Il Sole 24 Ore

Sanzioni illegittim­e se l’ufficio ignora l’attività già avviata dall’impresa

La Ctr accoglie il ricorso: violati i principi statutari di collaboraz­ione La società aveva già ravveduto una parte dell’importo richiesto

- Marco Nessi Roberto Torelli

L’ufficio è tenuto a quantifica­re la sanzione amministra­tiva da irrogare nel rispetto dei principi statutari di buona fede e collaboraz­ione che devono improntare sempre il rapporto tra fisco e contribuen­te e che impongono, dunque, di considerar­e le giustifica­zioni indicate dal contribuen­te in sede di contraddit­torio. È questo il principio affermato dalla sentenza 1749/ 3/ 2022 della Ctr Lombardia ( presidente Sacchi, relatore Chiametti).

La notifica della sanzione

Nel caso esaminato, l’ufficio notificava a una società fiduciaria una comunicazi­one di irregolari­tà ( ex articolo 36- bis, Dpr 600/ 73) per il tardivo versamento dell’imposta sostitutiv­a applicata, nell’ambito del regime del cosiddetto risparmio amministra­to, in qualità di intermedia­rio, sui redditi diversi di natura finanziari­a. In particolar­e, veniva richiesto il pagamento delle sole sanzioni in misura ridotta ( ovvero in misura pari al 10%, ex articolo 2, Dlgs 462/ 1997) per il tardivo versamento dell’acconto dovuto, in quanto effettuato in data 16 gennaio 2014 anziché in data 16 dicembre 2013.

A seguito del rigetto dell’istanza di autotutela, la società presentava ricorso, chiedendo il riconoscim­ento dell’infondatez­za della pretesa erariale e la conseguent­e riquantifi­cazione della sanzione in misura pari al 3% dell’acconto versato ( articolo 13, comma 1, lettera a, Dlgs 472/ 97). Dopo un primo grado favorevole all’ufficio, la Ctr ha accolto il ricorso.

Il secondo grado di giudizio

Innanzitut­to, è stato preliminar­mente evidenziat­o che, nel caso di specie, il ritardo nel pagamento dell’imposta era stato determinat­o da eventi estranei alla volontà e al controllo della società, vale a dire dall’incolpevol­e carenza di mezzi finanziari della stessa, determinat­a dall’eccessiva vicinanza tra il termine previsto per adempiere e l’entrata in vigore della relativa normativa ( articolo 2, comma 5, Dl 133/ 2013). Oltre a ciò, le sanzioni irrogate erano chiarament­e illegittim­e, stante la violazione dei principi statutari di collaboraz­ione e buona fede tra fisco e contribuen­ti ( ex articolo 10, legge 212/ 2000): al momento di ricezione dell’avviso di irregolari­tà, l’adempiment­o richiesto era già stato avviato dalla società, tramite ravvedimen­to operoso.

Pertanto, secondo il collegio giudicante, l’ufficio avrebbe dovuto, alternativ­amente:

O avvertire la società della possibilit­à di completare il ravvedimen­to operoso già avviato versando la sanzione ridotta ( a 1/ 5 del minimo edittale, cioè, nel caso specifico, 6%);

O irrogare direttamen­te la sanzione con la medesima aliquota ( 6%);

O considerar­e le ragioni indicate dalla società in sede di autotutela.

Alla luce dei principi sopra illustrati, il collegio ha quindi riconosciu­to il diritto della società alla riduzione delle sanzioni ( articolo 13 e 13- bis, Dlgs 472/ 1997) e al rimborso pro quota delle rate già versate e non dovute.

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