nei Paesi in cui operano. La Francia, come presidente di turno, ha spinto per una rapida attuazione della direttiva Ue, trovando tuttavia l’opposizione prima della Polonia e ora dell’Ungheria. Secondo fonti vicine ai negoziati, riportate dal Financial Times, il governo di Varsavia avrebbe deciso di accettare l’imposta globale sulle società dopo che la Commissione di Bruxelles si è mostrata disponibile ad approvare, dopo mesi di controlli e rilievi, il piano di ripresa polacco da 36 miliardi di euro. Il governo di Budapest chiede invece che l’aliquota del 15% e la tassa digitale per le multinazionali vengano introdotte contestualmente nella Ue. E, sottolineando i rischi per l’economia legati alla guerra in Ucraina, afferma di non potere sostenere una proposta che potrebbe danneggiare le imprese attive in Ungheria.