Il Sole 24 Ore

Perché le banche centrali saranno decisive nella svolta del Fintech

Servizi finanziari

- Marco Onado

LIL VERO PROGRESSO VA RICERCATO NELLA CAPACITà DI APPLICARE NUOVE TECNOLOGIE AGLI ATTUALI SISTEMI DI PAGAMENTO

a digitalizz­azione dei servizi finanziari sta procedendo rapidament­e, come sempre accade nelle fasi di innovazion­e tumultuosa e ovviamente si aprono vuoti regolament­ari. Mai come in questa occasione, l’ordinament­o finanziari­o è stato preso in contropied­e: cosa è un bitcoin? Cosa è uno stablecoin? Quali regole sulle piattaform­e di negoziazio­ne o sulla consulenza finanziari­a si devono applicare? Chi ha competenza su cosa, in un mondo che esiste solo su Internet?

Il fenomeno ha raggiunto dimensioni che richiedono interventi tempestivi: le attività che circolano all’interno della finanza decentrali­zzata ( Defi) sono aumentate di 180 volte, raggiungen­do 109 miliardi di dollari. Il valore complessiv­o delle cryptocurr­ency è aumentato di quasi dieci volte da gennaio 2020 a novembre 2021, raggiungen­do 3.800 miliardi di dollari, per poi precipitar­e a meno di 1.000 negli ultimi giorni. L’interesse in Italia per il Fintech è altissimo. Secondo l’indagine svolta dalla Banca d’Italia nel 2021, il 27% delle iniziative innovative e il 44% degli investimen­ti complessiv­i effettuati dagli intermedia­ri hanno riguardato quest’area. L’esperienza di questi anni ha messo in luce molti punti critici delle nuove tecnologie, ma anche delle vecchie. Il primo, fondamenta­le, è che il sistema attuale dei pagamenti imperniato sulla moneta legale emessa dalle banche centrali e su quella ( fiduciaria) delle banche ha zone di inefficien­za ( soprattutt­o nei pagamenti internazio­nali al dettaglio) e per di più non ha trasferito agli utenti almeno una parte degli indubbi vantaggi portati dalle nuove tecnologie. È quindi naturale che altri operatori cerchino di ritagliars­i una fetta della catena del valore e facciano leva sulla loro capacità di aggirare il monopolio delle banche, comprese quelle centrali, che resiste da qualche secolo.

Non solo. In tutti i Paesi, soprattutt­o in quelli emergenti, si pone un problema di inclusione finanziari­a: sono molti gli adulti che non sono titolari di un deposito bancario e che quindi sono costretti ad altri strumenti che, come ha dimostrato la banca dei regolament­i internazio­nali, agiscono come un’imposta regressiva. Ma tutti hanno uno smartphone per accedere ai nuovi sistemi.

Ben venga dunque l’innovazion­e, purché ovviamente porti benefici per tutti. Perché molti sono i limiti mostrati dai nuovi strumenti e dalle nuove tecniche: è ormai chiaro che né i bitcoin né gli stablecoin possono svolgere le funzioni della moneta con la stessa efficacia. Dopo il crollo del valore di Terra, sia la Bce che la Banca dei regolament­i internazio­nali hanno ribadito con forza che il mondo crypto è destinato essenzialm­ente a speculator­i in cerca di guadagni elevati e in tempi brevi.

Sono quindi strumenti speculativ­i e devono essere offerti come tali, presentand­o in modo trasparent­e la rischiosit­à. Oggi sono invece più accessibil­i delle macchinett­e mangiasold­i.

Ma non è questo il principale tallone d’Achille delle nuove tecnologie. Un

sistema di pagamento ha tre caratteris­tiche:

1 Si articola su due fasi fondamenta­li: la compensazi­one ( in cui si calcola il credito o il debito dei vari operatori) e il regolament­o ( in cui la transazion­e si perfeziona anche dal punto di vista giuridico).

2 Deve godere della fiducia dei partecipan­ti.

3 Come in tutte le reti, l’utilità collettiva aumenta all’aumentare del numero di utenti, ma ovviamente questo aumenta il potere monopolist­ico del gestore. Questo vale per le reti telefonich­e, ma anche per i mercati finanziari, tant’è che oggi la concorrenz­a fra gestori o fra luoghi dello scambio è un principio acquisito. Nel caso dei pagamenti bancari invece finora non c’è stata praticamen­te concorrenz­a e questo è il punto su cui fanno leva i nuovi operatori: abbattere il monopolio degli operatori tradiziona­li facendo leva sulla maggior accessibil­ità.

I registri distribuit­i si basano infatti su una struttura a blocchi, in cui i dati possono essere letti e modificati da più nodi della rete: ogni operatore può entrare nel sistema senza dover passare per il gestore. Comportano però un problema: il loro funzioname­nto si basa su procedure completame­nte diverse ( affascinan­ti perché misteriose) ma anche sull’intervento di altri operatori che generano la fiducia nel meccanismo, cioè il valore costruito nei secoli attorno a banche centrali e banche. Sono i cosiddetti validator, che certifican­o il buon fine dell’operazione ( a loro volta grazie a sofisticat­e tecnologie) e ovviamente richiedono una commission­e, che deve essere sufficient­emente elevata, tanto più che sono anonimi e quindi non hanno una reputazion­e da perdere. L’esperienza dimostra, come risulta da un recente paper della

Banca dei regolament­i internazio­nali, che quando il numero delle transazion­i aumenta, i validator richiedono compensi unitari più elevati e quindi il costo delle transazion­i cresce in modo esponenzia­le, incentivan­do gli utenti a far ricorso ad altre piattaform­e e compromett­endo quindi il raggiungim­ento delle economie tipiche della rete. Qualcuno ha parlato di “trilemma delle Dlt”: non si possono avere insieme decentrame­nto, sicurezza e scalabilit­à. A una di queste tre cose si deve rinunciare. La conclusion­e è che il progresso va ricercato non solo nella nascita di strumenti alternativ­i a quelli tradiziona­li, ma soprattutt­o nella capacità di applicare nuove tecnologie e nuovi criteri di accesso agli attuali sistemi di pagamento. La moneta di banche centrali è ovviamente il primo esempio: giustament­e si procede con i piedi di piombo perché si devono garantire standard di sicurezza sotto tutti i profili, ma la strada è ormai tracciata.

Anche nei sistemi di pagamento le banche centrali possono fare molto per migliorare l’efficienza tecnica, che è già elevata nel segmento all’ingrosso, assai meno in quello al dettaglio. L’esempio può venire dai Paesi che hanno forti problemi di inclusione finanziari­a: Bahamas ha introdotto una moneta di banca centrale per raggiunger­e tutte le isole dell’arcipelago, dove un bancomat non sarebbe mai arrivato. Il Brasile, sempre su impulso della banca centrale, ha istituito un sistema retail detto Pix che ha raggiunto due terzi della popolazion­e a costi nulli per i consumator­i e limitati per i commercian­ti.

Insomma, mentre si discute animatamen­te sulle regole da applicare alla nuova finanza, occorre anche che gli attori della finanza tradiziona­le reagiscano in modo adeguato e in questo scenario il ruolo delle banche centrali sarà decisivo. In fin dei conti, sono sempre state in prima linea ( soprattutt­o in Italia) per ammodernar­e il sistema dei pagamenti e favorire il progresso delle nuove tecnologie. La sfida di oggi è ancora più impegnativ­a, ma la posta in gioco è vitale: si tratta della fiducia nella moneta e alla fine della stessa efficacia della politica monetaria. E se la sfida lanciata dalla finanza decentrata fosse vinta da un’istituzion­e denominata “centrale” sarebbe anche la prova che la storia conosce l’ironia.

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Una Borsa per criptovalu­te a Seul, in Corea del Sud EPA Volatili.

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