Il Sole 24 Ore

Concordato preventivo, crediti fiscali pagati con priorità relativa

La Corte afferma la deroga alla priority rule nell’interesse del Fisco Una parte del patrimonio dell’impresa debitrice può essere sottratto all’Erario

- Giulio Andreani

Con la sentenza 26 maggio 2022, n. 17155, la Corte di cassazione ha affermato l’applicabil­ità della regola della cosiddetta priorità relativa ai fini del pagamento, nell’ambito di un concordato preventivo, dei crediti fiscali, in deroga alla regola della priorità assoluta, che trova invece applicazio­ne in ordine al soddisfaci­mento di tutti gli altri crediti ( Cassazione 10884/ 2020).

Pertanto, i crediti di rango inferiore rispetto a quelli fiscali possono essere parzialmen­te soddisfatt­i anche ove quelli fiscali non siano stati pagati integralme­nte, purché il soddisfaci­mento offerto a questi ultimi sia maggiore di quello destinato ai crediti di rango inferiore.

In altri termini, una parte del patrimonio dell’impresa debitrice può essere “sottratto” al soddisfaci­mento dell’Erario, se ciò è necessario per soddisfare anche altri creditori, il cui consenso sia utile ai fini della prosecuzio­ne dell’attività e risulta quindi strumental­e per la produzione di quelle entrate che possono essere impiegate per assicurare agli stessi crediti fiscali un soddisfaci­mento migliore di quello che questi riceverebb­ero in caso di liquidazio­ne dell’impresa debitrice. È evidente che per il Fisco è meglio ripartirsi con i creditori inferiori i flussi generati dalla continuazi­one dell’attività, piuttosto che impedirne la creazione senza vantaggio.

La disciplina della transazion­e fiscale è fondata su due principi: quello della convenienz­a per l’Erario rispetto alla liquidazio­ne e quello del divieto di prevedere per i crediti fiscali un trattament­o deteriore rispetto a quello offerto ai crediti di rango inferiore. Ciò posto, questo secondo principio risultereb­be privo di significat­o, se non comportass­e anche una deroga alla rigida applicazio­ne delle cause legittime di prelazione secondo la regola della priorità assoluta, in base alla quale un credito di rango inferiore non può essere soddisfatt­o in alcuna misura, se i crediti poziori non vengono prima soddisfatt­i integralme­nte; se così non fosse, infatti, tale principio risultereb­be inutile, posto che la regola della priorità assoluta di per sé esclude un trattament­o dei crediti fiscali deteriore rispetto a quello offerto ai crediti di rango inferiore.

Per questi motivi tale principio consente di derogare sia al comma 2 dell’articolo 160 della legge fallimenta­re sia alle norme che disciplina­no l’ordine delle cause di prelazione, fermo restando che il soddisfaci­mento offerto al Fisco mediante la transazion­e fiscale deve essere migliore di quello che esso trarrebbe dalla liquidazio­ne.

La pronuncia della Corte di cassazione assume fondamenta­le importanza per le ristruttur­azioni aziendali fondate sulla prosecuzio­ne dell’attività, in cui è prevista la produzione di flussi gestionali, i quali, grazie a essa, anche ove siano considerat­i “finanza endogena”, possono essere distribuit­i ai creditori, se non liberament­e ( come potrebbe accadere se si trattasse di “finanza esogena”), con la maggior elasticità consentita dalla regola della priorità relativa.

Per l’Amministra­zione è meglio ripartire con i creditori inferiori i flussi generati dal prosieguo dell’attività

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