« L’alimentare crescerà più del Pil grazie a export e aziende solide »
Analisi. Per il Food Industry Monitor di Università di Pollenzo e Ceresio Investors le imprese di proprietà familiare sono più resilienti ma non devono rallentare il percorso di acquisizioni e consolidamento
La catena degli scambi internazionali inceppata, i costi alle stelle e le conseguenti spinte inflazionistiche stanno mettendo in seria crisi l’economia mondiale. Nonostante la tempesta non risparmi il settore alimentare, il food italiano è cresciuto di quasi il 7% lo scorso anno e nel prossimo la crescita supererà ancora il Pil con un distacco sensibilmente superiore a quello registrato nel 2021. In gioco è però la marginalità: i fatturati nel 2022 rischiano di essere “mangiati” dall’inflazione e i ricavi reali ( cioè misurati al netto della perdita di valore dell’euro) potranno registrare il segno meno. In un contesto in cui comunque il food& beverage resisterà meglio di altri settori, un ruolo da protagonista continueranno a ricoprirlo le imprese a guida familiare. E sulla sostenibilità non si torna indietro, con la quasi totalità delle aziende che sta mettendo in campo azioni concrete per l’ambiente.
Sono i punti fermi che emergono dall’ottavo Food Industry Monitor dell’Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Ceresio Investors, che analizza le performance di 852 aziende con un fatturato aggregato di circa 65 miliardi ( circa il 75% di tutte le società di capitale operanti nel settore). La quantificazione dei trend sarà svelata nella sede dell’ateneo giovedì 23 giugno durante un convegno a cui parteciperanno, tra gli altri, esponenti di aziende come Berlucchi, Lavazza, Balocco, Farchioni, Fiorentini e xtraWine. Secondo quanto anticipato al Sole 24 Ore, « le performance di lungo periodo evidenziano che i comparti che hanno ottenuto una crescita dei ricavi superiore alla media del settore sono stati: surgelati, latte, caffè, farine, pasta, dolci, vino, conserve e salumi » . L’export continuerà a crescere, anche se a tassi molto più bassi rispetto a quelli registrati in un anno record come il 2021, con distillati, birra, latte e derivati, vino, acque e soft drink che andranno meglio della media. « Il settore food ha potuto contare su buona tenuta dei consumi interni e anche della forte ripresa dell’export – commenta il professor Carmine Garzia, coordinatore scientifico dell’Osservatorio – certo che sarà molto difficile mantenere i dati del 2021 con l’inflazione che toglie potere di acquisto ai consumatori e spinge le aziende ad aumentare i prezzi, per via del costo dell’energia e delle materie prime. II settore ha tuttavia una resilienza strutturale data dalla solidità delle aziende che sono prevalentemente di proprietà familiare e vedono i membri della famiglia attivamente impegnati nella gestione, con un chiaro orientamento verso l’innovazione sostenibile » .
« Il 70% delle aziende di proprietà familiare dell’agroalimentare sono in mano alla prima generazione e meno del 3% è in mano alla terza e alla quarta. La questione del passaggio generazionale – aggiunge Alessandro Santini, head of corporate & investment banking per Ceresio Investors – rimane cruciale, con oltre l’ 80% delle aziende sotto i 20 milioni di fatturato a conduzione familiare. Negli ultimi anni è iniziato un processo di consolidamento ma c’è ancora molto da fare per garantire crescita e continuità. Servono risorse che in prima battuta si possono trovare aggregandosi, così da raggiungere la massa critica per essere attraenti per gli investitori. Un trend negli ultimi anni già attivo nel vino, e tra i settori particolarmente dinamici ci sono caffè e food tech » .
Un cammino che potrà essere agevolato anche dall’azione accademica dell’Università di Pollenzo, che conta sulla collaborazione con 150 aziende e punta ad aumentare gli studenti nei prossimi due anni, anche grazie all’attivazione di una laurea magistrale in “International gastronomies and food geo- politics”.