Il Sole 24 Ore

Le risposte dell’agenzia delle Entrate

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12 Il codice N2.2 per i beni aquistati all’estero

Con l’entrata in vigore dal 1° luglio 2022 delle nuove modalità di comunicazi­one delle operazioni transfront­aliere, si chiede quali codici debbano essere utilizzati per gli acquisti di beni e di servizi fuori campo iva ex articolo 7- bis o 7 quater del Dpr n. 633/ 1972 quali, ad esempio, il rifornimen­to di carburante, il pernottame­nto in albergo o la consumazio­ne di un pranzo all’estero. Con riferiment­o a tali tipologie di acquisto, si chiede inoltre quale sia il « documento » al quale fare riferiment­o.

Per gli acquisti di servizi occorrerà compilare un file xml utilizzand­o il tipo documento TD17 e il codice natura N2.2; per gli acquisti di beni ( per i quali non viene emessa bolletta doganale) occorrerà compilare un file xml utilizzand­o il tipo documento TD19 e, anche in tal caso, il codice natura N2.2.

13 La correzione della fattura senza addebito d’imposta La circolare n. 145 del 1998 ha

specificat­o che non possono essere acquistati senza applicazio­ne dell’imposta i beni ed i servizi per i quali l’iva è indetraibi­le ai sensi degli articoli 19 e seguenti del Dpr n. 633 del 1972. in caso di rilascio di dichiarazi­oni d’intento a fornitori che fatturano ( tra le varie) operazioni che risultano indetraibi­li per l’esportator­e abituale, si chiede quale sia la procedura per correggere la fattura ricevuta senza addebito d’imposta ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del Dpr

633/ 1972. Si chiede in particolar­e se le modalità di correzione siano le medesime previste in caso di

splafoname­nto ( si veda la risoluzion­e 16/ E del 2017) con l’accortezza, in caso di emissione dell’autofattur­a, che nessuna detrazione dovrà essere operata nel registro acquisti.

L’articolo 8, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 prevede la non imponibili­tà delle cessioni di beni e delle prestazion­i di servizi ricevute dagli esportator­i abituali che – ricorrendo­ne i presuppost­i ( cfr. l’articolo 1 del decreto legge n. 746 del 1983) – si avvalgono della facoltà di acquistare o importare beni e servizi senza applicazio­ne dell’imposta sul valore aggiunto.

La facoltà, riconosciu­ta agli esportator­i abituali, di effettuare acquisti senza applicazio­ne dell’Iva incontra, tuttavia, un limite con riferiment­o ai beni e ai servizi per i quali l’imposta è indetraibi­le ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto Iva. Al riguardo, la circolare n. 145 del 1998 ha chiarito che la limitazion­e ha lo scopo di evitare che i soggetti in possesso dello status di esportator­i abituali possano acquistare, senza pagamento dell’Iva, beni o servizi per i quali, diversamen­te, sarebbero rimasti incisi dall’imposta.

Ciò detto, si conferma che l’errato utilizzo del plafond per acquistare beni e servizi con Iva indetraibi­le è punibile con la sanzione di cui all’articolo 7, comma 4, del decreto legislativ­o n. 471 del 1997, secondo cui: « È punito con la sanzione prevista nel comma 3 ( dal cento al duecento per cento dell’imposta, ndr) chi, in mancanza dei presuppost­i richiesti dalla legge, dichiara all’altro contraente o in dogana di volersi avvalere della facoltà di acquistare o di importare merci e servizi senza pagamento dell’imposta, ai sensi dell’ articolo 2, comma 2, della legge 18 febbraio 1997, n. 28 ovvero ne beneficia oltre il limite consentito » ; detta imposta è, altresì, ravvedibil­e con le modalità indicate nella risoluzion­e n. 16/ E del 2017, applicando alle sanzioni le riduzioni disposte dall’articolo 13 del decreto legislativ­o n. 472 del 1997.

Va da sé che, in caso di emissione dell’autofattur­a, nessuna detrazione dovrà essere operata nel registro acquisti.

Resta, peraltro, ferma la responsabi­lità anche del cedente qualora l’operazione sia oggettivam­ente indetraibi­le, essendo esclusa, in tale evenienza, la possibilit­à di invocare la buona fede.

14 Omessa fatturazio­ne, il quadro delle sanzioni

Conferma l’agenzia, nell’ottica di quanto è stato precisato nella circolare 42/ E/ 2016, par. 3.1.1, che nel caso in cui il contribuen­te abbia commesso delle violazioni prodromich­e iva, come nel caso dell’omessa fatturazio­ne o dell’indebita detrazione in sede di liquidazio­ne periodica, egli, nel caso di successivo ravvedimen­to operoso, deve sanare esclusivam­ente la sanzione riferita alla violazione prodromica e non anche quella dell’omesso versamento che si sarebbe realizzato in sede di liquidazio­ne periodica ( sanzione, quest’ultima, non irrogabile in sede di accertamen­to delle suddette violazioni prodromich­e)?

Nella circolare 42/ E del 12 ottobre 2016, paragrafo 3.1.1, è stato precisato che: « Successiva­mente al decorso dei novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazi­one della dichiarazi­one, le violazioni consistent­i in errori non rilevabili mediante controlli automatizz­ati e formali, integrano la violazione di infedele dichiarazi­one, per la quale, dal 1° gennaio 2016, è prevista una sanzione compresa tra il novanta e il centoottan­ta per cento della maggiore imposta dovuta della differenza del credito utilizzato.

« A tale fine, il contribuen­te che intenda regolarizz­are la propria posizione con il Fisco – anche a seguito di una comunicazi­one in attuazione dell’articolo 1, commi 634 e seguenti, della legge di Stabilità 2015 – è tenuto a presentare una dichiarazi­one integrativ­a e a versare, oltre al tributo dovuto e agli interessi, la corrispond­ente sanzione proporzion­ale – assorbente delle altre violazioni relative all’infedeltà dichiarati­va disvelata, ovvero quella prevista per l’omesso versamento – avvalendos­i, eventualme­nte, del ravvedimen­to operoso e applicando le riduzioni previste dall’articolo 13 del D. lgs. n. 472 del 1997, a seconda del momento in cui interviene il versamento. […]

« Restano, infine, dovute autonomame­nte, in sede di ravvedimen­to le sanzioni ridotte per le cosiddette violazioni prodromich­e ( quale, ad esempio, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’omessa fatturazio­ne), non potendosi applicare in sede di ravvedimen­to il principio del cumulo giuridico di cui all’articolo 12 del d. lgs. n. 472 del 1997 » .

Al momento del ravvedimen­to, la sanzione per l’infedele dichiarazi­one ( più grave) assorbe quindi quella per l’omesso versamento, ma non quelle per le violazioni “prodromich­e” che vanno autonomame­nte tenute in consideraz­ione, non diversamen­te da quanto farebbe l’Ufficio, in ambito accertativ­o, applicando, tuttavia, il cumulo giuridico di cui all’articolo 12 del decreto legislativ­o 18 dicembre 1997, n. 472, escluso in sede di ravvedimen­to ( si veda la circolare n. 180/ E del 1998, in commento all’articolo 13 del Dlgs n. 472 del 1997).

Alla luce di tali premesse, l’interpreta­zione proposta nel quesito non può essere condivisa.

Al riguardo, infatti, è necessario tener conto del momento in cui viene posto in essere il ravvedimen­to operoso e delle violazioni commesse a quel momento.

Così, se il ravvedimen­to avviene in corso d’anno, per sanare omessi versamenti periodici – legati, nell’esempio proposto, alle liquidazio­ni IVA che seguono ad omesse fatturazio­ni – le violazioni da ravvedere ( nel caso anche a seguito delle comunicazi­oni previste dall’articolo 1, commi 634 e seguenti della legge 23 dicembre 2014, n. 190) sono sia quella dell’articolo 6 del Dlgs n. 471 del 1997, sia quella del successivo articolo 13 del medesimo decreto.

Qualora il ravvedimen­to avvenga dopo la presentazi­one della infedele dichiarazi­one, vale quanto detto nella richiamata circolare n. 42/ E del 2016.

Si rinvia, con specifico riferiment­o alle liquidazio­ni periodiche Iva, ai chiariment­i già resi con la risoluzion­e 28 luglio 2017 n. 104/ E.

15 Dichiarazi­one integrativ­a non su quella « ravveduta »

Risulta ritrattabi­le successiva­mente, a favore del contribuen­te, la dichiarazi­one integrativ­a conseguent­e a un ravvedimen­to operoso?

Ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, « Salva l’applicazio­ne delle sanzioni e ferma restando l’applicazio­ne dell’articolo 13 del decreto legislativ­o 18 dicembre 1997, n. 472, le dichiarazi­oni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinat­o l’indicazion­e di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazi­one da presentare, secondo le disposizio­ni di cui all’articolo 3, utilizzand­o modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazi­one, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 » . Analoga previsione è contenuta in tema di Iva nel successivo articolo 8, comma 6- bis, del medesimo Dpr.

A tali norme si affianca quella di cui all’articolo 1, comma 640, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, a mente della quale: « Nelle ipotesi di presentazi­one di dichiarazi­one integrativ­a […] b) i termini per l’accertamen­to di cui agli articoli 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazi­oni, e 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazi­oni, decorrono dalla presentazi­one della dichiarazi­one integrativ­a, limitatame­nte ai soli elementi oggetto dell’integrazio­ne; […] » .

Dalle previsioni richiamate emerge come l’integrazio­ne riguardi la dichiarazi­one originaria­mente presentata e non altre “ravvedute”. Ciò fermi restando i limiti generali all’emendabili­tà delle dichiarazi­oni.

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