ENERGIA E TRASPORTI: L’URGENZA DI AGIRE PER EVITARE IL DECLINO
Se si guardassero i dati di mercato puri e semplici si dovrebbe fare un salto sulla sedia dalla meraviglia. Nel 2021 la ceramica italiana ha recuperato ampiamente i livelli pre- Covid ( si veda l’articolo accanto) avvicinando i risultati del 2007, quelli registrati prima della crisi globale dei mutui subprime. Preistoria. Per sintetizzare con due immagini: la crescita del 2021 sul mercato interno, spinta anche da 24 miliardi di superbonus ristrutturazioni, è stata pari all’export totale in Francia; il mercato americano, grazie alla crescita tumultuosa del Pil Usa, ha recuperato in un anno le perdite degli ultimi cinque.
Leggendo e rileggendo questi numeri si può solo ribadire che il distretto della ceramica di Sassuolo continui a volare. Ma fino a quando il calabrone – privo di materie prime, costretto a fronteggiare un costo del lavoro molto più alto rispetto alla concorrenza cinese, turca e spagnola, che reclama da anni una bretella stradale di pochi chilometri – potrà resistere sui mercati globali?
La risposta degli imprenditori è semplice: fino a quando la domanda sarà sostenuta come nel 2021, un anno eccezionale. Perché se si analizza la struttura dei costi si capisce al volo come l’allarme lanciato dal presidente di Confindustria ceramica Giovanni Savorani sia più che fondato. Il prezzo del gas è aumentato del 500% rispetto a marzo del 2021 e minaccia di rimanere a questi livelli fino alla fine del 2023. A cascata, anche gli extracosti per le materie prime, i trasporti e la logistica hanno toccato il picco e rimarranno ai valori attuali. Siamo intorno a 1,5 miliardi di crescita dei costi su sei miliardi di fatturato del settore. Senza mettere nel conto le argille che il distretto andrà a comprare in Germania, a prezzi ben più alti, per compensare il fermo dell’Ucraina, fornitore attuale.
Con una domanda calante la mazzata può essere letale. Perché il distretto, fino a oggi, ha utilizzato i margini, intorno al 10% lordo, per finanziare gli investimenti, il 5,6% del fatturato annuo, un dato record per la manifattura italiana. Così sono nate le grandi lastre extra- sottili, le superfici autoigenizzanti anti- Covid, le piastrelle luminescenti per le gallerie, gli impianti a bassa emissione. Un’innovazione autofinanziata che ha scavato il gap competitivo con la concorrenza globale. Un meccanismo che, a margini assottigliati e tassi d’interesse in crescita, potrebbe incepparsi.
Per questo è inspiegabile che a tre mesi dal decreto energia non siano stati emanati i provvedimenti attuativi che assicurerebbero ai settori energivori due miliardi di metri cubi di gas in dieci anni. Una misura che vale tre miliardi annui per quattro anni, di cui 600 milioni per la ceramica. Per questo è altrettanto inspiegabile che la bretella Sassuolo- Campogalliano, cruciale per il movimento delle merci su Tir sia al palo da oltre dieci anni. E che, in piena emergenza trasporti, per agosto sia programmato un fermo di quattro settimane di Dinazzano, lo scalo ferroviario di riferimento del distretto e del Ponte della Veggia, strategico per i Tir.
Infine il settore paga sulla propria pelle – e non smette di sottolinearlo – l’inefficienza del sistema degli Ets, i diritti di emissione che a causa della speculazione finanziaria sono passati da circa 5 euro euro alla tonnellata a metà 2018 agli 85 euro di ieri. Una beffa che va a colpire proprio le imprese che stanno più investendo per abbattere le emissioni di anidride carbonica.
Per una volta un settore che lancia l’allarme prima che i buoi scappino. Ma il tempo per chiudere la porta della stalla non è infinito.