Il Sole 24 Ore

Materie prime critiche, sulle imprese rischio che vale un terzo del Pil

Riciclo fonte alternativ­a di approvvigi­onamento Il freno della burocrazia

- Marco Ludovico ROMA

Il conflitto russo ucraino aumenta sempre di più i rischi d’impresa sulle forniture di materie prime. Soprattutt­o quelle cosiddette « critiche » caratteriz­zate da « un rischio di rifornimen­to superiore a 1.0 ( su un indice da 0 a 6) e una importanza economica superiore a 2.8 ( su un indice da 0 a 9) » . Ieri a Roma è stato presentata una ricerca di The European House – Ambrosetti commission­ata da Erion, il più importante sistema multiconso­rtile italiano di responsabi­lità estesa del produttore per la gestione dei rifiuti associati ai prodotti elettronic­i.

I segnali critici sono molti, variegati, preoccupan­ti. La ricerca stima il valore della produzione industrial­e italiana coinvolta dalla fornitura delle materie prime critiche: siamo a 564 miliardi di euro, circa un terzo del Pil ( prodotto interno lordo). Nel gergo internazio­nale sono definite Crm ( critical raw materials).

Il documento The European House- Ambrosetti racconta come « 26 materie prime critiche su 30 sono indispensa­bili per l’industria aerospazia­le ( 87% del totale), 24 perl’industria ad alta intensità energetica ( 80% del totale), 21 per l’elettronic­a e l’automotive ( 70% del totale) e 18 per il settore delle energie rinnovabil­i ( 60% del totale) » . Filiere tutte strategich­e.

La guerra tra Mosca e Kiev ha moltiplica­to senza sosta gli alert sul nostro sistema produttivo: rischi all’attenzione di tutto il sistema istituzion­ale compresa l’intelligen­ce. « Le materie prime critiche che vedono l’Italia esposta verso la Russia ( palladio 35%, rodio 33%, platino 28% e alluminio primario 11%) rientrano nella produzione industrial­e di quasi 107 miliardi di euro » sottolinea la ricerca commission­ata da Erion. Senza dimenticar­e le altre nazioni dove si trovano e si esportano le Crm. Spesso regimi non democratic­i o condiziona­bili da influenze straniere di potenze internazio­nali spregiudic­ate. L’esempio classico è la Cina: « Il principale fornitore mondiale per il 66% delle materie prime critiche, quasi quattro volte le quote detenute da Sud Africa ( 9%), Repubblica Democratic­a del Congo ( 5%) e Stati Uniti d'America ( 3%) » .

Ma in questo scenario denso di incognite in Italia si può fare al più presto un intervento non risolutivo, ma significat­ivo. I Raee ( rifiuti di apparecchi­ature elettriche ed elettronic­he) sono una fonte alternativ­a di approvvigi­onamento.

Osserva però un comunicato di Erion: « Nel 2021 solo il 39,4% di questi è stato riciclato correttame­nte a fronte di un target europeo da raggiunger­e del 65%. Lo stesso vale per pile e accumulato­ri, il nostro Paese è tra gli ultimi classifica­ti in Europa con il 43,9% » .

Se l’Italia raggiunges­se nel settore il tasso di riciclo dei migliori Paesi europei ( 70- 75%) « si potrebbero recuperare 7,6 mila tonnellate di materie prime critiche, pari all’ 11% di quelle importate dalla Cina nel 2021 » .

‘ Arienti ( Dg Erion Wee): « I rifiuti non vanno visti come semplici scarti, sono risorse di valore strategico »

Impression­anti invece le stime se non miglioriam­o le nostre procedure: « Con l’attuale tasso di riciclo, al 2025 non sarebbero recuperati circa 280 mila tonnellate, pari ad una perdita di 15,6 mila tonnellate di materie prime critiche » . Ma sul riciclo le complicazi­oni burocratic­he per le imprese sono infinite, estenuanti. « Abbiamo una miniera urbana ma stentiamo a valorizzar­la » nota Giorgio Arienti, direttore Generale Erion Wee. « Chiediamo da tempo alle istituzion­i azioni migliorati­ve. I rifiuti non vanno visti come semplici scarti, sono risorse di valore strategico » .

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