Margini di ricorso molto stretti su mancata ammissione e voto
Le contestazioni Le decisioni dei giudici
Nel terzo anno dell’era della Covid avremo un ritorno alla ( quasi) normalità per la maturità. Nonostante le commissioni siano composte tutte da membri interni, a eccezione del presidente, qualche consiglio potrebbe tornare utile per far fronte a eventuali scivoloni agli esami.
Partiamo dalla mancata ammissione all’esame. Non sempre è possibile censurarla. Secondo la giurisprudenza infatti, eventuali omissioni ( informative, procedimentali, attuative di quanto previsto nei vari piani didattici eccetera) intervenute nel corso dell’anno e qualsiasi violazione di altri oneri comunque posti a carico dell’amministrazione, non possono da soli incidere sulla legittimità del giudizio finale per l’ammissione agli esami di Stato, atteso che il giudizio si basa esclusivamente sulla constatazione dell’insufficiente preparazione e dell’incompleta maturazione personale dello studente, venendo in rilievo requisiti indispensabili per accedere alla successiva fase di studi. Ciò, ovviamente, si riflette sull’obbligo di motivazione posto a carico dell’amministrazione, in quanto il consiglio di classe non è affatto tenuto a dare conto di circostanze ulteriori rispetto a quelle che sostanziano l’idoneità o la non idoneità dello studente ai fini del passaggio nella classe successiva o dell’ammissione agli esami di Stato.
È utile poi ricordare che in sede di riunione preliminare le commissioni dovranno, tra l’altro, definire i criteri di correzione e valutazione delle prove scritte, le modalità di conduzione del colloquio, i criteri per l’eventuale attribuzione del punteggio integrativo, fino a un massimo di cinque punti per i candidati che abbiano conseguito un credito scolastico di almeno 40 punti e un risultato complessivo nelle prove di esame pari almeno a 40 punti, i criteri per l'attribuzione della lode. Tutte le deliberazioni delle commissioni dovranno essere debitamente motivate e verbalizzate. Sul punto la giurisprudenza è molto chiara nell’affermare che la verbalizzazione ha una funzione di certificazione pubblica, contiene e rappresenta i fatti e gli atti giuridicamente rilevanti che è necessario siano conservati per le esigenze probatorie con fede privilegiata - dal momento che sono redatti da un pubblico ufficiale - che si sostanzia essenzialmente nella attendibilità in merito alla provenienza dell’atto, alle dichiarazioni compiute innanzi al pubblico ufficiale ed ai fatti innanzi a lui accaduti.
Sul giudizio espresso dalla commissione sulle singole prove e, quindi, sulla loro valutazione, i margini di manovra per una eventuale contestazione innanzi al giudice amministrativo sono abbastanza ristretti. Il giudizio della commissione per l’esame di maturità implica infatti una tipica valutazione di merito non sindacabile dal giudice, salvo che per vizi di manifesta illogicità e/ o arbitrarietà, non potendosi il giudice sostituire alla commissione di esame nella valutazione discrezionale delle prove; inoltre, nella formulazione del giudizio di maturità l’esito delle prove d’esame assume valore preminente rispetto ad altri elementi estrinseci, come il curriculum e il giudizio di ammissione, dovendosi tali elementi considerare in via sussidiaria e integrativa e assumendo rilievo solo in caso di grave contrasto con le risultanze d’esame. Il giudice non può quindi spingersi sino a sostituire la propria valutazione a quella della commissione, ma deve limitarsi al rilievo e alla sanzione, ove effettivamente riscontrati, di gravi errori di fatto, di palesi travisamenti della situazione concreta, di manifeste illogicità o irragionevolezze nella determinazione.
Qualora non dovessero tornare i conti tra il voto finale di maturità e la base di partenza, costituita dai crediti, occorrerà accedere agli atti e ai verbali della commissione d'esame per verificare la correttezza del calcolo dei crediti e dei punti attribuiti per ciascuna delle prove. A fondare l’interesse e la legittimazione a ricorrere non è infatti solo un interesse materiale concreto e attuale, ma anche un interesse puramente morale. La giurisprudenza riconosce infatti un interesse morale in capo allo studente a vedersi correttamente valutato al termine del proprio corso di studi. Il voto dell’esame di Stato è una prima fondamentale misura del proprio valore, che se anche non pregiudica irreparabilmente le prospettive di futura carriera, comunque legittima l’aspirazione dello studente a vedersi valutato coerentemente con i risultati raggiunti nel quinquennio di studi.
‘ Il giudizio della commissione è sindacabile solo per vizi di manifesta illogicità o arbitrarietà