L’analisi L’INGRESSO IN PARTITA DELL’EUROPA
Forse non è casuale la perfetta sincronia tra la visita a Kiev dei tre Grandi dell’Unione europea e membri del G7 e l’ennesima riunione a Bruxelles dei ministri della Difesa Nato che hanno ribadito il pieno sostegno militare all’Ucraina. E forse niente meglio di insulti e derisione scaricati ieri dall’ex- presidente russo Dimitri Medvedev contro « i mangia- rane, salsicce e spaghetti la cui missione certo non avvicinerà la pace » poteva dare la misura di quanto urticante sia per Mosca l’ « invasione » di Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Mario Draghi nei domini del suo impero perduto.
Una visita storica e simbolica: è la prima, al 112mo giorno di guerra, dei leader di Germania, Francia e Italia, i pesi massimi dell’Unione, ( cui si è aggiunta la Romania), che approdano nel paese martoriato dall’aggressione russa buoni ultimi dopo il pellegrinaggio continuo a Kiev dei colleghi del Nord- Est e dei presidenti di Commissione e Consiglio Ue. Finora la triplice ha troppo spesso oscillato tra guerra e pace, solidarietà agli ucraini con aiuti militari, economici e umanitari e necessità di dialogare e non umiliare la Russia. Per questo ha scavato un solco di incomprensioni e diffidenze nei paesi a ridosso della guerra, exsatelliti dell’ex- Urss molto più netti sulle scelte di campo da fare. In questo senso il viaggio a Kiev risalda insieme le due metà dell’Unione. Offre la prova plastica di unità e solidarietà intraeuropea di cui si sentiva il bisogno a Kiev come a Bruxelles. E a Washington, soprattutto quando la Cina di Xi rinnova il sostegno a Putin pur auspicando la fine del conflitto. « L’aggressione all’Ucraina è un’aggressione contro tutta l’Europa e i nostri valori. La Russia non vuole la pace ma solo la guerra » è tornato a martellare ieri il presidente Volodymir Zelensky ai suoi interlocutori che gli hanno promesso più armi ma soprattutto la concessione « immediata » dello status di candidato all’ingresso nell’Ue. Un segnale politicamente forte che però dovrà ottenere il via libera unanime dei 27 al vertice Ue del 23- 24 a Bruxelles. Un passo indietro o soluzioni fumose sarebbero a questo punto una sconfitta per l’Europa ancor più che per l’Ucraina. In Donbass la guerra al momento va male per gli ucraini, alle promesse di armi troppo spesso non sono seguite forniture. Alle sanzioni energetiche Ue diluite nel tempo per non farsi troppo male, la Russia risponde tagliando le vendite di gas ora anche a Germania e Italia irridendo una strategia che, ha dichiarato ieri il vicepremier russo, imporrà agli europei un salasso di 400 miliardi in più di rincari energetici. Disinformazione, guerra psicologica? Anche. Resta che ormai la guerra sta logorando un po’ tutti. Gli ultimi sondaggi segnalano stanchezza nelle opinioni pubbliche Ue. Le stesse gradassate di Mosca sembrano punture auto- consolatorie. Forse è il momento buono per i pompieri europei in cerca di una via d’uscita. Ma quale? « La Russia non deve vincere e l’Ucraina non deve perdere » , la formula Scholz sembra l’oracolo della Sibilla Cumana più che una concreta proposta di mediazione. Che in realtà al momento non ha spazio perché non trova le premesse sul campo. A meno che l’Ucraina non sia disposta a cedere territori. Il che non sembra. Né l’Unione avrebbe la forza di imporglielo. La verità è che l’Europa oggi cerca di non limitarsi a subire solo i danni di una guerra devastante alle porte di casa ma di pesare politicamente al tavolo dei futuri negoziati che riguarderanno anche la sua sicurezza presente e futura. Per ora gli indiscussi protagonisti sono altri: Russia, Stati Uniti, Cina e Ucraina. Senza un’unione credibile, l’Europa non può sperare di dire la sua. Con il viaggio di Kiev, Scholz, Macron e Draghi puntano a farla entrare in partita.