Materie prime critiche, sulle imprese rischio che vale un terzo del Pil
Riciclo fonte alternativa di approvvigionamento Il freno della burocrazia
Il conflitto russo ucraino aumenta sempre di più i rischi d’impresa sulle forniture di materie prime. Soprattutto quelle cosiddette « critiche » caratterizzate da « un rischio di rifornimento superiore a 1.0 ( su un indice da 0 a 6) e una importanza economica superiore a 2.8 ( su un indice da 0 a 9) » . Ieri a Roma è stato presentata una ricerca di The European House – Ambrosetti commissionata da Erion, il più importante sistema multiconsortile italiano di responsabilità estesa del produttore per la gestione dei rifiuti associati ai prodotti elettronici.
I segnali critici sono molti, variegati, preoccupanti. La ricerca stima il valore della produzione industriale italiana coinvolta dalla fornitura delle materie prime critiche: siamo a 564 miliardi di euro, circa un terzo del Pil ( prodotto interno lordo). Nel gergo internazionale sono definite Crm ( critical raw materials).
Il documento The European House- Ambrosetti racconta come « 26 materie prime critiche su 30 sono indispensabili per l’industria aerospaziale ( 87% del totale), 24 perl’industria ad alta intensità energetica ( 80% del totale), 21 per l’elettronica e l’automotive ( 70% del totale) e 18 per il settore delle energie rinnovabili ( 60% del totale) » . Filiere tutte strategiche.
La guerra tra Mosca e Kiev ha moltiplicato senza sosta gli alert sul nostro sistema produttivo: rischi all’attenzione di tutto il sistema istituzionale compresa l’intelligence. « Le materie prime critiche che vedono l’Italia esposta verso la Russia ( palladio 35%, rodio 33%, platino 28% e alluminio primario 11%) rientrano nella produzione industriale di quasi 107 miliardi di euro » sottolinea la ricerca commissionata da Erion. Senza dimenticare le altre nazioni dove si trovano e si esportano le Crm. Spesso regimi non democratici o condizionabili da influenze straniere di potenze internazionali spregiudicate. L’esempio classico è la Cina: « Il principale fornitore mondiale per il 66% delle materie prime critiche, quasi quattro volte le quote detenute da Sud Africa ( 9%), Repubblica Democratica del Congo ( 5%) e Stati Uniti d'America ( 3%) » .
Ma in questo scenario denso di incognite in Italia si può fare al più presto un intervento non risolutivo, ma significativo. I Raee ( rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) sono una fonte alternativa di approvvigionamento.
Osserva però un comunicato di Erion: « Nel 2021 solo il 39,4% di questi è stato riciclato correttamente a fronte di un target europeo da raggiungere del 65%. Lo stesso vale per pile e accumulatori, il nostro Paese è tra gli ultimi classificati in Europa con il 43,9% » .
Se l’Italia raggiungesse nel settore il tasso di riciclo dei migliori Paesi europei ( 70- 75%) « si potrebbero recuperare 7,6 mila tonnellate di materie prime critiche, pari all’ 11% di quelle importate dalla Cina nel 2021 » .
‘ Arienti ( Dg Erion Wee): « I rifiuti non vanno visti come semplici scarti, sono risorse di valore strategico »
Impressionanti invece le stime se non miglioriamo le nostre procedure: « Con l’attuale tasso di riciclo, al 2025 non sarebbero recuperati circa 280 mila tonnellate, pari ad una perdita di 15,6 mila tonnellate di materie prime critiche » . Ma sul riciclo le complicazioni burocratiche per le imprese sono infinite, estenuanti. « Abbiamo una miniera urbana ma stentiamo a valorizzarla » nota Giorgio Arienti, direttore Generale Erion Wee. « Chiediamo da tempo alle istituzioni azioni migliorative. I rifiuti non vanno visti come semplici scarti, sono risorse di valore strategico » .