L’Eurozona fa i conti con i suoi disequilibri
Non sono tempi facili per la Bce, costretta a destreggiarsi tra controllo dell’aumento dei prezzi e rischio di recessione. I livelli di inflazione sono lontani dal target fissato del 2%, ma alzare i tassi in modo troppo brusco significherebbe inibire drasticamente ogni margine di crescita, oltre che aumentare l’annoso problema della zona Euro: la frammentazione dovuta a Paesi con capacità economiche diverse, uniti però dalla stessa politica monetaria.
Al quadro, già di per sé complesso, si aggiunge anche il conflitto russo- ucraino, geograficamente vicino ed economicamente problematico. « L’Europa, oltre a essere in pericolo di stagflazione, con un conflitto alle porte di casa che ha ricadute socio- economiche importanti - dice Flavio Carpenzano, investment director per il reddito fisso di Capital Group - ha anche un problema politico dovuto alla mancanza di unione fiscale. Con lo stop del Quantitative easing e l'imminente atteso rialzo dei tassi, il focus della Bce è rivolto all’inflazione da riportare al 2%; ora invece, con i mercati che hanno reagito al mancato supporto dei titoli governativi con pressioni sullo spread, in particolare in Italia, si è tornati di corsa a parlare di un piano di emergenza per scongiurare i timori di una nuova crisi del debito » .
In effetti, livelli di spread di questa portata non si vedevano dal 2014, e a molti si è profilato davanti l’incubo di un 2011 bis. Ma l’Europa dovrebbe « aver imparato la lezione » ; controllare la disparità del debito pubblico dei vari Paesi è ormai un imperativo categorico per garantire l’unità dell’Eurozona. Lo scudo anti- spread serve proprio a questo; e tuttavia, se da un lato rassicura, dall’altro preoccupa: il timore è che la Banca centrale abbia perso completamente il controllo dell’inflazione e stia cercando di mettere una toppa alle conseguenze delle politiche monetarie, tenute, secondo alcuni, troppo morbide troppo a lungo.
Dopo mesi passati a convincersi che l’inflazione fosse un effetto transitorio dovuto alle varie crisi causate dalla ripresa post- pandemica ( supply chain, squilibrio di domanda e offerta, crisi delle materie prime, e via dicendo), l’Europa sembra essersi accorta della realtà dei fatti. Complice, evidentemente, la guerra. « Il conflitto - dice Carpenzano - in realtà, non ha fatto altro che accelerare i trend già esistenti, ovvero crescita in calo e inflazione crescente, dovuta a un’offerta che non era in grado di rispondere a una domanda così elevata come quella avuta post pandemia. Con la guerra, i problemi delle catene di distribuzione e il costo delle materie prime sono aumentati, mentre la crescita è rallentata » .
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi? L’inflazione probabilmente resterà alta, spinta dalla crisi energetica che, tra mancanza di gas russo e transizione, rappresenta la maggior causa di volatilità. L’Europa si sta muovendo per affrontare questo scenario, ma sorge il dubbio che i provvedimenti presi non siano abbastanza. « Lo scudo è uno step che va nella giusta direzione - nota Carpenzano -. La Bce, con l’inflazione così alta, è costretta ad aumentare i tassi; ma forse lo strumento giusto per fare di più, invece della politica monetaria, potrebbe essere quella fiscale… penso a una sorta di Recovery fund 2.0 » .
‘ « Lo strumento giusto, invece della politica monetaria, potrebbe essere una sorta di Recovery 2.0 »