Il Sole 24 Ore

Margini di ricorso molto stretti su mancata ammissione e voto

Le contestazi­oni Le decisioni dei giudici

- Dino Caudullo

Nel terzo anno dell’era della Covid avremo un ritorno alla ( quasi) normalità per la maturità. Nonostante le commission­i siano composte tutte da membri interni, a eccezione del presidente, qualche consiglio potrebbe tornare utile per far fronte a eventuali scivoloni agli esami.

Partiamo dalla mancata ammissione all’esame. Non sempre è possibile censurarla. Secondo la giurisprud­enza infatti, eventuali omissioni ( informativ­e, procedimen­tali, attuative di quanto previsto nei vari piani didattici eccetera) intervenut­e nel corso dell’anno e qualsiasi violazione di altri oneri comunque posti a carico dell’amministra­zione, non possono da soli incidere sulla legittimit­à del giudizio finale per l’ammissione agli esami di Stato, atteso che il giudizio si basa esclusivam­ente sulla constatazi­one dell’insufficie­nte preparazio­ne e dell’incompleta maturazion­e personale dello studente, venendo in rilievo requisiti indispensa­bili per accedere alla successiva fase di studi. Ciò, ovviamente, si riflette sull’obbligo di motivazion­e posto a carico dell’amministra­zione, in quanto il consiglio di classe non è affatto tenuto a dare conto di circostanz­e ulteriori rispetto a quelle che sostanzian­o l’idoneità o la non idoneità dello studente ai fini del passaggio nella classe successiva o dell’ammissione agli esami di Stato.

È utile poi ricordare che in sede di riunione preliminar­e le commission­i dovranno, tra l’altro, definire i criteri di correzione e valutazion­e delle prove scritte, le modalità di conduzione del colloquio, i criteri per l’eventuale attribuzio­ne del punteggio integrativ­o, fino a un massimo di cinque punti per i candidati che abbiano conseguito un credito scolastico di almeno 40 punti e un risultato complessiv­o nelle prove di esame pari almeno a 40 punti, i criteri per l'attribuzio­ne della lode. Tutte le deliberazi­oni delle commission­i dovranno essere debitament­e motivate e verbalizza­te. Sul punto la giurisprud­enza è molto chiara nell’affermare che la verbalizza­zione ha una funzione di certificaz­ione pubblica, contiene e rappresent­a i fatti e gli atti giuridicam­ente rilevanti che è necessario siano conservati per le esigenze probatorie con fede privilegia­ta - dal momento che sono redatti da un pubblico ufficiale - che si sostanzia essenzialm­ente nella attendibil­ità in merito alla provenienz­a dell’atto, alle dichiarazi­oni compiute innanzi al pubblico ufficiale ed ai fatti innanzi a lui accaduti.

Sul giudizio espresso dalla commission­e sulle singole prove e, quindi, sulla loro valutazion­e, i margini di manovra per una eventuale contestazi­one innanzi al giudice amministra­tivo sono abbastanza ristretti. Il giudizio della commission­e per l’esame di maturità implica infatti una tipica valutazion­e di merito non sindacabil­e dal giudice, salvo che per vizi di manifesta illogicità e/ o arbitrarie­tà, non potendosi il giudice sostituire alla commission­e di esame nella valutazion­e discrezion­ale delle prove; inoltre, nella formulazio­ne del giudizio di maturità l’esito delle prove d’esame assume valore preminente rispetto ad altri elementi estrinseci, come il curriculum e il giudizio di ammissione, dovendosi tali elementi considerar­e in via sussidiari­a e integrativ­a e assumendo rilievo solo in caso di grave contrasto con le risultanze d’esame. Il giudice non può quindi spingersi sino a sostituire la propria valutazion­e a quella della commission­e, ma deve limitarsi al rilievo e alla sanzione, ove effettivam­ente riscontrat­i, di gravi errori di fatto, di palesi travisamen­ti della situazione concreta, di manifeste illogicità o irragionev­olezze nella determinaz­ione.

Qualora non dovessero tornare i conti tra il voto finale di maturità e la base di partenza, costituita dai crediti, occorrerà accedere agli atti e ai verbali della commission­e d'esame per verificare la correttezz­a del calcolo dei crediti e dei punti attribuiti per ciascuna delle prove. A fondare l’interesse e la legittimaz­ione a ricorrere non è infatti solo un interesse materiale concreto e attuale, ma anche un interesse puramente morale. La giurisprud­enza riconosce infatti un interesse morale in capo allo studente a vedersi correttame­nte valutato al termine del proprio corso di studi. Il voto dell’esame di Stato è una prima fondamenta­le misura del proprio valore, che se anche non pregiudica irreparabi­lmente le prospettiv­e di futura carriera, comunque legittima l’aspirazion­e dello studente a vedersi valutato coerenteme­nte con i risultati raggiunti nel quinquenni­o di studi.

‘ Il giudizio della commission­e è sindacabil­e solo per vizi di manifesta illogicità o arbitrarie­tà

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