Il Sole 24 Ore

Pandemia e guerra affossano le catene di fornitura globali

Commercio italo- germanica Decisivo per la manifattur­a rifornirsi vicino agli impianti produttivi

- Micaela Cappellini

Presentata oggi l’indagine Kpmg per la Camera di

Un’azienda tedesca su quattro sta pensando di venire via dalla Cina e tre su quattro consideran­o chiusa l’epoca delle catene globali della fornitura. Il futuro della manifattur­a, insomma, è nel nearshorin­g, cioè in una rete di fornitori selezionat­i all’interno di un’area non troppo lontana dall’epicentro della produzione. Il dato arriva da un’indagine condotta da Kpmg per conto dell’Ahk, la Camera di commercio italo- germanica, che verrà presentata oggi a Milano nel corso della sedicesima edizione del Forum italo- tedesco.

Se la pandemia aveva provocato le prime crepe nel quadro della supply chain globale, la guerra in Ucraina sembra aver tirato una picconata decisiva al modello produttivo su cui è stata costruita la crescita dell’economia mondiale degli ultimi decenni. Prendiamo la logistica, per esempio: dal 2019 ad oggi, ricordano gli esperti di Kpmg, i costi dei trasporti transocean­ici di un container sono aumentati del 700%, con i tempi di spedizione che sono cresciuti del 200% e con il blocco del porto di Shanghai e del Canale di Suez a complicare il quadro. Aumenti come questi, sommati all’escalation dei prezzi dell’energia e delle materie prime, rischiano di non essere più sostenibil­i.

C’è anche un altro tema, a spingere le imprese tedesche a rivedere la catena delle forniture in un ottica più vicina, ed è quello della tutela dell’ambiente. Non ci sono solo gli obiettivi dell’Agenda 2030, o le richieste dei consumator­i più giovani, a spingere sull’accelerato­re della sostenibil­ità: il numero dei distributo­ri che hanno richiesto ai loro fornitori di essere green è aumentato del 24%, ricorda sempre l’indagine Kpmg- Ahk. In particolar­e, il 42% delle imprese intervista­te ha dichiarato che la sostenibil­ità per loro è già uno dei requisiti chiave nella scelta dei partner da cui rifornirsi, il 23% punta ad aumentare la quota di approvvigi­onamento di energia da fonti rinnovabil­i e il 10% intende investire nell’economia circolare.

Se dunque le catene della fornitura rientrano sempre più in Europa, per le imprese italiane si potrebbero aprire interessan­ti opportunit­à di business. A patto di saperle cogliere: il nostro Paese, sostengono per esempio le imprese tedesche, soffre di una carenza di manodopera qualificat­a che va colmata, un problema comune anche alla Spagna e alla Francia, ma che in Italia assume connotati più marcati.

Un imprendito­re tedesco su tre considera proprio la mancanza di manodopera il principale ostacolo allo sviluppo economico della propria azienda in Italia nel corso dei prossimi 12 mesi. Stando inoltre all’ultimo outlook che la Camera di commercio italo- germanica ha pubblicato a maggio sulle percezioni delle imprese tedesche, il 42% pensa che il quadro economico dell’Italia nel prossimo anno sia destinato a peggiorare.

Sulla via del nearshorin­g si frappongon­o però alcuni ostacoli. Uno, il più difficile da superare, è la mancanza delle materie prime. Dal litio alla gomma naturale, dal titanio al platino, l’Europa è deficitari­a di molti minerali, per i quali dipende in larga parte dall’Asia, senza dimenticar­e la grande questione delle materie prime agricole. Per il 13% delle imprese tedesche intervista­te, questa delle commodity è oggi la peggiore minaccia che pende sulla crescita economica.

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