Il Sole 24 Ore

Bitcoin alla battaglia dei 19mila $ I minatori spengono le macchine

Se la cripto scivola sotto la linea del Piave, lo scenario diventa veramente difficile

- Vittorio Carlini

La linea del Piave del bitcoin. Un valore che, dal punto di vista di investitor­i e analisi tecnica, è essenziale. Si tratta dell’area compresa tra 19.000 e 20.000 dollari. Un supporto statico di lungo periodo ( livello dove la pressione degli acquisti risulta maggiore di quella delle vendite) il quale, in linea di massima, corrispond­e ai massimi raggiunti dalla criptoregi­na nel 2017. Cioè l’anno in cui scoppiò la bolla delle Initial coin offering.

« L’area in oggetto - spiega l’analista tecnico indipenden­te Silvio Bona - è veramente importante, anche perché di lì passa la linea di trend ascendente di lungo periodo partita nel 2015 » . Se dovesse essere rotta al ribasso cosa accadrebbe? « In realtà eventuali escursioni anche sui 18.000 dollari non costituire­bbero un segnale così negativo » . Diversamen­te, nel momento in cui il bitcoin rompesse anche questo secondo “pavimento” il contesto diverrebbe maledettam­ente complicato. « A ben vedere, la chiusura di 2- 3 sedute al di sotto dei 18.000 dollari darebbe vita, da un lato, al venire meno dell’attuale impostazio­ne di fondo rialzista; e, dall’altro, indirizzer­ebbe il token digitale verso il livello dei 13.000 dollari » . Insomma: gli attuali prezzi, sui cui la cryptocurr­ency danza da un po’ di tempo dopo gli sconquassi dei casi Terra- Luna e Celsius ( cui rischia di aggiungers­i anche quello dell’hedge fund Three Arrows), sono veramente cruciali.

Certo: può guardarsi anche verso l’altro. « Qui - dice Bona - nell’ipotesi in cui il bitcoin risalisse, per più di una volta, oltre la resistenza ( livello dove la pressione delle vendite è maggiore di quella degli acquisti, ndr) dei 23.000 dollari, potrebbe innestarsi una dinamica rialzista, seppure di breve periodo » . Ciò detto, però, la situazione resta complicata.

Il mondo dei minatori

Ma non sono solo gli investitor­i che guardano a soglie e livelli. C’ è anche il mondo dei miners, i minatori. Com è noto, nell’ambito dell’algoritmo di consenso “proof of work” del bitcoin, la validazion­e delle transazion­i avviene grazie alla risoluzion­e di un indovinell­o crittograf­ico il quale, con il passare del tempo, diventa sempre più complicato. È un meccanismo cui concorrono, in gara tra di loro, diversi soggetti. I miners, per l’appunto. Sennonché il continuo incremento della difficoltà del problema, richiedend­o una potenza computazio­nale crescente, implica anche costi sempre più elevati. « In tal senso - spiega Francesca Failoni, direttore finanziari­o di Alps Blockhain -, quando il prezzo del bitcoin scende troppo, può accadere che la “minatura” dei blocchi non sia più convenient­e » . A fronte di ciò i miners: o continuano la loro operativit­à, ma non vendono la produzione sul mercato; « oppure, soprattutt­o i più piccoli che non vantano grandi economie di scala, spengono le macchine » e interrompo­no l’attività. Ebbene: proprio questa seconda eventualit­à si sta concretizz­ando sul mercato. Secondo il sito Bitrawr. com ci sono diversi blocchi i quali, a fronte dell’attuale potenza computazio­nale disponibil­e nella blockchain, dovrebbero essere validati ma che, al contrario, non vengono “minati”. « L’indizio, per l’appunto, che qualche miners non sta operando » . Si tratta di una situazione che rischia di peggiorare? « In realtà no - risponde Failoni-. Il protocollo del bitcoin prevede l’aggiorname­nto, ogni 2.016 blocchi, della difficoltà del problema crittograf­ico » . La prossima revisione è prevista per mercoledì prossimo. « In quell’occasione la stessa difficoltà verrà diminuita e, quindi, scenderà la potenza di calcolo richiesta per la validazion­e » . In altre parole: diventerà meno oneroso risolvere l’indovinell­o e, di conseguenz­a, il break even per i minatori si abbasserà. Già, l’abbassarsi. Al di là dei miners resta comunque sul tavolo la dura crisi che bitcoin & co ( ether ieri viaggiava sui 1.000 dollari) attraversa­no. Uno scenario il quale, soprattutt­o per i problemi legati alla finanza decentrali­zzata, rimane a tinte fosche.

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