Di Maio- Conte al test dell’Aula ma la scissione resta in campo
Alla fine ad aiutare la solidità di Draghi e la tenuta della maggioranza nel passaggio parlamentare del 21 e 22 è il viaggio a Kiev con Macron e Scholz che ha rimesso in partita l’Europa – e l’Italia – e ha escluso qualsiasi ipotesi di neutralità. Dunque, è più difficile che la risoluzione su cui si voterà prima del Consiglio europeo possa diventare un campo di battaglia per una resa dei conti interna ai 5 Stelle perché è più complesso mettere un cuneo all'asse tra Roma, Parigi e Berlino. Di questo è ben consapevole Conte che da ex premier non può pretendere una distanza dalla linea dei Paesi fondatori dell’Ue. In effetti, chi sta lavorando alla mediazione racconta di un clima che non fa presagire lo strappo, né da parte del Movimento né della Lega. Può darsi che tutto si risolverà in un gioco di parole - e intanto si tira un calcio più in là - anche se il fine settimana può ancora riservare colpi di scena.
Il silenzio è totale dalle parti del sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola, che sta lavorando su tutti i fronti per favorire la mediazione. Si sa che è quasi pronto il testo sull'ingresso nell'Ue di
Ucraina, Georgia e Balcani ma di invio di armi se ne discuterà da lunedì. Ieri però nessuno scommetteva su un redde rationem in Aula. Questo vuol dire che la scissione dei 5 Stelle è rimandata? Può darsi ma, appunto, solo rinviata perché ormai le distanze appaiono nette. Certo, decidere la rottura sulla politica estera e sulla collocazione internazionale dell'Italia, sarebbe stato l'argomento ideale per Di Maio. Anzi può perfino diventare un gesto indispensabile, per lui, prendere le distanze dal partito che delegittima il suo lavoro alla Farnesina e la sua linea di appoggio a Draghi. Ma conviene a Conte dargli un pretesto così facile?
È vero che prendere la leadership di un'area pacifista e in aperta critica verso la Nato sarebbe una mossa politica forte, con un grande impatto presso un popolo che esiste e che oggi ha una rappresentanza molto frastagliata ma diventa un'operazione che richiede coraggio e una visione chiara sulla prospettiva. Questa scelta comporterebbe, infatti, l'abbandono della strada intrapresa con il Pd e per Conte sarebbe un nuovo cambio di rotta, per la terza volta. Per questa ragione sia lui che
Grillo preferiscono parlare di doppio mandato, come se il problema fosse tutto lì, e intanto si cerca un compromesso sulla risoluzione di politica estera di martedì. Se ci sarà un testo comune, Di Maio potrà rivendicarlo come un successo ma il capitolo scissione rimane aperto in attesa di una nuova pagina.