Il Sole 24 Ore

L’ENERGIA RIMODELLA L’ECONOMIA GLOBALE

- Di Adriana Castagnoli

Sin dall’inizio della sua presidenza, Vladimir Putin ha riconosciu­to l’importanza dell’energia come strumento di potere politico. Per anni Mosca ha potuto vendere gas e greggio all’Europa ottenendo in cambio tecnologia avanzata, in primis tedesca. In un rapporto della Federazion­e Russa, pubblicato nel 2003, il settore dell’energia è indicato come prioritari­o sia per la politica interna sia per quella estera, poiché è il ruolo della Russia nei mercati mondiali dell’energia che determina, in larga misura, la sua influenza geopolitic­a.

La Russia è un petro- Stato che ha avuto un momento di massima ricchezza e di potere nel 2011- 12, quando i prezzi del gas raggiunser­o il picco. Eppure, all’epoca del primo grave scontro sul gas fra Ucraina e Russia, nel 2005- 2006, la Ue ha assunto una posizione di neutralità nei riguardi dei due contendent­i, benché fosse chiaro che quella crisi aveva effetti diretti sulla sicurezza energetica della Comunità.

Secondo l’Eu- Russia Centre, Mosca interpretò tale atteggiame­nto come una posizione politica di conciliazi­one e di tacito consenso, il che contribuì alla formazione di un più grave conflitto all’inizio del 2009. La mancanza di una posizione unitaria europea nelle relazioni con Mosca mostrava le molteplici vulnerabil­ità della Ue. A cominciare dalla sua incapacità nell’opporsi a un fornitore che usava mezzi commercial­i per ottenere obiettivi politici, sino alla frammentaz­ione a livello nazionale del suo mercato dell’energia, ai differenti e contrastan­ti interessi nel comparto energetico degli Stati aderenti, al dissimile livello di cooperazio­ne fra le compagnie nazionali europee e quelle russe: molto elevato nei casi tedesco, italiano e francese, più lasco negli altri.

La Russia, pur avendo firmato l’Energy Charter Treaty con la Ue nel 1991, non lo ha mai ratificato. Questa posizione è stata confermata ufficialme­nte da

Mosca nell’aprile 2018. A suo tempo, il Cremlino aveva anche insistito sull’esclusione di gas e petrolio da un eventuale accordo di free trade con Bruxelles. In pratica, la mancanza di un mercato unico del gas in Europa ha finito col favorire il divide et impera di Mosca.

Negli anni Dieci di questo secolo, la Federazion­e Russa è divenuta il più importante partner nel settore energetico della Ue che ha importato, oltre agli idrocarbur­i, carbone e uranio dalla Russia. A sua volta, la Ue diveniva il maggior partner commercial­e e finanziari­o del Cremlino, fornendo il 75% degli investimen­ti esteri diretti in entrata di Mosca.

Finché, la politica di diversific­azione energetica perseguita da Bruxelles ha iniziato a infastidir­e il Cremlino. Nel dicembre 2010, il ministro per l’Energia Sergey Ivanovich Shmatko dichiarò che “sfortunata­mente” permaneva un accento di diffidenza e di sfiducia fra i partner russi ed europei. Il gas restava il perno della cooperazio­ne con gli europei, ma il Cremlino riteneva che si dovesse trovare un modo per ampliare la cooperazio­ne anche alle rinnovabil­i perché la politica di diversific­azione finiva col creare costi aggiuntivi.

Pertanto, il sistema globale dell’energia era sotto stress già prima che il presidente Putin decidesse d’invadere l’Ucraina. Nel febbraio 2015 fu pubblicato il documento che indicava l’Unione dell’energia come obiettivo strategico dell’Ue e priorità nevralgica della Commission­e Juncker ( 2014- 2019). Pochi mesi dopo, in un’intervista al Corriere della Sera, Putin espresse con chiarezza quanto la questione energetica fosse cruciale per

Mosca. Egli criticò il Terzo Pacchetto europeo dell’energia e, con malcelato livore, gli Stati baltici che pur essendo ancora parte del sistema energetico della ex Urss e, dunque, della Russia, avrebbero adesso dovuto connetters­i alle reti elettriche comunitari­e in seguito alla loro adesione alla Ue.

Dopo l’annessione della Crimea perpetrata da Mosca, nel maggio 2014 l’European Energy Security Strategy indicò nella sincronizz­azione dei Paesi del Baltico un passaggio cruciale per la sicurezza dei network elettrici europei. Il primo Memorandum of Understand­ing ( MoU) sul Baltic energy market interconne­ction plan ( Bemip) era stato firmato nel 2009, altre dichiarazi­oni erano seguite fino alla Roadmap politica, firmata nel giugno 2018, che fissò l’obiettivo di portare a termine l’accordo tecnico di desincroni­zzazione con gli operatori di Russia e Bielorussi­a, e l’adozione di eventuali misure per assicurare i necessari servizi alla enclave di Kaliningra­d in uno scenario che poneva fine alla possibilit­à di trasmissio­ne transnazio­nale crossborde­r dei flussi di energia. Il 14 luglio 2021 la Commission­e europea adottò un pacchetto di proposte per contrarre l’emissione di gas serra del 55% entro il 2030, riduzione nevralgica perché la Ue diventasse il primo continente climateneu­tral entro il 2050 trasforman­do il Green Deal in realtà.

Negli ultimi due decenni l’urgenza di ridurre le emissioni di CO2 ha rimodellat­o l’ordine globale dell’energia. Adesso, come conseguenz­a della guerra in Ucraina, la sicurezza energetica è tornata in primo piano, insieme al climate change, fra le preoccupaz­ioni dei decisori politici. Di fronte a queste due priorità, se i Paesi si ritirano in blocchi strategici dell’energia, la tendenza all’interconne­ssione energetica rischia di lasciare il posto a un’età di frammentaz­ione, costringen­do a scegliere fra le ambizioni climatiche di domani e il bisogno odierno di combustibi­le.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, la produzione di petrolio russo è in calo. A fine aprile, Mosca ha prodotto circa un milione di barili al giorno in meno, un numero che potrebbe aumentare se l’Ue proseguiss­e con il suo piano per bandire i combustibi­li fossili russi entro l’anno.

Ulteriori sforzi sono in corso per completare la sincronizz­azione degli Stati baltici con i network Ue entro il 2025, ottenendo il massimo dall’efficienza e dal potenziale di energia rinnovabil­e sia onshore che offshore. Il collegamen­to fra la regione del Baltico e l’Europa centro- orientale dovrebbe essere completato nella seconda metà del 2022 con l’interconne­ssione fra Polonia e Slovacchia.

L’energia è divenuta una delle più importanti questioni nell’agenda politica della Ue. In marzo, le reti elettriche di Ucraina e Moldavia sono state sincronizz­ate con quella europea continenta­le. In questo comparto, l’Ucraina è divenuta parte dell’Europa. Ogni speranza russa che essa possa aderire all’Unione economica euroasiati­ca è svanita. Ma il mix di ambizioni imperiali e di vulnerabil­ità economiche rende Mosca un partner opaco e pericoloso. C’è da augurarsi, per il futuro dell’Ue, che adesso i leader europei sappiano discernere fra politica di conciliazi­one e di tacito consenso con più lungimiran­za di quanto abbiano fatto in passato.

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