Conte- Di Maio, resa dei conti che coinvolge Draghi e Letta
Diciamo pure che Di Maio non ha avuto un’occasione per parlare ma due. La prima, il risultato deludente delle comunali; la seconda, è il passaggio di Draghi in Parlamento - il 21 - prima del vertice Ue. La vicinanza di queste due scadenze ha portato il ministro degli Esteri a rompere non solo il silenzio ma anche un’ipocrisia strisciante tra lui e il suo capo politico. A nessuno era sfuggito che quando Conte criticava le scelte del Governo sulla guerra - chiedendo uno stop all’invio delle armi - l’attacco era al titolare della Farnesina. E ieri lui ha risposto, contestando, a sua volta, le ambiguità dell’ex premier in politica estera e pure quell’atteggiamento – simile a Salvini – un po’ di lotta e un po’ di Governo. « Non si può attaccare l’Esecutivo un giorno sì e uno no » . E non si è fermato perché Di Maio ha messo all’indice pure l’assenza di democrazia interna. « Parlo a voi cronisti perché non esistono luoghi di discussione » . Insomma, il “dualismo” che era sottotraccia è emerso. E il conflitto in Ucraina diventa il campo di battaglia interno dove due visioni entrano in collisione.
Certo, se il risultato delle amministrative non fosse stato brutto, ieri nessuno avrebbe parlato. Ma in politica funziona così, che ha torto chi perde. Il punto è capire cosa farà Conte. Perché l’ex premier ha risposto con la stessa durezza, accusando Di Maio di aver gestito in passato i 5 Stelle da capo assoluto, senza democrazia interna, e ha derubricato il coro a sostegno del ministro come fibrillazioni in vista del voto sul doppio mandato parlamentare. In pratica, secondo lui tutto nasce perché non vogliono mollare il seggio. Ma questo, però, è solo un pezzo del problema.
L’altro grande tema è la doppia identità del
Movimento, per esempio sul sostegno a Draghi. Il punto allora è se Conte userà lo stop al doppio mandato per escludere dalle liste l’area di Di Maio e risolvere così la questione dell’identità, non con una discussione interna ma con una regola. Come segnalava il senatore Primo Di Nicola, la linea sulla collocazione internazionale andrebbe discussa e chiarita, ma non è mai successo. Per questo il voto del 21 giugno diventa il primo passaggio per capire la piega che prenderà questo scontro. Il cerino è nelle mani di Conte. È lui il capo e a lui spetterà la scelta. O di cercare una mediazione con Di Maio accettando la dialettica interna o di strappare col Governo cercando invece la scissione. Questo è il bivio. E qui però trova pure Letta. Il Pd potrà accettare un’alleanza con un Movimento che vota contro Draghi? Di Maio sa che la risposta è no.