Biden: « Presto colloquio telefonico con Xi sui dazi »
Commercio. Il presidente è orientato a alleggerire le tariffe dell’era Trump, che contribuiscono all’inflazione, ma aspetta un’analisi più dettagliata
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, lo dice sempre più spesso: parlerà « presto » con il suo omologo cinese Xi Jinping sul tema dei dazi. La sua Amministrazione sta valutando ormai da tempo un intervento, parziale, sulle tariffe imposte dal predecessore, Donald Trump.
Spingono in questo senso la fiammata dell’inflazione e la Corporate America, almeno la parte che ha sempre osteggiato la guerra commerciale di Trump e che chiede la revoca dei balzelli doganali. Ieri, Biden ha detto che l’Amministrazione Usa « si sta muovendo per farlo » , rispondendo a una domanda dei giornalisti in Delaware. « Sto prendendo una decisione » , ha aggiunto.
La Casa Bianca è al lavoro per organizzare una possibile telefonata tra Biden e Xi nelle prossime settimane. « Parlerò con lui » , ha confermato ieri
Biden, senza però di indicare una data. Quando si farà, sarà però una conversazione ad ampio raggio, che affronterà temi delicati come Taiwan, Ucraina e diritti umani. Tutti dossier sui quali le tensioni con Pechino sono altissime e che non potranno non influenzare anche il confronto sui dazi su circa 300 miliardi di dollari di beni importati dalla principale concorrente dell’economia statunitense. Che ha risposto con la stessa moneta.
Alcune aziende Usa hanno certo beneficiato delle tariffe, uno scudo dalle importazioni a basso costo. La gran parte, però, che utilizza le merci cinesi come input nella produzione, è stata penalizzata. Le stime dei danni nel complesso causati all’economia statunitense dai dazi di Trump si sprecano, mentre il deficit commerciale nei confronti della Cina è addirittura salito, anziché scendere come i protezionisti promettevano. Nei primi quattro mesi del 2022, il rosso ha sfiorato i 132 miliar
di di dollari, rispetto ai 107 dello stesso periodo del 2017, prima della guerra dei dazi. Anche perché, la tregua commerciale siglata nel 2020 non ha fatto salire nel modo annunciato, ma irrealistico, l’import cinese di merci Made in Usa.
Il segretario al Tesoro, Janet Yellen, ha detto in Congresso, la scorsa settimana, che l’Amministrazione Biden sta cercando di « riconfigurare » le tariffe, riconoscendo che stanno contribuendo all’aumento dei prezzi. L’inflazione ai massimi da 40 anni sta minando la fiducia dei consumatori, erodendo i consensi del presidente e soprattutto sta costringendo la Federal Reserve ad accelerare la stretta monetaria, accentuando i timori di recessio
ne e contribuendo a far precipitare la Borsa in zona Orso.
Nelle riunioni con il suo staff, Biden avrebbe dato l’impressione di essere orientato ad alleggerire almeno in parte i dazi, aspetta però un’analisi dettagliata di cosa potrebbe significare per i prezzi. L’impatto sull’inflazione ( 8,6% a maggio) potrebbe non essere così significativo, al contrario delle ripercussioni politiche, anche all’interno del Partito democratico. Tra chi frena, c’è un peso massimo come la rappresentante Usa al Commercio, Katherine Tai.
I ripetuti accenni a eventuali aperture sui dazi si scontrano poi con i toni sempre più decisi su Taiwan. Qualche settimana fa, in occasione del primo viaggio da presidente in Asia, Biden ha lanciato un duro monito: gli Stati Uniti sono pronti a difendere militarmente l’isola da attacchi cinesi. La Cina aveva risposto con esercitazioni militari navali.