Esperienze culturali trasformative per rimarginare le ferite post- Covid
Espressioni artistiche. La cultura può trasformarsi in cura del disagio sociale e psicologico. A patto di investire sull’innovazione: proporla come esperienza collettiva, progettare iniziative di co- creazione e puntare all’obiettivo di trasformare le vit
La situazione epidemiologica è in netto miglioramento. Non si può dire altrettanto dei suoi effetti sindemici. Rimarginare le ferite sociali, psicologiche ed economiche del Covid- 19 è un processo lento, ma investimenti oculati nel mondo della cultura possono aiutare ad accelerare la ripresa. La cultura – ogni forma di espressione artistica, dalle arti visive a quelle performative al patrimonio – può essere di grande aiuto per uscire dal disagio. Serve però urgentemente una visione nuova, un cambio di rotta a partire dai giovani.
Prima a causa del Covid, poi per la guerra, il disagio giovanile si è ampliato in modo impressionante. Ne è un esempio la crescita spaventosa del fenomeno dei Neet, i giovani fra i 14 e i 35 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione: secondo i dati della Presidenza del Consiglio sono arrivati a circa tre milioni di ragazzi, ponendo l’Italia sul triste podio in Europa.
Investire sui giovani è una priorità per l’Italia e la cultura offre una strada. Resta una domanda: Come? La risposta va cercata ancora nel campo dove nasce il futuro di una società, dove è sempre nato e dove sempre nascerà, l’innovazione. È necessario investire nell’innovazione della cultura. Tre sono le innovazioni da introdurre con forza per i giovani, e sono tutte innovazioni coraggiose per le importanti ricadute operative: innovare la visione dell’arte, proponendola come esperienza collettiva; innovare i meccanismi di produzione del valore, progettando esperienze culturali co- create con i giovani; innovare l’obiettivo perseguito, puntando a trasformare le vite dei giovani.
La prima innovazione riguarda il modo in cui è pensata l’arte per intraprendere e identificare nuove e più efficaci strategie di valorizzazione, coinvolgere, far partecipare attivamente e ingaggiare gli individui. Se l’arte è per tutti esperienza, per i giovani è in particolare piattaforma di interazione sociale e condivisione. Dopo il forzato isolamento dovuto al Covid, i giovani chiedono occasioni per costruire la loro identità. Gli operatori della cultura sono chiamati a offrire stimoli e opportunità per lo scambio e l’interazione sociale, ma ancora troppo pochi sono i momenti di dibattito, partecipazione e scambio di queste esperienze. Laddove un operatore culturale vede un’esperienza tipicamente individuale nel momento in cui viene varcata la soglia di ingresso, un giovane vede una esperienza più lunga e articolata che inizia ben prima della visita effettiva, e soprattutto che è collettiva. Stimoli e momenti di dibattito e scambio creano l’esperienza culturale prima, durante e dopo la visita rendendola oggetto di appropriazione da parte del giovane. A tal scopo sono utili anticipazioni virtuali sui social, creazione di spazi fisici disegnati appositamente per essere instagrammabili, comunità di dibattito post- esperienza.
In secondo luogo va ripensato il modo in cui si disegna la partecipazione dei giovani i quali devono poter co- creare l’esperienza. I giovani hanno bisogno di essere accolti e considerati. Nelle esperienze culturali questo bisogno viene soddisfatto anche grazie a processi di partecipazione capaci di riconoscere l’individuo e di stimolarne il ruolo attivo. Quando invece il giovane vede il proprio ruolo ridotto a un ricettore passivo di una esperienza che qualcun altro ha disegnato, per quanto di qualità, si sente allontanato. Indipendentemente dai risultati di bigliettazione raggiunti nel breve termine, una esperienza che rimane distante non resta impressa nella memoria e non genera passaparola, rumore sui social, merchandising, e altri ritorni economici importanti. Soprattutto, non arricchisce la vita delle persone, che è invece l’obiettivo ultimo.
Ed è questa, infine, l’ultima grande innovazione che deve guidare le strategie delle singole istituzioni e dei policy maker: porre l’incremento di benessere come obiettivo da raggiungere. Per farlo, bisogna disegnare esperienze culturali trasformative. Il valore della cultura sta nella sua forza di generare benessere individuale e collettivo, oltre ad altre forme più comunemente riconosciute: la ricchezza generata sul territorio, la capacità di fondare i tratti caratteristici essenziali di un popolo, e la incredibile forza innovativa che parte dalla cultura come sperimentazione di idee e si trasforma in creatività in molti altri settori industriali. In aggiunta a queste tre dimensioni che sono già capaci da sole di spiegare la centralità della cultura per la società, ce ne è una quarta, più impattante. La cultura è prima di tutto fonte di benessere individuale e sociale. Le esperienze culturali generano benessere quando migliorano la soddisfazione dell’individuo verso la vita, innescano emozioni positive e aiutano l’individuo a dare alla propria esistenza uno scopo ultimo. La cultura apre una porta magica ai giovani, li aiuta a entrare in contatto con loro stessi e con l’infinito. È compito degli operatori culturali e dei policy maker aiutare i giovani ad aprire quella porta.
Le tecnologie emergenti arricchiscono e trasformano le esperienze culturali perché sono in grado di renderle piattaforme per condividere, co- creare e generare benessere.
Fino a che non saremo capaci di innovare il modo in cui ci prendiamo cura del patrimonio culturale, non solo non saremo in grado di tutelarlo e valorizzarlo nel migliore dei modi, ma soprattutto non sapremo mantenere e sviluppare la risorsa più grande del nostro Paese, i giovani.
La tecnologia può contribuire dando vita a piattaforme per condividere e generare benessere diffuso