La scure di Mosca ( per ora) impatta poco sull’Italia
Il gas non consegnato a Eni una parte minima dei volumi che arrivano nel Paese
Il secondo giorno consecutivo in cui Gazprom fornisce all'Eni quantitativi di gas inferiori alle richieste comincia a destare preoccupazioni in Italia. Al momento, però, sono più che altro interrogativi sulle reali intenzioni della controparte russa, che non ricadute effettive sulla capacità di fare fronte al fabbisogno di gas nel paese. Una situazione che trova conferma in questo detto ieri dal ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in occasione del question time al Senato. « Stiamo monitorando attentamente » per capire se il rallentamento di flussi del gas dalla Russia sia dovuto « a problemi tecnici o ad una vera e propria rappresaglia » , ha detto. Il punto è proprio questo: capire dove vuole arrivare Gazprom, che al momento fa filtrare informazioni su problemi tecnici legate ai “disservizi” che stanno creando problemi analoghi alla Germania.
Ma quanto pesano i tagli alle forniture che in questi giorni sta subendo l'Eni? In realtà poco o niente. Se si vanno a guardare i dati forniti quotidianamente sul sito di Snam si vede che l’offerta di gas che viene importato nel paese attraverso canali diversi è ben maggiore rispetto alla domanda. Ieri il fabbisogno giornaliero era attorno a 160 milioni di metri cubi contro 200 milioni di metri cubi presenti nella rete. Di questo differenziale di 40 milioni di metri cubi, ben 36 milioni è stato immesso negli stoccaggi. Tutto sommato non è andata neanche male, anche se durante la stagione estiva sarebbe auspicabile che il riempimento degli stoccaggi andasse a pieno ritmo per poter arrivare in autunno ad avere un tasso del 90% e affrontare come maggiore tranquillità il rischio di un taglio alle forniture mentre si avvicina l’inverno. I quantitativi non consegnati da Gazprom a Eni sono una parte molto contenuta rispetto ai volumi che arrivano giornalmente in Italia. Il contratto per il gas che arriva dal Tarvisio ieri vedeva transitare circa 40 milioni di metri cubi di gas: i russi hanno tagliato circa il 30%, quindi si tratta di nemmeno 15 milioni di metri cubi. Da inizio anno, poi, Gazprom non è più il primo fornitore dell'Italia, ma è l’Algeria, con oltre 60 milioni di metri cubi giornalieri. Poi ci sono gli approvvigionamenti che arrivano con il gasdotto Tap e il gas prodotto dai pochi rigassificatori. Dunque, se i tagli di questi giorni non fossero riconducibili a cause tecniche ma fossero l’inizio di una nuova fase di tensione con Mosca non ci sarebbero comunque implicazioni significative per il fabbisogno nazionale. Questo, però, non deve creare l’illusione che la situazione sia tranquilla. Tutt’altro: l’effetto al quale sembra puntare ancora una volta Mosca è l’impatto psicologico che queste forme di incertezza generano sui mercati innescando una spirale al rialzo dei prezzi del gas prima e dell’energia elettrica, poi. Alimentando quella pericolosa volatilità che, tra le altre cose, espone i trader del gas al rischio di trovarsi a corto di liquidità ( perchè sono obbligati a depositare importanti garanzie cash a fronte dei contratti di acquisto che lievitano al crescere dei prezzi) e dunque
Cingolani: « Stiamo monitorando attentamente per capire se si tratta di problemi tecnici o rappresaglia »
a rischiare situazione di default. Proprio quel tipo di problema che si vuole evitare mettendo un tetto al prezzo del gas.
« La situazione è ancora sotto controllo – ha detto ieri Cingolani – per altri Paesi è più pesante; vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni, perché potrebbe essere una fluttuazione indotta da problemi tecnici, del tipo che non arrivano componenti per le sanzioni per le stazioni di pompaggio o potrebbe essere, invece, una vera e propria rappresaglia di fornitura, chiamiamola così » . Il ministro ha poi aggiunto: « dal mio punto di vista forse è arrivato il momento di rivedere il Pitesai cercando di ridurre il gas totale, ma nello stesso tempo aumentando il gas che ci servirà dai nostri giacimenti » .